La Juventus, la kryptonite di Conte: ieri l’esplosione dopo due anni di non detto

Calciopoli? Meglio di no. Il 5 maggio? Figuriamoci. Perugia? Lasciamo stare. Dal 31 maggio 2019, quasi due anni fa, da quando Antonio Conte è diventato allenatore dell’Inter, una cosa è stata chiara: di Juventus non avrebbe potuto non parlare in assoluto, ma soltanto come avversaria dell’attualità. Modello da inseguire, pur se questo avrebbe fatto storcere il naso a qualche tifoso nerazzurro. Ma del resto sono i fatti. Su tutto il resto, meglio tacere. Come se l’argomento fosse una sorta di kryptonite che potesse colpire nel profondo. Un tabù vero e proprio, un lunghissimo ed esasperante non detto. Il disperato tentativo di evitare un confronto con un passato che eppure era lì, sanguigno come del resto è il tecnico nerazzurro, oggi. Capitano della Vecchia Signora per oltre un decennio, prima. Come se ignorare il trascorso potesse davvero cancellarlo: a un certo punto era inevitabile esplodesse.
Ieri la rottura definitiva. Nei gesti e nelle parole, ché nei fatti si era già consumata. Allenare l’Inter è stata una scelta da professionista, ma anche il modo di voltare le spalle alla propria storia. Per certi versi anche una ripicca, se si considera che, dopo Allegri, lo stesso Conte sarebbe ben volentieri tornato in bianconero. E lì ha trovato la porta chiusa a doppia mandata da Agnelli, scottato dal famoso 14 luglio e da un rapporto che si era definitivamente incrinato in quella frattura a sorpresa di metà estate. Così, l’Inter, con l’obiettivo di rifare grandi i nerazzurri, lui che ha rifatto gigante la “sua” Juve. Lo sfogo di ieri, e la risposta ben poco agnelliana di Agnelli (qui la ricostruzione completa), danno il polso di quanto la separazione non sia stata indolore, da entrambe le parti. E il malessere covasse in profondità, represso ma non cancellato da quel tabù. Il dito medio di Conte, da questo punto di vista, è molto diverso da quello di Sarri, che era solo l’allenatore degli avversari. Antonio, per la Juve, è stato molto di più. Così come la Juve per lui. Far finta di nulla non ha aiutato: al primo vero scontro da dentro o fuori, tutto il non detto è stato urlato.
