Carlo Sabatini racconta il vivaio del Padova: "Voglio chiudere la carriera qui, è la mia città di adozione"

Pur essendo perugino di nascita, Carlo Sabatini è ormai padovano d'adozione: il tecnico classe 1960 ha ormai legato indissolubilmente il suo nome alla città patavina. Nel Calcio Padova ha rivestito praticamente tutti i ruoli possibili: ha allenato quasi tutte le formazioni giovanili e pure la prima squadra, tornando più volte, tra un'esperienza e l'altra, all'ombra degli Euganei. Nel 2019 il quarto ritorno (dopo che per la prima volta era arrivato a Padova nel 1990), questa volta nelle vesti di responsabile del settore giovanile, ruolo che ricopre ora per la terza stagione consecutiva: "La mia ambizione è chiudere la mia carriera qui, a Padova".
Ormai la tua carriera e la tua vita sono legate a tutto tondo alla città di Padova.
"Lo ribadisco ancora una volta: Padova è la mia città d'adozione. Qua sono nati i miei figli e ormai ci sono legato sia affettivamente che professionalmente. Quando mi arrivò la prima chiamata per me fu qualcosa di importante perché dovetti lasciare la mia famiglia per vivere quest'avventura e far diventare la mia passione il mio lavoro. Questo è stato possibile grazie a questa società. Ho fatto 23 anni tra settore giovanile e prima squadra, e quella di diventare responsabile del settore giovanile la lego al mio voler chiudere la mia carriera nel mondo del calcio qui, lavorando in un settore giovanile già molto quotato. Naturalmente ci sono state problematiche, fallimenti e quindi anche i giovani ci hanno rimesso, ma nel corso degli anni è sempre stato fatto un ottimo lavoro qualitativo. Vorrei portare avanti quanto fatto, perché penso il Padova abbia una struttura importante da un punto di vista qualitativo. La struttura è ben collaudata e mi consente di passare molte ore in campo".
Quanto è cambiata, secondo te, nel corso degli anni, la gestione di un settore giovanile?
"Ovviamente sono cambiate tante cose, in primo luogo i ragazzi: sono passate tantissime generazioni, sono cambiati i genitori, le famiglie, sono cambiate le strutture. L'importante è che chi si avvicina al mondo del settore giovanile abbia una grandissima passione dentro e chi svolge quest'attività deve farlo con gratificazione".
Quanto incide la formazione nel lavoro che svolgete come settore giovanili?
"Coincide con quello che vogliamo noi, ovvero far crescere tatticamente e tecnicamente tutti i nostri ragazzi.
Il comportamento è fondamentale, non solo quello dei ragazzi ma anche il nostro: vogliamo creare un clima positivo che instauri dialogo, tra giocatori e staff tecnico. Dobbiamo avere un clima serio e importante il tutto in un contesto di positività".
Ti manca fare l'allenatore?
"Sì, ogni tanto mi manca. Quando sei a bordo campo ogni tanto vorresti intervenire e proporre un'esercitazione, ma devo restare entro i miei paletti e rispettare il mio ruolo, che mi vuole vicino sia ai ragazzi che agli allenatori. Io al massimo posso fare dei feedback e aiutare i tecnici a rielaborare quanto fatto durante l'allenamento. Cerco di mettere la mia esperienza a disposizione a tutti i livelli".
Lo scouting invece come lo gestite, in un territorio congestionato come quello veneto?
"Non è semplice, perché ci sono tante squadre importanti e prestigiose nel raggio di pochi chilometri. Il Padova si distingue per curare in maniera efficace e attenta l'attività di base. A livello provinciale cerchiamo di non farci sfuggire nessun giocatore, anche se abbiamo a due passi tantissime società importanti. In questo noi abbiamo una struttura solida e collaudata che riteniamo fondamentale: fino agli esordienti cerchiamo di seguire tutte le squadre locali, con cui siamo gemellati, e proviamo a fare qualcosa anche a livello regionale. Abbiamo limitato la foresteria perché potevamo fare scelte meno precise quindi battiamo molto nella provincia in un raggio di cinquanta chilometri dal centro. Il livello su cui quindi ci concentriamo di più è sicuramente quello dell'attività di base".
E lo scouting dei più grandi?
"Lo facciamo, anche io in prima persona mi muovo per qualche ragazzo ma è più complicato perché la concorrenza, per l'appunto, è tanta. Se vediamo un ragazzo che ci piace però andiamo a vederlo anche a cento chilometri di distanza".
