Okoye squalificato, le motivazioni: "Ammonizione non casuale". Ma solo due mesi di stop

“Solo” due mesi di squalifica per Maduka Okoye. Nei giorni scorsi, il portiere dell’Udinese è stato sanzionato con questo provvedimento, che lo porterà a saltare le prime due giornate del prossimo campionato, dal Tribunale Federale Nazionale. I fatti risalgono a marzo 2024: Okoye, con i bianconeri in vantaggio, si fa ammonire per perdita di tempo nella seconda frazione della gara con la Lazio all’Olimpico. Un flusso anomalo di scommesse sul suo giallo, registrato in quel di Udine, accende l’alert: la segnalazione dell’Agenzia delle Dogane e Monopoli arriva alla Procura Federale, che inizialmente decide per l’archiviazione, poiché “da nessun elemento” sarebbe stato possibile trarre il convincimento che, dietro quell’ammonizione, vi fosse un accordo con altri soggetti. A gennaio 2025, però, Okoye viene iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Udine: la procura FIGC riapre il fascicolo e a fine giugno arriva il deferimento.
Le violazioni contestate a Okoye. Inizialmente, sono state quelle previste dall’art. 4 del Codice di Giustizia Sportiva, norma di chiusura che disciplina al primo comma “i principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva” e dell’art. 30, dedicato all’illecito sportivo, il cui primo comma recita: “Costituisce illecito sportivo il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica”. Mentre l’art. 4, essendo una norma generale, non prevede sanzioni “fisse”, ma flessibili in base alla violazione, l’art. 30 ha una disciplina molto chiara (e severa): minimo quattro anni di squalifica. E aggiungiamo: l’eventuale vantaggio di classifica ottenuto da un illecito sportivo costituisce un’aggravante, ma non una condizione perché si configuri il reato sportivo.
Perché solo due mesi? Le motivazioni chiariscono il principale dubbio circolato una decina di giorni fa, alla notizia della durata della squalifica di Okoye: la Procura federale, nell’udienza del 22 luglio scorso, ha chiesto la modifica del capo di imputazione, limitandola all’art. 4 ed evitando il più severo art. 30. Alla base della richiesta degli uffici guidati dal dott. Chiné, la spiegazione di Okoye: pur avendo confermato di conoscere bene Diego Giordano (uno degli altri indagati nell’inchiesta della Procura di Udine) e di frequentare il suo abitualmente il suo ristorante, il portiere dell’Udinese ha rivelato di aver confidato, pochi giorni prima della partita “al sig. Giordano di essere nervoso a causa di problemi familiari e di aver timore che questo suo stato d'animo potesse influire negativamente nel corso della gara. Negava, tuttavia, di aver preso accordi con lo stesso per l'effettuazione di scommesse sportive”. Nessun accordo, insomma: a supportare la sua tesi, i legali dell’estremo difensore hanno citato anche l’interrogatorio dell’arbitro Aureliano, che ha fatto riferimento all’elevato numero di giocatori dell’Udinese ammoniti per perdita di tempo in quella partita (nel finale ricevettero un giallo anche Bijol, Lucca, Samardzic, rosso per Perez). La Procura, che sin dall’inizio non era troppo convinta dell’accordo, si è fidata della affermazioni di Okoye o non ha potuto provare l’esistenza di un accordo: è l’unica spiegazione possibile. Che, però, contrasta con alcuni elementi dell’indagine dei pm friulani.
Le carte di Udine. In attesa degli (eventuali) sviluppi penali della vicenda, nella sentenza del TFN sono citate anche le risultanze dell’attività della Procura friulana, a cui il ristoratore avrebbe confermato l’esistenza di un accordo (dichiarazioni smentite da Okoye, è bene precisarlo). Nelle carte sono ricostruiti i movimenti di Giordano, che tra la notte prima e la mattina del giorno della partita avrebbe scommesso (o tentato di scommettere, in alcuni casi la puntata è stata negata per la somma troppo alta) sul giallo di Okoye un totale di quasi 2.500 euro, per un incasso complessivo superiore ai 18 mila euro. Anche il titolare di una delle agenzie di scommesse avrebbe puntato sull’ammonizione del nigeriano una serie di scommesse per una vincita totale di 3.235 euro. Le affermazioni di Okoye sulle confessioni al ristoratore non convincono peraltro i giudici federali: “A parere del Tribunale, è fuori di dubbio che, circa due giorni prima dell’incontro Lazio vs Udinese, l’Okoye, presso il ristorante Biffi di Giordano, abbia riferito a quest’ultimo che si sarebbe fatto ammonire durante la gara contro la Lazio”. E le motivazioni continuano: “A ciò si aggiunga che la circostanza che tutte le scommesse siano state effettuate esclusivamente sull’evento ammonizione del portiere Okoye senza ulteriori pronostici, è confermativa del fatto che l’Okoye ed il Giordano abbiano effettivamente parlato dell’ammonizione. Difatti, anche a voler seguire quanto riferito dalle parti in ordine alle esternazioni dell’Okoye circa il suo stato d’animo e, dunque, circa il pericolo che il suo stato d'animo potesse influire negativamente nel corso della gara, non si comprende il motivo per cui il Giordano abbia scommesso solo ed esclusivamente sull’ammonizione del portiere e non anche, ad esempio, sull’ espulsione dello stesso, che pure avrebbe potuto esservi alla luce di quanto raccontato dallo stesso Okoye e dal Giordano. Ebbene, la circostanza che un calciatore, dichiari a terzi soggetti, prima dello svolgimento di un incontro, fatti o situazioni attinenti la gara a cui parteciperà, addirittura affermando che nella gara si sarebbe fatto ammonire o, comunque, lasciando intendere tale possibilità, a prescindere dallo scopo per cui la dichiarazione viene fatta, configura senza ombra di dubbio una violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità a cui ogni tesserato deve conformare la propria condotta”. Manca - e qui sta il punto, oltre al fatto che tecnicamente il TFN non potesse condannare Okoye per una violazione diversa da quella contestata dopo la modifica del capo di imputazione - la prova di un accordo, cosa diversa dalla confessione a un amico. Ma i dubbi restano, e del resto la sentenza parla chiaro: "Dagli atti di causa, difatti, emergono una serie di elementi che inducono a ritenere che l’ammonizione del sig. Okoye non sia stata casuale".
