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Maiellaro: "Troppi scienziati nel calcio. A 57 anni farei la differenza dormendo"

ESCLUSIVA TMW - Maiellaro: "Troppi scienziati nel calcio. A 57 anni farei la differenza dormendo"TUTTO mercato WEB
mercoledì 27 gennaio 2021, 09:58Che fine ha fatto?
di Gaetano Mocciaro

Pietro Maiellaro non è un personaggio banale: estroso in campo e anche fuori ci racconta la sua esperienza da calciatore e la sua visione del calcio di oggi con grande schiettezza, ben lontana dalle dichiarazioni fredde a cui siamo abituati dai tesserati delle squadre di calcio. Il "Maradona del Tovaliere", così era chiamato dai tifosi che ne hanno apprezzato le gesta in campo, ha appeso le scarpe al chiodo da oltre 20 anni dopo aver girato lo stivale, prevalentemente il sud Italia: Bari, Taranto, Cosenza, Palermo per citare alcune tappe, ma anche la Fiorentina e persino i messicani del Tigres. Ai microfoni di Tuttomercatoweb ci fa un bilancio della sua carriera.

Pietro Maiellaro lo abbiamo lasciato nel mondo della ristorazione
"Qualcosa faccio ancora, sono in società e più che altro do una mano. Certo, col Covid è un grande problema, ma non possiamo far altro che attenerci alle disposizioni".

C'è ancora spazio per il calcio?
"Il calcio non l'ho mollato, faccio il direttore tecnico di una squadra di Promozione del mio paese, Lucera. Qui in passato ho anche allenato. Voglio aiutare la mia città a trovare qualche ragazzo di talento. Del resto a livello qualitativo la nostra terra produce tanti talenti, il problema di questi ragazzi è trovare la continuità".

Cosa manca a questi ragazzi?
"Nel mondo di oggi ci sono troppe distrazioni, è facile montarsi la testa. Questo ti fa diverso, non c'è più quell'amore quella voglia di giocare a calcio e innamorarsi di questo sport. Adesso con questi innovatori, questi scienziatoni, il calcio sta andando alla rovina. Non vedi un dribbling, non vedi un tunnel, è solamente un correre e sovrapporsi".

Lei era un estroso, i tempi sembrano cambiati
"Cambiato, sì. Ma in peggio. E le dirò di più: secondo me è più facile giocare adesso. Prima c'erano le marcature a uomo, eri preso e portato a braccetto per tutta la gara. Ora vedi dei gol con difensori che marcano a due metri di distanza. In pratica se hai la tempistica fai gol. Ora si punta alla fisicità, all'estetica, si pensa alla zona totale ma mi viene da ridere, perché l'abbiamo fatta anche noi ai nostri tempi. Oggi sono tutti uguali, vedi persino le squadre di provincia che fanno partire l'azione da dietro e alla fine si buttano il pallone nella propria porta".

Cosa sarebbe Pietro Maiellaro nel calcio di oggi?
"Ho 57 anni e posso permettermi di dirlo: credo che con le mie qualità, la mia forza, velocità e tecnica avrei giocato anche dormendo. Penso che la mia quotazione sarebbe stata molto più alta di quella che avevo. Mi piaceva dribblare, mettere la palla negli spazi. Questi ormai ti attaccano quando arrivi al limite dell'area. Sarebbe troppo facile per me nel calcio di oggi".

La grande chance in una big le è mancata. C'era la Roma, ma l'affare sfumò
"Con la Roma era tutto fatto, peccato per un piccolo particolare: alla Roma volevano prendermi senza soldi. Mi ricordo che diedero la notizia del mio trasferimento in giallorosso alla tv e un mio amico mi chiamò e mi disse: Gerry, sei passato alla Roma! Io non capivo, anche perché il giorno avrei avuto un appuntamento per chiudere con il Bari".

E Bari alla fine è stato. Rimpianti?
"No, non mi pento di niente. Magari se avessi gestito meglio la mia vita, la mia carriera avrei fatto di più. Ma io sono sempre stato una persona schietta che non si è fatta problemi a esternare i propri pensieri. Questo evidentemente nel nostro ambiente non è stato buono".

Firenze è stato il passaggio che poteva segnare la svolta
"Non andò neanche tanto male, per quel che ho potuto fare. Con Radice ho avuto problemi all'inizio, ma poi ci siamo capiti e c'è stato rispetto reciproco. Voleva che io rimanessi, avrei dovuto rifletterci maggiormente e rimanere".

L'anno dopo senza di Lei la Fiorentina andò in B
"Una cosa di cui posso vantarmi è che non sono mai retrocesso, è una parola che non conosco. Non so come abbiano fatto, comunque, visto la squadra che avevano".

La stella era un certo Gabriel Omar Batistuta
"Siamo arrivati a Firenze lo stesso anno. Era molto grezzo, non potevo aspettarmi la carriera che poi ha fatto. Devo riconoscere una cosa: tecnicamente fece dei miglioramenti impressionanti. Era un ragazzo caparbio, dedicato al lavoro e questo gli ha permesso di crescere così tanto. I primi tempi era spaesato, un po' timido. Io e Iachini lo abbiamo molto aiutato, lo proteggevamo. E mi fa enorme piacere sapere che nel suo libro c'è una parte in cui sono menzionato".

Un altro suo cruccio è la Nazionale
"Mi sarebbe piaciuto giocarci, all'epoca in cui militavo in Serie A c'era Azeglio Vicini che conoscevo dalla nazionale militare. Si vociferava potessi essere convocato e venne persino a vedermi in un Bari-Sampdoria, dove però non giocai e lo usò come pretesto per non chiamarmi. Certamente era più complicato vestire l'azzurro ai miei tempi, ora vengono convocati pure i morti".

Chiudiamo con una parentesi della sua carriera di cui quasi nessuno fa menzione: ossia quella in Messico
"Un giorno mi chiama Ernesto Bronzetti e mi dice di recarmi subito a Norcia. Arrivo e c'era il Tigres che mi aspettava, mi fecero fare un'amichevole e tempo una settimana e sono partito per il Messico. Esperienza umana magnifica, che rifarei anche domani. A livello calcistico ho fatto un po' fatica perché non stavo bene fisicamente, poi si è perso tempo all'inizio perché non arrivava il transfer. Alla fine ho giocato poco, 4-5 partite in 8 mesi. Il rimpianto è che non stavo bene fisicamente ed è andata come è andata ma senz'altro è un'esperienza che rifarei".

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