Omicidio Boiocchi: Simoncini e Ferdico confessano i rispettivi ruoli

Il muro di omertà attorno all’omicidio di Vittorio Boiocchi, storico capo ultrà dell’Inter, viene meno. Dopo le prime dichiarazioni di Andrea Beretta, ex leader della curva Nord e oggi collaboratore di giustizia, anche Marco Ferdico e Pietro Andrea Simoncini hanno ammesso le proprie responsabilità nell’agguato avvenuto il 29 ottobre 2022 sotto casa della vittima, poche ore prima di Inter-Sampdoria.
Secondo quanto riferito da Simoncini al pm Paolo Storari, fu lui a guidare lo scooter su cui viaggiava insieme a Daniel D’Alessandro, detto “Bellebuono”, indicato come l’esecutore materiale. I due, caduti poco prima dell’agguato, avrebbero invertito i ruoli; Simoncini ha raccontato di aver tentato invano di fermare D’Alessandro. Le dichiarazioni di Simoncini arrivano dopo quelle di Ferdico, già arrestato a settembre nel maxi-blitz sulle curve milanesi. Secondo le ricostruzioni, fu Beretta – mandante del delitto – a coinvolgere i Ferdico, padre e figlio, promettendo loro 50mila euro per l’organizzazione dell’omicidio, maturato nel contesto di una faida interna alla curva per il controllo di affari e merchandising. Marco Ferdico avrebbe curato la logistica, dalla ricerca dei mezzi fino all’uso di cellulari criptati.
L’operazione, inizialmente prevista per metà ottobre, fu rinviata a causa di una perquisizione a casa Ferdico che spaventò i coinvolti. A Simoncini sarebbero andati 18mila euro, comprensivi anche del fallito tentativo precedente. D’Alessandro è stato successivamente estradato dalla Bulgaria. In carcere anche Cristian Ferrario, che si era intestato la moto usata per la “stesa”, e sotto inchiesta Mauro Nepi, altro ultras nerazzurro
