Trapani, Antonini: "Ad oggi nessuno è completo come noi. La scorsa stagione è stata una lezione"


Nel corso dell'appuntamento mattutino di A Tutta C, programma in onda dal lunedì al venerdì sulle frequenze di TMW Radio e su Il 61, è intervenuto il presidente del Trapani Valerio Antonini
Presidente, partiamo dal mercato: tantissimi acquisti fatti e siamo ancora a luglio, con tanti giocatori importanti come Fischnaller, Canotto o l'ex capitano del Padova promosso in B Nico Kirwan. Anche quest’anno state costruendo qualcosa di grande.
"Sì, l’esperienza dello scorso anno è stata molto formativa per me. Stavolta siamo andati a cercare non solo grandi giocatori, ma anche grandi uomini, cosa che forse è mancata la scorsa stagione. Abbiamo messo il gruppo al centro del progetto. Dal ritiro arrivano voci molto positive, si respira una grande unità d’intenti. L’obiettivo è chiaro: fare un campionato importante e recuperare subito quegli otto punti per poi andare all’assalto. Manca ancora qualche elemento, ma abbiamo già inserito giocatori fortissimi, molti dei quali hanno già vinto campionati. Gente di qualità, soprattutto sul piano del carattere. Abbiamo aumentato anche la fisicità, soprattutto in difesa. Con l’arrivo di Pirrello, ad esempio, abbiamo alzato la statura media della retroguardia di quasi 20 centimetri. Stiamo lavorando anche sulle uscite, che sono fondamentali, nonostante le difficoltà poste da alcuni procuratori – uno dei veri problemi di questo sport. Conto di completare la rosa entro fine luglio, così da essere pronti e compatti all'inizio del campionato".
Siamo solo al 23 luglio e la rosa è quasi completa: direi che è già un ottimo punto di partenza. Lei ha accennato prima all’esperienza dello scorso anno. Cosa vi ha insegnato quella stagione?
"Che abbiamo fatto tutto troppo in fretta. È stata una stagione frenetica, con tante scelte sbagliate. La squadra, seppur composta da buoni elementi, non aveva né capo né coda. Abbiamo commesso errori che quest’anno abbiamo cercato di correggere: fisicità assente, una difesa troppo bassa – l’ho detto più volte, sembrava fatta di nanetti. Ora invece abbiamo almeno 7 titolari sopra il metro e 90. Questo, oltre all’aspetto fisico, influisce anche sul piano mentale: dà più sicurezza, soprattutto contro squadre dinamiche e fisiche, che lo scorso anno ci hanno messo spesso in difficoltà. Abbiamo anche rafforzato la struttura societaria: con il ritorno di Andrea Mussi, il settore sportivo è più solido. Lavoriamo in sinergia, ognuno nel proprio ruolo, e remiamo tutti nella stessa direzione. L’anno scorso è stato un campanello d’allarme. Oggi sappiamo cosa non dobbiamo ripetere. Questa squadra costa milioni, è un investimento importante e dobbiamo lavorare per vincere".
E quanto conta ripartire con la fiducia nel tecnico?
"Tantissimo. Aronica è una persona eccezionale, ha un grande carattere, è ottimista come me ed è un uomo di valori. È anche l’unico dello staff con cui non abbiamo mai discusso di soldi: mi ha detto “scrivi tu la cifra sul contratto, per me va bene tutto”.
Questo ti fa capire che tipo di persona sia. Gli voglio bene, gli ho dato fiducia, e lui sa quanto conta. Sono certo che farà un grande campionato".
A proposito di campionato, Salernitana e Benevento sembrano le squadre da battere?
