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Cosa lascia in eredità Löw, il ct che ha trasformato i panzer in una Germania spettacolo

Cosa lascia in eredità Löw, il ct che ha trasformato i panzer in una Germania spettacoloTUTTO mercato WEB
© foto di Image Sport
martedì 9 marzo 2021, 13:00Serie A
di Gaetano Mocciaro

Dopo 17 anni, 15 dei quali da commissario tecnico, si chiuderà il capitolo Joachim Löw-nazionale tedesca. Lascia con un Mondiale in più ma soprattutto un vero e proprio cambio di mentalità, una rivoluzione culturale e tecnico-tattica di cui la Nationalmannschaft aveva bisogno.

Il suo percorso è iniziato nel 2004, anno ritenuto il vero e proprio turning point del calcio tedesco: il fallimento agli Europei in Portogallo era solo l'inevitabile conseguenza di errori fatti negli anni precedenti, insabbiati da un secondo posto al Mondiale di due anni prima, che non aveva comunque lasciato buone indicazioni. È lì che la Federazione ha deciso di investire in modo massiccio: 300 milioni di euro che ha portato a 366 centri federali distribuiti in tutto il territorio tedesco. Löw è stato l'uomo giusto al momento giusto, perché ha sfruttato nel miglior modo possibile gli investimenti della Federazione coltivando e lanciando giocatori giovani, di talento: la Nazionale del 2010 è forse la più bella di tutte, sicuramente quella che ha fatto conoscere al mondo il potenziale del calcio tedesco. Da Sudafrica 2010 abbiamo capito che i calciatori tedeschi non sono solo panzer: solidi fisicamente e mentalmente e tatticamente disciplinati. Con Löw abbiamo conosciuto una Germania del calcio frizzante, armoniosa, giovane. E multietnica: pensate che 11 dei 23 convocati per la rassegna iridata avevano un background lontano dalle terre germaniche. Un'alleanza etnica che ha dato quel quid in più. E che nel 2014 ha avuto la sua massima maturazione col Mondiale vinto nel 2014.

C'era già lui dietro le quinte nel Mondiale di casa nel 2006: Klinsmann era il ct, il motivatore, il volto noto e amato dal popolo; Löw il suo assistente nonché la mente, il tattico. E per la DFB è apparso naturale consegnargli le chiavi della selezione dopo l'addio di Klinsi nonostante il suo curriculum non fosse dei più prestigiosi (Stoccarda, Fenerbahçe, Tirol Innsbruck fra le tappe più importanti). Ha portato la Germania a un nuovo livello, arrivando a toccare vette impensabili: dal 4-1 all'Inghilterra al 4-0 al'Argentina in Sudafrica fino all'incredibile 7-1 contro il Brasile. Ci sono stati anche dei "bassi" nella sua permanenza, qualche errore che gli è stato rimproverato nei big match dove tendeva a mettere troppo mano sulla formazione, rovinando di fatti un qualcosa che già andava bene. La fase crepuscolare dal Mondiale di Russia in poi ha reso il finale amaro, ponendo più di qualche dubbio sulla sua posizione nonostante il contratto fino al 2022. Chiuderà prima, lo ha deciso lui. Gli Europei saranno la sua ultima occasione, in un girone peraltro della morte con Portogallo e Francia. Nel frattempo si pensa già al successore e i sogni sono due: Jurgen Klopp e Hansi Flick, ex assistente di Löw.

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