Caso Rabiot-Rowe, Benatia: "Ci aspettavamo che chiedessero scusa, non è accaduto"

Dopo la violenta rissa scoppiata negli spogliatoi dell’Olympique Marsiglia al termine della partita persa contro il Rennes nella prima giornata di Ligue 1, Adrien Rabiot e Jonathan Rowe (i due protagonisti) sono stati dichiarati cedibili dal club. Il direttore sportivo Medhi Benatia è intervenuto a RMC Sport per spiegare la posizione della società e i motivi delle decisioni prese.
Secondo Benatia, nessuno dei due giocatori ha presentato scuse dopo l’episodio. "Ci aspettavamo che i giorni di riposo concessi alla squadra consentissero ai protagonisti di riflettere e chiedere scusa al club, all’allenatore e per l’immagine. Non è avvenuto", ha dichiarato il dirigente. La scena descritta dallo stesso Benatia è stata di vero e proprio caos, tra pugni e un giocatore vittima di un malore: "Non avevo mai visto nulla del genere in 17-18 anni di carriera negli spogliatoi", ha confidato.
Il dirigente ha sottolineato la necessità di decisioni severe per proteggere il club: "Quando vuoi essere un club forte, devi saper prendere decisioni che forse ti indeboliranno sul piano sportivo, ma rafforzeranno il gruppo e la società". Benatia ha voluto rimarcare che, nonostante l’affetto personale per Rabiot, la gravità dell’atto compiuto era troppo importante per essere ignorata. Il dirigente ha anche evidenziato un contesto di crescente contestazione all’interno del gruppo, in particolare sul rispetto del regolamento interno e dei controlli medici introdotti dalla società a luglio. "Quest’episodio è la manifestazione di comportamenti inaccettabili, nonostante la qualità dei giocatori coinvolti", ha spiegato.
Benatia ha chiarito che non è prevista alcuna retromarcia sulla decisione di cedere i due giocatori, ma ha espresso ottimismo sul loro futuro sportivo: "Sono due giocatori di alto livello. Troveremo senza dubbio un club che sarà felice di accogliere Adrien e Jonathan e offrirà loro spazio per crescere". L’OM ha così scelto la linea della disciplina, dimostrando che la coesione e la serenità del gruppo vengono prima degli interessi individuali, anche quando si tratta di calciatori di livello internazionale.
