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Allegri ha ragione: l'allenatore deve essere sempre più influente sul mercato

Allegri ha ragione: l'allenatore deve essere sempre più influente sul mercatoTUTTO mercato WEB
© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport
martedì 23 marzo 2021, 08:00Il corsivo
di Marco Conterio

Il Manchester United per l'anno che verrà ha scelto una figura rivoluzionaria per il calcio inglese. Il direttore sportivo. Si tratta di John Murtough e questo a suo modo va a segnare un passo importante nella storia dei Red Devils che da sempre han vissuto con grandi decisionisti, su tutti Matt Busby e Alex Ferguson. Accentratori di potere e scelte, la quintessenza del manager britannico. Dall'altra parte, per alcuni recenti costumi italiani, il tecnico come ultimo tassello del percorso di scelta. Uno dei tanti aneddoti da raccontare è una frase di Marko Marin, che la Fiorentina prese dal Chelsea. Con Vincenzo Montella non trovò praticamente mai spazio e dopo l'addio, il giocatore disse. "A Firenze l’allenatore non era a conoscenza del mio trasferimento, non ho potuto fare altro che aspettare la mia occasione". Che non è mai arrivata.

In medio stat virtus Ha quasi del tutto ragione Massimiliano Allegri. La verità è nel mezzo, quando dice che "l'allenatore deve lavorare di più dentro la società: devi restare a lungo per poterlo fare, per portare le tue idee. Questo porta valore anche a livello di introito. Un tecnico deve fare la sua lista di obiettivi: se non si possono prendere la prima o la seconda scelta in un ruolo, si prenderà il terzo”. Semplifica troppo dinamiche complesse, Allegri, perché il mercato è una lunga storia di variabili, rapporti, relazioni, capacità, denari e non soltanto. Però quando l'allenatore indica un tipo di giocatori di cui ha bisogno, quando è in sintonia col dirigente, che viaggia sulle frequenze dello scouting, allora tutto risulta più snello. Prendete l'Atalanta: Sartori ha uno staff di uomini capaci e che sanno il suo modus operandi. Che condivide con lui il metodo, perché di gruppo di lavoro si tratta, da Zamagna in poi. Si confrontano, talvolta si scontrano con Gasperini, ma sanno che tipo di giocatori gli servono. A volte riesce, spesso, vedi Gosens, Hateboer, altre no, vedi Mojica. Però è l'intenzione quella che conta. E' la strada, questa qui, quella giusta.

Il lavoro di squadra Gasperini dà indicazioni così come le dà Conte. Poi è chiaro che preso il dito, ben vengano mano, braccio e tutte le decisioni. Gli allenatori vorrebbero esattamente dei nomi e degli uomini ma i direttori sportivi sono lì perché sono capaci di capire le situazioni, di leggere il mercato, le opportunità, gli affari, o almeno così dovrebbe essere. La scelta di Andrea Pirlo per la Juventus è stata un salto nel vuoto per tutti e anche per Fabio Paratici e per la sua squadra. La sua filosofia era una tesi piena di frasi ma una pagina bianca ancora da scrivere sul campo. Ha sperimentato tanto, troppo, per trovare le giuste risposte. Gioca con due esterni che tali non sono a volte, McKennie e Ramsey, oppure con Danilo mediano. Kulusevski ala o seconda punta? Alex Sandro centrale? Quelli che paiono colpi di genio spesso lo sono ma posson essere anche esperimenti. E quando sei a marzo, quando non hai trovato la tua identità, i motivi sono molteplici. Non hai il materiale che vorresti, forse. Non hai i giocatori che rispecchiano la tua filosofia. Però ha ragione ancora una volta Allegri quando dice che "l'allenatore si deve mettere al servizio dei giocatori".

Il manager all'inglese e il direttore sportivo Sembrano non collimare come posizioni ma il segreto è tutto lì. Riuscire a far sì che le personalità non si scontrino, che l'ego del tecnico sul mercato non si scontri con il seminato del direttore sportivo. A ciascuno il suo, è vero, ma quella della scelta del giocatore piuttosto che essere una mera medaglia, del l'ho scoperto io, può essere un percorso. Condiviso. Prendete il Barcellona di Pep Guardiola o il suo Manchester City. Perché funzionano, da sempre? Perché c'è unità d'intenti, di pensiero, di filosofia, con Txiki Begiristain e Ferran Soriano. Perché l'uno capisce le esigenze dell'altro e non c'è la voglia, o almeno non sempre, di superare l'altro nel merito. Insieme, è la strada giusta. Lo capiscano gli allenatori, lo chiariscano i direttori sportivi. Tornando alla Juventus: l'attenuante è aver costruito una squadra per un allenatore scelto al buio. Adesso tutto è sotto i riflettori. Sarà il mercato, se la Vecchia Signora avrà la forza di non mollare sul suo binario, della verità per commisurare anche la capacità di Pirlo, di Paratici e di tutti i loro staff, di lavorare insieme. Solo così potrà rialzarsi, solo così non fallirà.

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