Un tweet di ADL, il silenzio di Ringhio. L'inelegante addio a Gattuso, a un punto dalla Champions

Grazie, Rino. Grazie e arrivederci. Aurelio De Laurentiis ha aspettato pochi minuti dopo l’harakiri del Napoli per dare il benservito a Gennaro Gattuso. Un tweet, poche righe, tanti auguri per il futuro. C’eravamo tanto amati, ma da qualche mese proprio per niente. Il patron partenopeo ha chiuso così una stagione e mezza di alti e bassi, rotta nel momento in cui il campionato del Napoli sembrava destinato a naufragare e ha iniziato a guardarsi attorno per cercare il nome giusto da cui ripartire. Non era quello di Gattuso, non lo sarà comunque. Anche se Ringhio ha chiuso a un punto dalla Champions League: non avrebbe fatto la storia, per carità, per il Napoli dell’ultimo decennio è strano e inusuale non esserci, mica il contrario. Ma, se guardiamo indietro, al momento in cui Gattuso è arrivato su quella panchina, lo scenario era ben altro. L’ha risollevato, ha messo insieme i cocci di uno spogliatoio ammutinato, in questa Serie A ha persino corso più di tutte, tranne l’Inter, quando ha avuto a disposizione la squadra migliore. Provate a togliere Lautaro e Lukaku a Conte, chissà.
Gattuso va via in silenzio. Forzato, per scaramanzia. Non basta il pareggio, non è sufficiente l’addio per riportare davanti ai microfoni l’allenatore, ormai praticamente un ex. Dirsi addio, si può. A maggior ragione se non si è convinti di andare avanti insieme da mesi. Tra il tweet di De Laurentiis e il silenzio di Gattuso, però, si scorge tutto il gelo che ha circondato i rapporti tra i due negli ultimi mesi. Non far parlare il tecnico, che saluta senza poter dire la sua, è un gesto inelegante. Che non rende giustizia a Gattuso, al Napoli, a De Laurentiis. A quel punto di ritardo dalla Champions, nel quale ci sono errori di Ringhio, ma anche incertezze della società e parecchia sfortuna. Ma è pur sempre un punto.
