"Morti e macerie, in Palestina lo sport non esiste": il grido straziante del CT Abu Jazar

"Qui in Palestina lo sport non esiste più, paralizzato da morti, arresti, posti di blocco, macerie". Alza la voce Ihab Abu Jazar, commissario tecnico della Palestina, nell'intento di aprire gli occhi al mondo intero di fronte alle atrocità a Gaza, da un anno e mezzo vittima di una delle più sanguinarie guerre di invasione degli ultimi decenni da parte di Israele. Alla guida della nazionale dal 3 dicembre 2024, l'allenatore 45enne ha rilasciato un'intervista a Gazzetta.it e i racconti ricolmi di terrore quotidiano vissuto, tra bombardamenti a tappeto e blitz letali fanno raggelare il sangue.
La cosa più impressionante è un'immagine: "La cosa che temiamo di più è il telefono", racconta Abu Jazar. "Le notifiche sono diventate una fonte d'ansia: potrebbero dirci che è morto un amico o un familiare". Tra immagini strazianti e un bilancio delle vittime in costante aumento e al momento intorno ai 63mila morti secondo il ministero della Salute gestito da Hamas, la situazione è di assoluta emergenza: "Il campionato è sospeso da tre anni, le strutture sono danneggiate o rase al suolo. Non possiamo giocare con i tifosi, riunire i giocatori in patria, né comunicare liberamente. Allenare la Palestina è una forma di resistenza", il racconto di Abu Jazar.
L'orrore è all'ordine del giorno a Gaza: "Ho perso più di 250 persone tra parenti, colleghi e amici. Il mio vice è stato ucciso mentre consegnava aiuti. Lo scorso giugno abbiamo sfiorato il Mondiale. Per pochi istanti abbiamo portato gioia nel cuore della gente. L'unica cosa che posso dire ai miei giocatori è di non mollare. Di resistere finché abbiamo fiato e polmoni", la chiosa del ct della Palestina. A proposito di una catastrofe umanitaria ancora in corso.
