La Nazionale è attesa da una delle 7 imprese più difficili della nostra storia: ecco lo stesso errore che dobbiamo evitare rispetto a 5 anni fa. Dybala: se non c’è la Spagna, rimane l’Inter. Ma Maldini già…

Aver vinto l’Europeo migliora la situazione solo nella misura in cui il nostro capitano Mancio sa cosa fare, e lo sanno anche i ragazzi. Ma non sta scritto da nessuna parte che sia condizione sufficiente per superare uno dei 6 ostacoli più difficili della storia della Nazionale. Proprio così: quella che ci attende negli spareggi è una delle 7 imprese più impervie della storia dell’Italia del calcio. Il riferimento non è ovviamente alla semifinale contro la Macedonia del Nord: per quanto, occhio, va affrontata con la giusta concentrazione, tanto per vincere quanto perché riuscire a passare stando concentrati aiuta a preparare la finale, proprio come la fase a gironi a Euro2020 fu il terreno fertile per far germogliare la vittoria.
Ma quella che viene dopo è una delle 7 imprese più difficili della nostra storia. C’è perfino qualcuno - e non sono pochi - che ha la fantasia di dire che sarebbe peggio affrontare la Turchia del Portogallo. Li lasciamo dire, ché tanto oggigiorno vale ogni castroneria e non bisogna per forza confutarla.
Ovvio, anche la finale in casa della Turchia sarebbe difficilissima.
Ma se dovessimo passare, al Dragao contro il Portogallo sarebbe una delle 7 missioni impossibili della storia della Nazionale. Il Portogallo è una delle rose più complete al mondo, danneggiata forse solo temporaneamente dalla defezione per Covid di Pepe (mentre anche noi tremiamo per la positività di due del nostro staff).
Le 6 imprese precedentemente più difficili della storia della Nazionale sono state connotate da un misto di disparità tecnica in campo e/o dallo sfavorevolissimo fattore campo.
Mi riferisco nell’ordine a: la finale contro il Brasile nel 1970; la partita di eliminazione contro il Brasile nel 1982; il Quarto contro la Francia nel 1998; la finale contro la Spagna nel 2012; il Quarto contro la Germania nel 2016; la finale contro l’Inghilterra nel 2020.
Sei missioni impossibili, e infatti quattro le abbiamo perse. Solo 2 volte siamo riusciti nel miracolo, da Pablito ai nostri ragazzi di Wembley. E quindi sanno questi campioni come si fa.
Ma saperlo non è sufficiente. Bisogna non commettere lo stesso errore fatto 5 anni fa contro lo Svezia: ovvero aver sottovalutato quanto fosse difficile, quanto fosse sporca la missione che ci aspettava. “Fare l’Italia”, e dirselo con sicurezza, non è mai bastato. Men che meno alla mentalità italiana.
Mancini continua a ripeterlo, ed è vero che lui è il nostro leader che sa come si fa. Ma da questo tunnel ne usciremo solo se avremo l’umiltà di piegarci e sporcarci.
Prima di immergerci in Palermo e poi chissà, sono però ancora i giorni di Dybala.
Chi vi scrive fu l’unico, e letteralmente l’unico (e vi chiedo scusa per la boria, me ne rendo conto, ma ha un fine narrativo che adesso capirete), che i primissimi giorni di dicembre avvisò - quando tutti erano sicuri del rinnovo - che in seno alla Juve c’era una corrente fino a quel momento minoritaria che voleva dirigere il budget per Dybala su Vlahovic, e che insomma l’accordo vero ancora non c’era.
Bingo, tutto si è avverato, e a dimostrazione della disonorevole retromarcia fatta dalla Juventus con Dybala c’è che la Joya si sia trovato anche in mezzo a una lotta di potere del club ben più grande di lui, tra nuovi e eterni dirigenti, perché la mano sul portafoglio rimane la mano che decide.
Tecnicamente la Juve ha fatto sicuramente bene.
Dal punto di vista della gestione comunicativa, un disastro, perché è ovvio che da 3 mesi a questa parte le scudisciate pubbliche fossero a uso e consumo del mandare via Dybala.
Ma anche finanziariamente è un tracollo, perché se è vero come è vero che nel calcio del 2022 il vero arricchimento di una società arriva soprattutto da diritti tv e player trading (per le italiane), allora perdere Dybala a zero è un tracollo manageriale.
E adesso per Paulo?
L’Inter c’è. Non vuole spendere quanto Dybala chiede, anche perché non c’è più un’offerta della Juve da battere, ma l’Inter c’è.
Per ora Dybala non vorrebbe tradire i tifosi juventini andando a un’altra italiana, figuriamoci alla rivale più acerrima. Ma questo muro di orgoglio si sta erodendo ogni giorno che passa.
La preferenza della Joya rimane per una delle tre grandi spagnole: per ora nessuna si è manifestata, si spera in Simeone ma rimane ancora difficile.
Attenzione però alla pazza idea di Maldini: se il Milan vincerà lo scudetto, Maldini si sarà guadagnato sul campo un fuori budget dalla proprietà. E il trequartista rimane ancora una casella insoluta. E forse andare al Milan offenderebbe i tifosi juventini molto ma molto meno rispetto al mettersi la maglia nerazzurra…
