Kovalenko: "I calciatori russi? Dispiace non abbiano usato i social contro la guerra"

Viktor Kovalenko è nato a Kherson, città dell’Ucraina inizialmente conquistata dai russi e poi liberata. Quando iniziò la guerra, Viktor giocava nello Spezia, ora fa parte della rosa dell’Empoli e a La Gazzetta dello Sport racconta il suo stato d’animo anche perché non vuole che si spengano i riflettori sul dramma del suo popolo: "La famiglia? Ci siamo un po’ sparpagliati. Papà, che si chiama come me, mi ha raggiunto a Empoli. Mamma Ludmilla ha deciso di restare a Kherson. Mio fratello Dimitri si è spostato in Germania e per fortuna lavora lì. La mia fidanzata Anastasia di solito è qui a Empoli, ma adesso è tornata a Kiev dalla sua famiglia per qualche giorno: trenta ore di pullman. Da Firenze ogni settimana ci sono le partenze. Non sono preoccupato, a Kiev la situazione è sotto controllo".
Da quanto tempo non va in Ucraina?
"Tre anni. Mi manca tanto casa mia. L’ultima volta organizzai una bella cena con gli amici. Io sono fortunato: i calciatori professionisti danno lustro al Paese e non sono stati chiamati a combattere. Ma i non professionisti, invece, hanno fatto la guerra".
L’unico calciatore russo della A è Miranchuk (a parte Sazonov, nato a San Pietroburgo, ma naturalizzato georgiano). In Empoli-Atalanta eravate entrambi in panchina. Quali sentimenti prova verso i colleghi russi? "Non so come reagirei se trovassi un russo in campo. Non è colpa loro, ma mi dispiace che non abbiano usato i social e la popolarità per diffondere messaggi contro la guerra".
