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Lecco, Valente: "Voglio una squadra affamata e intensa. Rinnovo? Sempre parlato di progetto"

Lecco, Valente: "Voglio una squadra affamata e intensa. Rinnovo? Sempre parlato di progetto"TUTTO mercato WEB
Oggi alle 19:34Serie C
di Tommaso Maschio

È stato Federico Valente a restituire identità e solidità al Lecco: una squadra forse meno scintillante, ma finalmente concreta, capace di conquistare la salvezza con pragmatismo grazie al metodo di lavoro dell'allenatore di Solothurn. La ripartenza bluceleste parte proprio da lui, allenatore svizzero che in passato ha allenato nel settore giovanile del Friburgo, prima di allenare primavera e prima squadra del Sudtirol, e che ora ha scelto nuovamente Lecco per completare il proprio percorso di crescita. Contratto rinnovato fino al 2027, idee chiare e una rosa sempre più internazionale: Valente rappresenta il primo mattone su cui l'ambizioso club lombardo ha deciso di costruire il futuro. E in esclusiva ai microfoni di TuttoC.com, si racconta così.

Che Lecco sarà ai nastri di partenza?
"Allora, insieme al direttore e alla società, già nella scorsa stagione – quando abbiamo capito che stavamo andando nella direzione giusta verso la salvezza, che era l’obiettivo principale – ci siamo confrontati su come potesse essere il Lecco della stagione 2025/26. Io, con il mio staff, parto dall’idea che per il nostro tipo di gioco servano intensità, corsa, e soprattutto fame. Per questo motivo abbiamo deciso di puntare su profili forse non così conosciuti in Italia, ma che io conosco bene: li ho allenati o ci ho giocato contro. Conoscono la mia idea di calcio, sanno cosa chiedo in campo e anche fuori. Per me il calciatore non è solo prestazione in campo, ma anche atteggiamento, mentalità, approccio al gruppo. La rosa che abbiamo costruito – e che è quasi completa, ci manca giusto un piccolo ritocco – mi soddisfa. Siamo già in ritiro, e lavorare da subito con un gruppo quasi al completo è fondamentale per creare automatismi, conoscersi e fare gruppo."

Che impronta di gioco vuole dare alla sua squadra, magari ripartendo da quanto di buono costruito nella passata stagione?
"Penso che sia fondamentale avere un’idea chiara di come si vuole giocare, in tutte le fasi: possesso, non possesso, transizioni. Ma allo stesso tempo è importante accettare anche ciò che ti concede l’avversario. Se dicessi che voglio il 70% di possesso palla, sarebbe irrealistico: ci sono squadre che pressano forte e ti costringono a giocare più diretto. Io voglio una squadra affamata, che voglia il pallone, e che se non ce l’ha lo vada a prendere. Voglio una squadra propositiva, perché lo richiedo io, ma anche perché questa piazza lo merita: la gente vuole vedere giocatori che vanno a duemila all’ora, che lottano per la maglia e danno tutto per vincere."

Ha già avuto modo di confrontarsi con le realtà del girone A in cui presumibilmente sarete inseriti. Che difficoltà si aspetta da un girone che spesso viene considerato più semplice rispetto agli altri due?
"Da fuori è facile dire che il Girone C è il più difficile, o che il B è più competitivo, ma alla fine sono solo ipotesi. Se guardiamo i risultati, i playoff, le dinamiche, non credo che il Girone A sia più o meno forte. Per me la vera difficoltà sarà restare sempre affamati. Il pericolo più grande è mollare, rilassarsi. Bisogna mantenere continuità e fame, lavorare sempre, restare dentro alle cose quando vanno bene e non perdere equilibrio e pazienza quando vanno meno bene. Non tutto è giusto se vinci e non tutto è sbagliato se perdi."

Parliamo della rosa: età media bassa, qualche leader, tanti ragazzi da scoprire. Ci può dire qualcosa in più sui nuovi profili?
"Quando si costruisce una squadra, è importante bilanciare bene. Servono riferimenti esperti, gente che conosce la categoria e ha una certa caratura anche umana. I nuovi acquisti rappresentano un mix di caratteristiche: fame, tecnica, intensità. Non sono profili tutti uguali: è una rosa eterogenea, sia tra gli italiani che tra i ragazzi che arrivano dall’estero. Mallamo, Metlika, Bonaiti – tre centrocampisti che vengono tutti da realtà importanti e hanno un’idea chiara di gioco. Le scelte sono state fatte in base a ciò che chiediamo in campo: qualità, cattiveria agonistica, voglia di far bene. L’intensità, per me, non è negoziabile: dev’essere sempre presente."

Quanto è importante poter lavorare già ora con una rosa al 90% definita?
"È sicuramente un vantaggio. Tutti i giocatori lavorano sulla condizione fisica, anche chi non ha ancora squadra si allena a parte. Però qui si tratta anche di fare gruppo, conoscersi, creare coesione. Abbiamo tanti volti nuovi, altri già presenti. Il ritiro serve anche a questo.
In Italia ho notato che tanti si affidano a preparatori personali, che in altri paesi magari non sono così diffusi perché si inizia prima la preparazione con la squadra. Avere già una rosa quasi fatta permette tranquillità, evita che qualcuno abbia la testa altrove in attesa di mercato. Il rischio di infortuni o distrazioni c’è sempre, ma anche per questo volevamo avere tutto definito per tempo. E sono molto contento della situazione."

Chiudiamo con un pensiero sul suo rinnovo. Dopo essere subentrato lo scorso anno e aver rimesso le cose in ordine, ha deciso di proseguire fino al 2027. Perché ancora Lecco?
"Fin dall’inizio avevamo parlato di un progetto che andasse oltre il breve termine, e che potesse svilupparsi nel tempo. La società ha visto non solo i risultati, ma anche il nostro metodo di lavoro: tutti nella stessa direzione, dallo staff ai giocatori, fino alla dirigenza. Non siamo due entità separate, ma un gruppo unito. Il Presidente mi ha trasmesso una visione chiara di cosa vuole diventare il Lecco, e non si tratta solo di obiettivi sportivi, ma di crescita. La maggior parte dei nuovi giocatori ha firmato contratti biennali, e lo stesso vale per il mio staff. Questo dà il senso di un progetto serio, strutturato, con tempo per lavorare. In Italia è raro, ma qui ho sentito fiducia e coerenza. È questo che mi ha convinto a proseguire il mio percorso qui."

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