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Mircoli, unico italiano a vincere la Libertadores: "Volevo chiamare mia figlia Sampdoria"

ESCLUSIVA TMW - Mircoli, unico italiano a vincere la Libertadores: "Volevo chiamare mia figlia Sampdoria"
© foto di UC Sampdoria
mercoledì 17 marzo 2021, 11:43Che fine ha fatto?
di Gaetano Mocciaro

Da 60 anni la Copa Libertadores è il punto più alto per una squadra sudamericana. Nonostante la longevità del torneo sono pochi i giocatori europei ad averla conquistata, ancor meno gli italiani. Uno solo, per la precisione: Dante Mircoli è il rappresentante del nostro tricolore nel massimo torneo del Nuovo Continente. Nativo di Ladispoli, ha messo lo zampino nell'edizione 1972 con il suo Independiente. Oggi 74enne, Mircoli vive ad Avellaneda dove è tornato a lavorare proprio per il club che ha vinto più volte il torneo (7) e ci racconta la sua storia. In esclusiva per Tuttomercatoweb.

Dante Mircoli, italiano di nascita ma argentino di formazione. Cosa l'ha portata dall'altra parte del mondo?
"Io sono nato a Ladispoli, quindi mi ritengo romano. Dopo la guerra mio papà è emigrato in Argentina e a 5 anni l'ho raggiunto. Non ho mai lasciato il passaporto italiano, difatti non ho mai avuto quello argentino anche se il cuore è in Argentina, inevitabile. È la terra che mi ha ospitato, mia moglie e i miei figli sono argentini".

La trafila all'Independiente, l'esordio fino al punto massimo: la Libertadores. Unico italiano a riuscirci: cosa significa per Lei?
"È qualcosa che mi rende orgoglioso. Non so se sono l'unico italiano a vincere la Libertadores ma nell'Independiente sicuro ero l'unico. Ma la cosa che mi fa più piacere è che ho vinto da protagonista: io e Pastoriza eravamo i goleador".

Eppure non era un attaccante
"Ho iniziato come numero 3, poi come 4, 11, 7, 8 e ancora 11. Facevo di tutto, gli unici ruoli che non ho mai coperto sono quelli di centravanti e portiere".

L'approdo in Italia nel 1973, quando da noi le frontiere erano chiuse
"Però io sono italiano, avevo tutto italiano. E come Giorgio Chinaglia siamo potuti rientrare nel nostro Paese. Ho sempre avuto l'idea di tornare in Italia ma non come calciatore, non me lo sarei mai aspettato. Mi voleva il Bologna, c'è stata una trattativa. Poi l'ha spuntata la Sampdoria. Mi avevano visto giocare l'Intercontinentale contro contro l'Ajax. A Genova ho vissuto tre anni bellissimi e tornare in Italia da calciatore, io emigrato l'ho vissuta come una vittoria".

A proposito di Independiente-Ajax: il suo nome è legato anche a una marcatura ruvida su Johann Cruijff
"No, non lo marcavo ma in campo lo scontro capitava. E in un contrasto con me lui si è fatto male. Non mi hanno espulso, perché era un normale scontro di gioco ma lui non voleva venire in Argentina. E anche i media hanno montato troppo la cosa".

Dicevano che in Italia ha giocato poco perché arrivato con diversi problemi fisici
"Avevo qualche problema fisico, ma la realtà è un'altra: in Italia gli allenatori volevano che gli allenamenti fossero intensi come la partita. E io non facevo così, non lo concepivo. Per me l'allenamento è un allenamento, non pensavo di dover mettere la stessa intensità di una partita. Nel finale di stagione ho giocato con continuità e ho fatto anche gol pesanti, tra cui uno alla Fiorentina che è valsa la salvezza contro la Sampdoria".

Il blucerchiato le è rimasto nel cuore, tanto da chiamare un suo negozio "Sampdoria"
"Sì, ad Avellaneda. Un supermarket che ho tenuto due-tre anni".

Sampdoria è anche il nome che aveva scelto per sua figlia
"Questo non me l'hanno permesso, anche se avrei voluto. In Argentina certi nomi non ritenuti adeguati non sono ammessi. Ma anche per altri motivi, tipo Elisabetta. Così ho chiamato mia figlia Romina".

Cosa fa adesso?
"Lavoro con l'Independiente, cerco giovani talenti".

C'è qualcuno che ci vuole segnalare? Magari il nuovo Kun Aguero, a proposito di Independiente?
"In rosa è entrato Braian Martinez, interessante ala sinistra di 21 anni".

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