Menu Serie ASerie BSerie CCalcio EsteroFormazioniCalendari
Eventi LiveCalciomercato H24MobileNetworkRedazioneContatti
Canali Serie A atalantabolognacagliariempolifiorentinafrosinonegenoahellas veronainterjuventuslazioleccemilanmonzanapoliromasalernitanasassuolotorinoudinese
Canali altre squadre ascoliavellinobaribeneventobresciacasertanacesenalatinalivornonocerinapalermoparmaperugiapescarapordenonepotenzaregginasampdoriaternanaturrisvenezia
Altri canali serie bserie cchampions leaguefantacalcionazionalipodcaststatistichestazione di sosta

La poesia del calcio e la contraddizione di Agnelli: altro che Superlega, la Juve in Europa è piccola

La poesia del calcio e la contraddizione di Agnelli: altro che Superlega, la Juve in Europa è piccolaTUTTO mercato WEB
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
giovedì 11 marzo 2021, 08:00Il corsivo
di Ivan Cardia

Alle volte, il tempismo è tutto. Sfortunato, quello di Andrea Agnelli. Di lunedì, il presidente dell’ECA propugna una visione molto snob del calcio che verrà. O meglio, che deve venire: ci sono troppe partite non competitive, bisogna cambiare. Le grandi da un lato, le piccole dall’altro. Il modello svizzero, che piace ai big club ma rischia di stritolare i campionati nazionali. Una sorta di Superlega 2.0, anche se sembra brutto chiamarla così. Formalmente rispetta la dimensione locale del pallone, di fatto le dice: non sei più abbastanza. Quello che le nuove generazioni vogliono seguire, assicura Agnelli, è un collage di attimi velocissimi, grandi campioni e grandi giocate. Di martedì, il presidente della Juventus vede la sua creatura salutare l’Europa che conta. Fuori dalle migliori otto di Champions League, per il secondo anno consecutivo. Contro una squadra che a livello continentale non è l'ultima arrivata, ma sulla carta è nettamente più piccola della Juve. Per il terzo anno di fila. È una contraddizione che ha mille spiegazioni, ma che mina alla radice la credibilità di quella visione elitaria. Il presidente dell’ECA e della Juventus, giova ricordarlo, sono la stessa persona. Di lunedì sogna un calcio d'élite, di martedì saluta l'élite del calcio.

I problemi che solleva Agnelli sono seri. Allo stesso tempo, le soluzioni che propone non sono così semplici e semplicistiche come a volte le si fa passare. Non c’è un cattivo, in questa storia. È palese che il calcio come l’ha vissuto la sua generazione, così come quella dei millennials, non attiri più di tanto la prossima. Gli under 24: ragazzi nati coi social già in mano e attratti da una somma di highlights, più che da una partita dall’inizio alla fine. La rarità del gol, fine ultimo del gioco eppure così sfuggente, affascina sempre meno. È altrettanto vero che ci si appassioni al pallone per i grandi campioni, ma questa è una novità molto meno recente e che tutto sommato non dovrebbe preoccupare. Si tifa Juve e anche la squadra della propria città; Ronaldo e l’idolo locale: sai che novità, succede da decenni. L’iceberg, comunque, è presente e minaccioso: nessuno lo nega. Agnelli, da presidente dell’ECA, fa benissimo il suo lavoro nel cercare soluzioni. È la manovra proposta per evitare la montagna di ghiaccio che non convince. Gli stessi modelli a cui guarda, a partire dalla NBA, hanno per esempio un impatto e un sostrato sociale che a quel calcio elitario, oggi come oggi, manca del tutto. Il fascino del pallone, del resto, non sta solo nei grandi eventi: è anche lo sport di Davide contro Golia. Alla fine vincono pure i più forti e i più ricchi. Ma nel frattempo, sai quante batoste prendono.

La Signora in Europa delude. E l’Italia s’aggrappa alla piccola Atalanta. Il risvolto della medaglia è che, da presidente della Juventus, la Champions disputata dalla squadra di Agnelli sia il peggior spot immaginabile, per quel modello di calcio del futuro. Anzi, la Champions delle italiane in generale. L’Inter, prima in Serie A, ha chiuso all’ultimo posto nel girone; i bianconeri sono stati estromessi dal Porto. Una squadra ampiamente fuori dalla top 20 delle più ricche d’Europa: nella Champions dei potenti, sarebbe possibile? Chi lo sa. Il club di Conceicao, in quel calcio d’élite, ci sarebbe pure: la sensazione, però, è che farebbe da invitato alla festa dell’oligarchia continentale, nella speranza che non dia fastidio ai nobili. Nel resto della Champions, Lazio e Bayern permettendo, le ambizioni dell’Italia sono affidate tutte alla non-più-piccola Atalanta, che pure Agnelli e i top club non gradirebbero nel loro esclusivo circolo. È, in campo, più grande della Juventus, che in Europa da due anni ha risultati minuscoli, soprattutto se paragonati alle sue ambizioni. La distanza tra visioni e risultati è la contraddizione tra i due ruoli, presidente della Juventus e anche dell’ECA, numero uno dei club europei eppure italiano. Ci immaginiamo grandi, ci riscopriamo molto piccoli. È la poesia, spesso amara, del calcio: non sapere quando e come Davide possa battere Golia. Accade un sacco di volte.

Primo piano
TMW Radio Sport
Serie A
Serie B
Serie C
Calcio femminile