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Inter e Inzaghi: ancora qualcuno ha dubbi?

Inter e Inzaghi: ancora qualcuno ha dubbi?TUTTO mercato WEB
© foto di Federico De Luca
Oggi alle 00:00Editoriale
di Luca Marchetti

L’impresa dell’Inter è un’impresa straordinaria. Forse è per questo che negli ultimi tempi avevamo ribadito a più riprese che a prescindere dai risultati finali comunque la stagione nerazzurra non poteva mai essere considerata negativa. La differenza fra vincere e arrivare secondi è minima. Fra intravedere il sogno del triplete e non vincere nulla sembra abissale perché è come se fosse o tutto o niente, ma la verità non è così. E le due semifinali contro il Barcellona stanno li a testimoniarlo. L’Inter si guadagna la finale con delle prestazioni epiche, che rimarranno a lungo nella memoria non soltanto dei tifosi interisti, ma dei tifosi di calcio in generale.
E’ stata una doppia sfida piena di momenti chiave, di azioni e reazioni, di centimetri a favore o contro, di decisioni controverse, di strategie opposte. Quando si affrontano due squadre così determinate, così piene di qualità (non soltanto tecniche) è quasi naturale che tutto sia sul filo del rasoio. E’ stato un ottovolante e l’Inter ha dimostrato una maturità incredibile, una tenuta mentale pazzesca, una capacità di reazione straordinaria. Quella concentrazione e mentalità che - probabilmente - non è stata sempre al 100% in campionato ma che invece in Champions League ha letteralmente trascinato la squadra nerazzurra fino in fondo.
E questa finale ha un sapore di consacrazione. L’Inter arriva in finale dopo aver fatto una fase iniziale di altissimo livello. Una sola sconfitta (contro il Leverkusen, sul finire della gara) e a causa dell’unico gol subito in 8 partite. 19 punti: meglio soltanto il Liverpool con 21. Ha affrontato i campioni d’Inghilterra (City 0-0 a Manchester), ha eliminato per arrivare in finale il Bayern Monaco e il Barcellona due serissime candidate per la vittoria finale, con delle partite perfette. Ha accresciuto la propria statura internazionale. Perché se due anni fa la finale di Instanbul era vissuta come uno straordinario momento, anche agevolato dal momento d’oro delle squadre italiane (non a caso in quell’anno ci furono tre finali con le nostre squadre protagoniste) e l’Inter sembrava, solo alla vigilia non certamente in campo, una sparring partner un underdog già contento di dover essere lì, ora no. Ora è diverso. L’Inter si ritrova a giocarsi il titolo con delle consapevolezze diverse, con la maturità di un gruppo di lavoro (da Inzaghi e suo staff fino ovviamente ai giocatori) che ha saputo sempre mettere qualcosa in più anno dopo anno.
Inzaghi e la sua squadra hanno dimostrato di essere una squadra camaleontica, in grado di saper interpretare le partite, di saper palleggiare ma anche difendere e ripartire in contropiede. Hanno diverse anime e tanti gradi di lettura, sanno modulare la loro intensità. Il solito cliché della squadra italiana che sa difendersi e basta con l’Inter non vale. L’Inter è una squadra moderna, che sa difendere molto bene e sa fare molto male in attacco.

Nelle due sfide contro il Barcellona è passata la squadra che ha segnato di più. E in questa equazione bisogna saperci mettere anche le capacità difensive dell’Inter. Il Barca pieno di talento, che stava infilando la stagione praticamente perfetta, che aggredisce in maniera asfissiante è stato colpito nei suoi punti deboli. L’Inter aveva una strategia ben definita, un piano gara che ha funzionato, degli interpreti che sono riusciti a tirare fuori il 110%: da Sommer ad Acerbi, da Dumfries a Lautaro. Solo per citare i più in vista della partita di ritorno. Ma vanno citati tutti, anche chi è entrato e non solo chi ha fatto gol, come Frattesi. Tutti sono riusciti a fare meglio.
Non ha vinto la squadra che ha limitato l’avversario: l’Inter non ha mai rinunciato ad offendere né a Barcellona né a Milano. Come era successo anche contro il Bayern, nei quarti di finale. E’ una squadra che non si è mai arresa, che ha individuato le sue qualità e ha cercato di mascherare il più possibile i propri limiti.
E’ stata questa la grandezza dell’Inter. Ma non solo in questa stagione che ora potrebbe prendere la piega di straordinaria. Ma nel percorso di questi anni, soprattutto sotto la guida di Inzaghi. E’ un Inter che è cresciuta, è cambiata, ha saputo sempre migliorarsi. Dovendo fare i conti con un mercato in cui bisognava incassare, in cui gli introiti che arrivavano dalla Champions o dagli incassi del botteghino non potevano essere reinvestiti, con cambi di proprietà (che avrebbero potuto portare degli scossoni), con una squadra che - rispetto a quella del primo anno di Inzaghi - è cambiata notevolmente negli interpreti senza però mancare mai nello spirito.
Poi è ovvio che nel corso di questi 4 anni ci possano essere delle cose che sarebbero potute andare diversamente. Dallo scudetto del 2022, che poi ha vinto il Milan o da quello di quest’anno che magari finirà al Napoli se tutto va come deve andare. Perché per una squadra così forte, così mentalizzata, così capace di adattarsi a varie situazioni magari potenzialmente manca qualche vittoria.
Perché - e torniamo al punto di partenza - le vittorie e i risultati poi ti permettono di colorare diversamente la tua stagione. Come ha ricordato anche recentemente Conte “chi vince festeggia, chi perde spiega”. E’ inevitabile che i risultati incidano nel giudizio: è anche giusto così. Si gioca per vincere. Ma la differenza è minima: e questo bisogna sempre tenerlo a mente.

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