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E il favorito per la Champions è il Manchester City. L’alternativa è il PSG. E la Juventus? Non è l’anno giusto. A meno che non faccia un altro Chelsea 2012: a Pirlo può bastare la difesa alla Di Matteo?

E il favorito per la Champions è il Manchester City. L’alternativa è il PSG. E la Juventus? Non è l’anno giusto. A meno che non faccia un altro Chelsea 2012: a Pirlo può bastare la difesa alla Di Matteo?TUTTO mercato WEB
mercoledì 17 febbraio 2021, 08:00Editoriale
di Tancredi Palmeri

Le previsioni non le sbaglia mai chi non le fa, e siccome se uno non fa previsioni nel calcio allora che cosa lo guardiamo a fare sto sport, la mia favorita per la Champions 2021 è il Manchester City.
Non c’è dubbio che al momento la squadra di Guardiola sia la più forte d’Europa, ma le coppe si vincono a maggio, e in passato il City guardioliano si è sempre sciolto nella eliminazione diretta. Però, ci sono vari però: in passato quasi sempre la squadra di Pep partiva in tromba nella stagione - che quasi porta male perché nessuno finora è mai stato capace di durare tutta una stagione (solo il Bayern l’anno scorso, ma grazie al break ritemprante di 3 mesi del lockdown) - e poi arrivava lunga; quest’anno non è stato così, il City tanto in Premier quanto in Champions ci ha messo parecchio a carburare, e ha ingranato solo entrando nel 2021. E con un vantaggio che si va allungando a dismisura in campionato, e con le altre che oscillano tremendamente nell’affidabilità, gli uomini di Pep potrebbero avere anche il jolly di non doversi nemmeno concentrare più di tanto per vincere il titolo domestico. Anche se a dire il vero non è mai stato quello il problema per gli Sky Blues, ma piuttosto avere la personalità per farcela nel momento che conta in Europa. Forse però stavolta, al di là del gioco senza paragoni finora nel 2021 sia dentro che fuori Inghilterra, al di là di una rosa con impareggiabile profondità, pur mancando della stella risolutrice in squadra quale Bayern, PSG, Juventus e Liverpool invece dispongono, però essere riusciti a superare inedite difficoltà interne nella stagione stessa può avere attribuito una nuova consapevolezza, utile per il momento in cui verrà la paura in Europa.
E' l'unico nome? L’altro è il PSG. Prima ancora dello showdown del Camp Nou. Perché è la stessa squadra vicecampione l’anno scorso, con in meno rispetto al Bayern la capacità di vincere ma in più la fame di chi non ha ancora vinto. Con un Mbappé che migliora anno dopo anno - e sì che nel 2018 era già l’anno in cui decideva la finale dei Mondiali - e un Neymar che se non si infortuna ha già mostrato doti da leadership come nella fase finale dell’anno scorso. E perché Pochettino forse è l’allenatore giusto al posto giusto nel momento giusto: identica fame, pragmatismo acquisito sul campo con la stagione da finalista del Tottenham, quando per ovviare alle interminabili assenze passò i turni modificandosi in contropiede, e in più rispetto a Tuchel un carattere totalmente diverso per gestire con armonia le grandi personalità anziché con indisposizione tetragona alla tedesca.
E la Juventus? Davvero niente da fare quest’anno, solo transizione sperando di raccogliere quanto più possibile?
In parte sì. Perché quando la Juve deve costruire ha dei limiti enormii, e a vedere il ritmo tenuto a Barcellona e Budapest c’è da sbiancare.


E il calcio basato sulle ripartenze fatto dalle grandi in Europa non ha mai attecchito con successo.
A meno che.
A meno che non si sappia votarsi al sacrificio non per ripiego o per impossibilità, ma per preciso piano strategico da applicare implacabilmente.
Insomma: la Juventus può tirare fuori un altro Chelsea 2012, l’unico campione capace di vincere con difesa e contropiede sistematico?
Ci sono delle analogie: una squadra a fine ciclo a cui mancava il grande successo finale, e che dunque ci metteva uno speciale sacrificio nelle missioni.
Un allenatore d’improvviso come fu Di Matteo promosso in fretta e furia a marzo, come del resto Pirlo alla prima stagione assoluta d’allenatore, e che conosce perfettamente l’ambiente, il club e i giocatori, con i quali può crearsi un rapporto di complicità che magari sul lungo può ingannare per mancanza di gerarchia, ma che sul breve può rendere al massimo grazie all'intesa.
E poi, ovvio, ci vuole fortuna: la Juventus ne ha avuta tantissima nel pescare il Porto agli Ottavi, la più sguarnita del lotto (ma comunque un osso durissimo a morire) e del resto anche quel Chelsea agli Ottavi si salva solo ai Supplementari contro il Napoli di Mazzarri, entusiasmante ma limitatissimo nell’esperienza. Ai Quarti poi al Chelsea capitò un Benfica intrigante ma sicuramente giocabile. E poi in semifinale il Barcellona dove Guardiola si avviava all’uscita: squadra di un altro pianeta, ma con un clima strano. Poi ovvio, ci fu il miracolo in finale a Monaco di Baviera contro il Bayern, grazie alla grande anima dei Per Cech, Ashley Cole, Frank Lampard e Didier Drogba. E per un’impresa simile con queste caratteristiche ti serve sacrificio, fortuna e lo spirito indomabile di gente come Buffon, Chiellini, Cristiano Ronaldo (forse manca quello con le spalle larghe in mezzo).
Ma ecco, una via per la Juventus c’è. Più stretta però forse rispetto agli anni passati.

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