"Sì, ma al momento vedo la Salernitana ancora incompleta. Il mio amico Faggiano ha fatto delle operazioni, ma gliene mancano molte. Sta lavorando tanto sul mercato. Il Catania si muove bene, con l’acquisto di Casasola ha fatto un grande colpo, ma nessuno - ad oggi - è completo come noi. Siamo avanti rispetto a tutti, almeno sulla carta. Abbiamo definito i ruoli, chi resta, chi parte, chi è arrivato. Sono curioso anche di vedere cosa faranno Crotone e Cosenza. Il Crotone ha ancora tanti elementi forti, ma ha perso due pedine importanti: uno, Giron, l’abbiamo preso noi, l’altro, Vitale, è andato a Vicenza, come Emmausso, che avevamo praticamente già bloccato e che poi improvvisamente ha firmato con il Cerignola. Purtroppo, quando parlo di certi procuratori che operano al limite della legalità, evidentemente a qualcuno mi riferisco. Questi personaggi sono la vera rovina di questo ambiente. E il problema più grave è che, spesso, non si rendono conto di danneggiare anche i loro stessi assistiti. Se fossero solo degli sprovveduti, sarebbe un problema minore. Ma il fatto è che la loro condotta incide direttamente sia sulla loro attività che su quella dei calciatori che rappresentano. Questo, a mio avviso, è l’aspetto più preoccupante di tutti. È urgente una regolamentazione seria del ruolo dei procuratori. Il problema è molto semplice: se avessimo un po’ più di memoria storica, ci ricorderemmo com’era negli anni Settanta e Ottanta, quando i primi a guadagnare erano le società sportive. Lo sport si regge se chi lo organizza, cioè le società, riesce a generare profitti. Oggi, invece, siamo in una situazione assurda: c'è chi fallisce ogni anno, chi non riesce nemmeno a iscriversi al campionato, chi si ritrova sommerso dai debiti e deve ricorrere a soluzioni estreme - come è accaduto anche a noi - per cercare di gestire imposte e stipendi fuori da ogni logica. Considerare certe società di Serie C come professionistiche, quando di fatto lavorano con introiti praticamente nulli, è pura follia. Il risultato? Siamo tornati a una condizione peggiore di quella degli anni Ottanta. Perché oggi, se vai a vedere, gli unici a guadagnarci davvero da questo sistema sono i giocatori e i procuratori. Le società, invece, ci rimettono sempre. Questo non è più accettabile. O si trovano soluzioni concrete per riequilibrare questa bilancia ormai completamente sbilanciata, oppure il calcio - così come lo conosciamo - tra qualche anno non avrà più nulla da dire. E l’allarme lanciato da De Laurentiis, lo sottoscrivo in pieno"
E qui arriviamo a un altro tema delicato: le esclusioni che lo scorso anno hanno stravolto la classifica del girone C. Quest’anno ci sono situazioni simili, penso alla Triestina e al Rimini. Lei ha una proposta?
"Sì, come ho scritto anche su X ieri: serve una riforma del campionato. Dobbiamo passare a un girone unico a 20 squadre - una sorta di Serie B2 - con le migliori società per storia, impianti, risultati e solidità finanziaria.
Poi si crea una C a due gironi da 20 squadre, eliminando questa farsa delle Under 23 che di “under” hanno poco e nulla, piene di stranieri e giocatori di quarant'anni, che servono solo per far guadagnare con le tre o quattro società e non portano nessun profitto alla categoria. Perché se c'è Trapani-Juventus Next Gen, la gente non pensa che va a vedere la Juventus, sa che va a vedere la squadra Primavera 2 della Juventus, quindi non serve assolutamente a niente.
Oggi una serve una riforma della Serie C, chiamandola B2 con club come Vicenza, Perugia, Ternana, Catania, Trapani, Crotone, sarebbe una Serie B vera e propria, con grande appeal per TV e sponsor. Certo, ci sarebbero delle trasferte più lunghe, ma avendo maggior introiti e maggior appeal, rientri ampiamente con le spese e fai un campionato più serio. Poi serve il Salary Cap: non è possibile che giocatori guadagnino certe cifre in Serie C e non è possibile che i procuratori possano avere l'opportunità di spostare i giocatori durante l’anno per incassare una, due, tre commissioni, non è più sostenibile. Serve una regolamentazione seria: bisogna introdurre un tetto massimo alle commissioni e stabilire che queste vengano pagate esclusivamente durante il periodo di effettiva attività contrattuale. Una proposta concreta? Suddividere le commissioni in due tranche: una alla firma del contratto e una a metà del rapporto, da corrispondere solo se il giocatore resta nella squadra. In caso di trasferimento prima della scadenza, la seconda parte dovrebbe essere pagata dalla nuova società acquirente.
