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TMW RADIO - Paolucci: "A Winnipeg tra campo e scrivania, mi fanno scegliere l'allenatore"

TMW RADIO - Paolucci: "A Winnipeg tra campo e scrivania, mi fanno scegliere l'allenatore"
© foto di Federico Gaetano
giovedì 11 marzo 2021, 19:25Calcio estero
di Dimitri Conti

Michele Paolucci, attaccante-dirigente del Manitoba, ha parlato in diretta a TMW Radio, nel corso della trasmissione Stadio Aperto con Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini: "Sono qui a Winnipeg, e mentre vi parlo sto ammirando una splendida mattinata canadese di neve".

Ci racconti.
"Ormai sono qua in Canada da un paio d'anni, e dallo scorso ho iniziato questo progetto nell'FC Manitoba di cui sono giocatore e in cui ricopro un ruolo di direttore tecnico, anche se non è una figura propriamente esistente qua. Stiamo costruendo, lo scorso anno avremmo dovuto partecipare ad una lega statunitense che però è stata cancellata per via della chiusura dei confini statunitensi, ma la lega canadese si è organizzata e siamo in dirittura d'arrivo per un nuovo format di campionato che sia una nuova lega del Canada, che vada ad abbracciare tutto lo stato. Inizieremo promuovendo questo torneo con una serie di amichevoli e di esibizioni, così da poterlo spiegare ed attrarre sponsor, mentre il campionato inizierà davvero nel 2022. Siamo molto attivi come Manitoba, e ringrazio la società per avermi dato fiducia nella scelta del nuovo allenatore: è uno con cui ho già lavorato in Europa, e ci vuole uno che porti una certa mentalità se vogliamo crescere. Per me è una bella sfida, continuerò a giocare almeno fino a 40 anni, ma sono orgoglioso di questa attività".

L'allenatore è italiano?
"No, questo posso dirvelo. Però lo parla...".

Com'è nata quest'idea del doppio ruolo?
"Come capita molte volte nella vita, le esperienze ti portano a conoscere persone nuove: si aprono possibilità e a quel punto sta a chi ne ha facoltà scegliere se intraprendere determinati percorsi. Al Valour ho conosciuto una famiglia italo-canadese, abbiamo fatto amicizia e avendo loro un figlio più giovane di me che giocava a calcio, DNA italiano, è nata la voglia di acquistare un club. Il proprietario, mio amico e mentore, mi voleva al suo fianco per dargli una mano e lì ho capito che per me c'era una grande possibilità personale, vista la mia grande passione per questo sport. Sono convinto che in un paese col calcio in via di sviluppo come questo ci sia la possibilità di fare un grandissimo percorso e progetto. Per esempio si lavora per un centro sportivo poli-funzionale, si parla di accademie e di strutture sia per maschile che per femminile, che va tantissimo. Sto vedendo i primi risultati, siamo già un pezzo avanti e sono carico e motivato".

Per il Canada c'è la possibilità di "staccarsi" dagli USA nel calcio?
"Un po' si sente l'onda lunga degli Stati Uniti, dove è cresciuto molto il livello di produzione dei calciatori più che di attrattività del campionato. Se non lavori con le accademie, magari vieni fuori lo stesso ma è solo un caso, se invece punti sulla selezione e sul riuscire a formare i giocatori con nozioni di base allora puoi puntare anche sui numeri, visto che si parla di quasi mezzo miliardo di persone tra Canada e USA. Qui per esempio si primeggia nell'hockey, e sono convinto che nel tempo si possano creare dei presupposti interessanti".

Esulta ancora imitando Liam Gallagher?
"(ride, ndr) Bellissima domanda. Sì lo faccio, solo che ho una certa età e mi chiedo: ma come faccio ad esultare ancora così? Come dice Ravanelli, quando fai gol diventi scemo... Mio padre mi chiede: ancora con 'sto Liam Gallagher?".

Il mondo dello sport da voi a che punto è?
"Negli States ci sono state due strategie totalmente differenti nel corso di pochi mesi tra l'amministrazione Trump e Biden, che ora usa l'esercito anche di notte e sta vaccinando milioni di persone. Chi se lo fa, può tornare ad un regime di vita normale, senza neanche il distanziamento. Senza i problemi della macchina burocratica europea, le vaccinazioni procedono velocemente. Per quanto riguarda lo sport, sono stati in lockdown molto forte ma ora la restrizioni si stanno allentando: ad oggi ci si può allenare, ma senza contatto fisico, gli sport individuali si possono praticare e le palestre sono aperte".

Nostalgia del calcio italiano?
"Ho molto piacere nel guardare il campionato, e sono molto attento alla Serie C essendo un tifoso del Catania. Mi dispiace vedere che in Europa siamo poco competitivi, ed è una cosa che mi dispiace essendo un tema ricorrente. Ogni anno speriamo di più, ma mi sembra di vedere una distanza abissale".

Tacopina può garantire maggior stabilità al Catania?
"Il doppio salto B-A è paradossalmente più facile rispetto al solo salire in B dalla C, e penso ad esempio a quanto ci ha messo il Lecce, per poi ritrovarsi subito in Serie A e retrocedere anche forse senza meritarlo. Spero di sbagliarmi, ma temo che il Catania abbia ancora tanto da fare, e debba riuscire ad ottenere una posizione decente nei playoff, che poi sono un terno al lotto. Si è usciti da un'era lunga come quella di Pulvirenti, con tutte le vicissitudini del caso, e questo potrebbe portare un po' di stabilità, ma ci vorrà pazienza. Un paio di giocatori, vedi Biagianti, avrebbero potuto tenerli per dare anche agli altri una conoscenza storica di cosa sia il Catania. Penso che ci sia stato un errore nel fare un taglio così netto. Vestire quella maglia non è una cosa solo della domenica, va oltre e ti spinge a fare i risultati: in questo momento non so se ci sia questa cosa però. Incrocio le dita".

C'è qualcuno che le ha fatto scattare la scintilla in Italia?
"Una persona che ha enormemente condizionato il mio modo di vedere le cose è don Pietro Lo Monaco, al di là del fatto che negli ultimi anni non sia riuscito nel suo intento di riportare in Serie A il Catania. Però nomino un direttore che mi è sempre piaciuto negli anni, e poi ha vinto molto, è Daniele Faggiano. Ci siamo sfiorati a Siena, e per me è uno competente. Dirigente molto appassionato, lo seguo: è davvero bravo".

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