Roberto Beccantini su Napoli-Milan: "Ovunque lo sposti, nel calcio vince sempre il centravanti"
Puoi spostarlo dovunque, il calcio, ma anche nell’Arabia dello sportswashing vince il centravanti. Non è una legge: è una tendenza. Il Percussionista l’aveva, il Feticista no. Napoli due Milan zero di Supercoppa ruota attorno alle ante e alle zanne di Højlund: il cross rasoterra per il gol di Neres; il diagonale del raddoppio. In entrambi i casi, il danesone si mangia De Winter (uno squalo contro una sardina); in entrambi i casi, Maignan torna sulla terra e pasticcia, confuso. Una sola paratona, stavolta: su Rasmus, fra le due pere.
Sino al 39’, per la cronaca, era stata una partita da tirare a campare – sempre meglio, secondo il divo Giulio, che «tirare le cuoia» – con il Milan più vicino al gol: Loftus-Cheek (soprattutto lui, murato da Milinkovic-Savic) Rabiot, Saelemaekers, Nkunku. Il quale Nkunku – a differenza del «nove» avversario – vagava per le zolle senza garantire pericolosità o profondità. Un Ufo innocente. Un calco rugoso di Gimenez.
Già orfano di Leao – mina che può esplodere sull’obiettivo, ma pure in mano – il Feticista aveva rinunciato a Modric e Bartesaghi, oltre all’acciaccato Gabbia (che, visto De Winter, uhm) Il Percussionista no: avanti popolo. Le sette sconfitte lontano dal Maradona gli bruciavano. Il sipario è calato sul timbro di Højlund, al 64’.
Se per lunghi tratti era stato complicato distinguere le tracce filosofiche dei docenti – in quell’orgia di ritmi bassi, errori tecnici, banalità assortite – dopo il bis è stato facilissimo. I campioni, gestione placida degli spigoli. Gli sfidanti, nonostante l’ingresso di Modric al posto di Jashari (titolare d’emergenza, da sei), torello frigido e nessun tiro. Unici brividi, chiamiamoli così, il bisticcio tra McTominay e Tomori e uno sgorbio balistico dello scozzese.
Questa sera, Bologna-Inter. Arsenico e vecchi dispetti.











