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Educare chi sbaglia: finalmente una svolta nel calcio giovanile

Educare chi sbaglia: finalmente una svolta nel calcio giovanileTUTTO mercato WEB
© foto di Matteo Ferri
Oggi alle 09:30La Giovane Italia
di La Giovane Italia
Il nostro editoriale in merito alla recente modifica dell’articolo 137 del Codice di Giustizia Sportiva, approvata dal Consiglio Federale della FIGC.

Nel mondo del calcio, quello che troppo spesso dimentichiamo è che i giovani non sono solo numeri in classifica o pedine da spostare in campo: sono persone vere, reali, soprattutto in fase di crescita. E come tali, devono essere accompagnate, indirizzate e - quando serve - corrette. La recente modifica dell’articolo 137 del Codice di Giustizia Sportiva, approvata dal Consiglio Federale della FIGC, apre finalmente una porta che per troppo tempo è rimasta chiusa: quella della sanzione educativa.

Dalla prossima stagione, infatti, per tutti i campionati giovanili organizzati dalla Lega Nazionale Dilettanti e dal Settore Giovanile e Scolastico (esclusi Pulcini ed Esordienti), una squalifica superiore a 8 giornate o a 4 mesi comporterà non solo l’allontanamento dai campi, ma anche l'obbligo di affrontare un percorso rieducativo. Non si tratta, ovviamente, di “lavori socialmente utili” in senso stretto, ma di un impegno formativo pensato per rieducare, non solo per punire. Perché lo scopo deve essere quello di aiutare i giovani a capire dove hanno sbagliato e come si può fare meglio. Ed è qui che questa norma può davvero fare la differenza. Perché il calcio non è solo corsa, tecnica e gol. È rispetto, disciplina, controllo emotivo. E se certe cose non le si imparano da adolescenti, poi diventa tutto più complicato. Il campo da calcio deve essere un luogo dove si cresce, non solo a livello sportivo ma anche umanamente.

Queste sanzioni educative, inoltre, assumono un'importanza ancora maggiore se pensiamo a quanto accade, ogni settimana, nei campi del calcio dilettantistico. Troppo spesso, purtroppo, sentiamo parlare di episodi incresciosi: insulti, risse, atteggiamenti violenti, proteste spropositate, che non riguardano solo i ragazzi ma anche - e talvolta soprattutto - gli adulti che dovrebbero rappresentare per loro un esempio. In questi contesti, dove la tensione supera spesso il senso del gioco e del rispetto reciproco, l’introduzione di un percorso rieducativo può rappresentare un vero e proprio freno. Una risposta concreta a un malcostume che rischia di inquinare irrimediabilmente l’ambiente sportivo.

Fermare certi istinti sbagliati sul nascere è fondamentale. Tali gesti vanno puniti, siamo tutti d'accordo, ma sempre con equilibrio e intelligenza. Perché stiamo parlando pur sempre di ragazzi, non di adulti formati. La squalifica deve obbligatoriamente tenere conto di due fattori imprescindibili: la gravità del gesto e l’età di chi lo ha commesso. Non si possono distribuire giornate di stop come se fossero figurine - proprio come successo in un recente ottavo di finale - senza diritto di replica per mancanza di una vera prova TV: serve, come in tutte le cose, il buon senso. Serve la capacità di distinguere l’errore grave da quello dettato dall’inesperienza.

Ecco perché questa nuova norma può segnare una svolta. Non risolverà tutto - perché chi ha voglia di perdere la testa, la perderà comunque - ma potrà far riflettere. Potrà far nascere domande dentro a chi ha sbagliato. E magari, da quelle domande, arriveranno anche delle risposte: quelle che aiutano a crescere. Soprattutto nel calcio giovanile, dove ogni insegnamento può lasciare un segno duraturo.

Una squalifica fine a sé stessa, senza confronto, senza riflessione, non lascia nulla. Un percorso educativo, invece, può cambiare un comportamento, un atteggiamento, uno sguardo sulle cose. Perché il calcio, se vuole davvero avere un valore, deve essere prima di tutto educativo. Non un campo di battaglia, nemmeno una valvola di sfogo, ma un luogo dove imparare. Dove sbagliare sì, ma anche dove migliorare.

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