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Una Champions senza italiane, la difficoltà parte da lontano

Una Champions senza italiane, la difficoltà parte da lontanoTUTTO mercato WEB
© foto di Federico De Luca
giovedì 18 marzo 2021, 08:00Editoriale
di Luca Marchetti

Senza nessuna italiana fra le prime 8 d’Europa. E l’Italia torna indietro di un bel po’ di anni. L’ultima volta era successo nel 2016, prima ancora nel 2014. Lo scorso anno era stata l’Atalanta a tenere alta la bandiera italiana e a caricarsi sulle spalle il peso di un movimento. Ora che l’urna ha deciso che contro l’Atalanta doveva esserci il Real, neanche la Gasperini band ci è riuscita. E pensare che nel 2019 la Juve, proprio ai quarti contro l’Ajax, buttò via una straordinaria occasione non riuscendo a passare il turno. Ma che nel 2018 arrivò una semifinale (Roma), nel 2017 e nel 2015 anche la finale. Certo: non siamo ai livelli degli inglesi o spagnoli (che spesso e volentieri portano 3 squadre agli ottavi), ma cercavamo di giocarcela alla pari con i grandi.
Ora è svanita anche questa possibilità. La Juventus nel giardino europeo non riesce più ad esprimersi. E se abbiamo già raccontato dell’eliminazione contro l’Ajax (che fu una delle rivelazioni di quel torneo, insieme al Tottenham) in confronto a quello che è successo contro Lione, lo scorso anno, e Porto, ora, sembra una caramella. Il problema è che se la Juve non riesce ad ingranare e nonostante avversari abbordabili non passa il turno, le altre espressioni del calcio italiano non riescono comunque a raccoglierne il testimone.
L’Inter ci sta riuscendo in Italia, non in Champions. L’Atalanta, come detto, prova a esportare il calcio italiano. Ma la Lazio, certamente, nulla (o poco) ha potuto con la superpotenza Bayern. E’ questo il problema. Negli ultimi 10 anni nelle due competizioni europee ci sono state due semifinaliste e una finalista in Europa League, due finaliste e una semifinalista in Champions. Fine.
Non è solo una questione di fatturati o di soldi. Di sicuro quello conta, soprattutto in Champions.

Pensate che delle prime 10 più ricche sono rimaste tutte ancora in corsa per la vittoria finale (quelle che avevano partecipati sin dall’inizio quindi escludiamo Tottenham e United), tranne 2: quelle che si sono scontrate fra loro come PSG e Barcellona (che però era la più ricca) e la Juventus. Quindi Real (2), Bayern (4), PSG (5), City (6), Liverpool (7), Chelsea (9). A parte il Porto l’ottava qualificata è il Borussia Dortmund (che comunque ha il 12esimo fatturato d’Europa). Da una parte ci verrebbe da dire che alla fine la SuperLega eccola già qui sotto i nostri occhi (e con la prossima formula della Champions, sarà ancora più difficile per una squadra media riuscire a qualificarsi per i turni ad eliminazione diretta ed andare avanti), dall’altra è capire come risalire la china.
Ognuno ha la sua ricetta: investire sulle idee, sui giovani, avere una mission precisa. Ma la verità è che è il contesto che deve funzionare. Se il Dortmund (da prima) o il Lipsia (recentemente) stanno riuscendo ad imporsi al tavolo dei grandi non è solo per le idee. Ma anche per il sistema di riferimento che funziona. Come la Bundesliga. O come la Premier che riesce a generare ricchezza. L’Italia è più “vicina” alla Spagna: le grandi che spingono, le altre dietro. Ma il nostro sistema ora soprattutto (forse come quello spagnolo) è in grande sofferenza. E la differenza fra quello che è riuscito a fare la Juventus negli ultimi anni e il Barca o Real è che per mantenere quel posto al tavolo dei grandi i bianconeri hanno fatto quasi i salti mortali. La crescita della società da sola non bastava, serviva un trading di calciatori molto efficace. E non sempre è possibile farlo, non per lo meno per un decennio!
Ora con la crisi economica sarà ancora più complesso. Ma la crisi c’è per tutti, anzi per qualcuno ancora di più. Verrebbe da dire che con la crisi possono nascere delle opportunità. Ma non è così scontato. E soprattutto non è detto che siano tutte da cogliere

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