Poi c’è il tema, altrettanto urgente, della fiscalità della Serie C per far sì che porti dei vantaggi importanti. Prendiamo come esempio la Spagna o la Turchia: lì esistono regimi fiscali pensati per agevolare le società sportive, considerate un patrimonio sociale nazionale. In Spagna, ad esempio, le imposte sono al 24% e non altissime come in Italia. Per capirci: se Cristiano Ronaldo gioca al Real Madrid e percepisce 10 milioni netti, il costo totale per la società è di circa 12 milioni. Se invece gioca in Italia, quel costo raddoppia e supera i 24 milioni. Questo non è sostenibile, e non è più giustificabile una tale disparità tra due Paesi che fanno entrambi parte dell’Unione Europea. Lo stesso discorso vale per le imprese: l’Irlanda tassa le aziende al 12%, in Italia si sfiora il 60%. È ovvio che se Google deve aprire quaranta sedi e assumere 15 mila persone, lo farà a Dublino, non a Roma. Questo squilibrio produce effetti a catena devastanti anche nel mondo del calcio.
È vero, l’impatto sulle società di Serie A è meno drammatico grazie ai diritti televisivi e alle sponsorizzazioni che generano oltre un miliardo di euro, ma anche lì ci sono situazioni debitorie pesantissime: dall’Inter alla Juventus, passando per tante altre. Il Verona, ad esempio, è stato costretto a vendere per gravi difficoltà finanziarie. Se non si trovano soluzioni concrete e a breve termine, anche le società di Serie A, ma soprattutto quelle di Serie B e C, saranno sempre più in pericolo. Il rischio fallimento non è più un’eccezione, ma una minaccia costante".
Veniamo a qualcosa di più positivo: il Trapani Shark sta facendo grandi cose nel basket. Quali differenze ha notato rispetto al calcio?
"Il basket mi ha sorpreso. Lo conoscevo da fuori, ora lo vivo dall’interno e ti dico: è uno sport straordinario. I giocatori di basket sono mediamente più seri e professionali rispetto a quelli del calcio, almeno per la mia esperienza. Certo, in uno sono in Serie A e nell’altro in Serie C, ma la differenza di approccio si nota.
Nel basket la gestione degli atleti è più complessa: fisicamente sono più fragili, ma hanno un uso del corpo molto più completo, tra salti, contatti, resistenza.
E anche come ambiente è più sano. Se dovessi scegliere uno sport per mio figlio, gli consiglierei senza dubbio il basket. Il calcio, è vero, gode di un’esposizione mediatica molto più ampia, ma non è detto che questo lo renda un ambiente migliore.
Basta guardare ai numeri: la Serie A di basket ha diritti televisivi che vengono venduti praticamente agli stessi livelli della Serie C di calcio. Lo so bene, perché gestendo direttamente i conti mi rendo conto che gli introiti da diritti televisivi tra Serie A di basket e Serie C di calcio sono pressoché identici. Questo è un segnale evidente, che secondo me dovrebbe attirare la massima attenzione del Presidente Petrucci.
Perché se poi andiamo a vedere i dati reali, quelli sul coinvolgimento del pubblico, emerge un quadro ben diverso: in termini di percentuale di riempimento degli impianti, la pallacanestro è in netta crescita. Quest’anno, anche grazie al traino del Trapani Shark, le arene del basket hanno registrato un tasso di riempimento superiore al 90%. Un dato che dimostra chiaramente come ci sia una fortissima attenzione, anche mediatica, attorno a questo sport".
