La “vecchia” Inter ha l'esperienza, il giovane PSG ha i soldi: chi avrà la Champions?

A Monaco di Baviera andrà in scena una finale dal forte sapore simbolico: da una parte l’Inter, squadra con l’età media più alta tra le protagoniste degli ottavi (29,3 anni); dall’altra il Paris Saint-Germain, la più giovane con appena 23,6. È sfida tra due mondi, che si riflette anche nei dati: quattro delle cinque formazioni più “anziane” schierate in questa Champions portano la firma di Simone Inzaghi, con il picco di 31,1 anni raggiunto proprio contro il Bayern. I parigini, invece, avevano affrontato la fase a gironi con uno dei nove undici più giovani dell’intero torneo (23,2 anni contro l’Arsenal).
La sfida è anche economica: l’Inter ha un monte ingaggi da 141 milioni, il PSG arriva a 221. Solo il Real Madrid superava i francesi per fatturato tra i quarti finalisti: i transalpini hanno chiuso il bilancio 2023/24 con 807,9 milioni di ricavi, più del doppio dei nerazzurri (359,2, escluso il player trading). Eppure gli stipendi individuali non sono così distanti: Dembélé guadagna 18 milioni lordi l’anno, poco più dei 16,6 di Lautaro Martínez. Ma tra bonus e premi, i francesi volano più alto: Barella, secondo più pagato dell’Inter (12 milioni), resterebbe dietro a Marquinhos, Hakimi, Hernandez, Donnarumma e anche Kvaratskhelia, acquistato a gennaio.
Dopo anni di spese sregolate, il PSG ha abbandonato la logica da collezione Panini, ma resta in rosso di circa 110 milioni sul mercato, complice proprio l’operazione Kvara. L’Inter, costruita in anni di lacrime e sangue, ha chiuso l'ultimo mercato estivo con -62 milioni, ma dovuti per lo più ai riscatti di Frattesi, Carlos Augusto e Arnautovic, già presenti in rosa. Eppure, non bastano i soldi per segnare: i parigini hanno faticato nei gironi, rischiando l’eliminazione, mentre i nerazzurri sono stati più continui. Poi è arrivato il cambio di passo: il talento del georgiano, l’esplosione di Dembélé (25 reti da gennaio) e un gruppo di giovani affamati, ex Serie A inclusi, hanno lanciato la rimonta francese. Il numero 10 è il vero spauracchio per Acerbi e compagni, costretti a inseguire anche sotto il profilo tattico: l’attaccante più pericoloso del PSG è... lo spazio.
Eppure, qualche affinità tra le due squadre c’è: la centralità dei registi (Calhanoglu e Vitinha), l’importanza degli esterni (Hakimi-Dumfries e Nuno Mendes-Dimarco, quasi opposti per caratteristiche). Il calcio di Luis Enrique, offensivo ma non sbilanciato come quello di Flick, ha garantito equilibrio: 15 gol subiti contro gli 11 dell’Inter, ma con due gare in più. In attacco, però, la differenza si fa sentire: +11 nel computo delle reti, gonfiato dalla doppia goleada al Brest. Infine, un vantaggio strutturale: la Ligue 1 è a 18 squadre, sogno dichiarato di Marotta per la Serie A. Meno partite, più tempo per prepararsi.
