Messina, il fallimento è una possibilità: sarebbe il terzo in diciotto anni

Il Messina rischia di sparire ancora una volta. Dopo la retrocessione in Serie D sancita dalla sconfitta di Foggia, il futuro del club peloritano è appeso a un filo: come scrive La Repubblica la Procura ha chiesto la liquidazione giudiziale, e l’udienza è fissata per il 10 giugno. In gioco non c'è solo una squadra di calcio, ma l’identità sportiva di una città intera, già segnata da due fallimenti negli ultimi diciotto anni.
La passione dei tifosi, esplosa con forza nei play-out d’andata al “Franco Scoglio” davanti a oltre 8.000 spettatori, si è scontrata con una realtà societaria sempre più confusa e opaca. Il nuovo capitolo della crisi si è aperto con l’uscita di scena dell’ex presidente Pietro Sciotto e la cessione dell’80% delle quote all’AAD InvestGroup, riconducibile a Doudou Cissè. Una transazione senza esborso economico che ha lasciato molti interrogativi e, di fatto, ha consegnato la guida del club a Stefano Alaimo, rimasto l’unico volto pubblico di una proprietà ora sotto la lente degli inquirenti.
Le indagini della Procura di Messina sono a tutto campo. Dopo aver ascoltato Sciotto, Alaimo, il segretario Alessandro Failla e l’ex tecnico Simone Banchieri, i magistrati hanno deciso di procedere con la richiesta di fallimento. I debiti stimati superano i due milioni di euro, mentre anche la Guardia di Finanza e la Digos stanno approfondendo diversi aspetti, inclusi eventuali atti intimidatori nei confronti dell’ex presidente, che si dice truffato e sottoposto a forti pressioni per cedere il club.
Nel frattempo, la contestazione dei tifosi si è allargata a tutti i protagonisti della crisi: Sciotto, Alaimo, Cissè e persino l’amministrazione comunale, accusata di aver agevolato l’ingresso della fiduciaria lussemburghese senza adeguate verifiche.
