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Cremonese, Nicola: "Stiamo gettando le basi, ma il gruppo non è ancora completo"

Cremonese, Nicola: "Stiamo gettando le basi, ma il gruppo non è ancora completo"TUTTO mercato WEB
ieri alle 23:23Serie A
di Ivan Cardia

"Si gettano le basi ma non del tutto, nel senso che si lavora con solo una parte del  gruppo a disposizione”. Davide Nicola, dal ritiro precampionato della Cremonese, racconta così il lavoro di questi giorni ai microfoni di Sky: “I tempi del ritiro ormai sono molto distanti da quelli che sono poi i tempi del mercato, quindi si creano delle situazioni alle volte dove tu lavori, ma poi ti trovi a dover aggiungere figure nuove e diverse. La responsabilità dell'allenatore è di allenare quelli che ci sono, quello è bellissimo. Nel mio caso si gettano le basi visto che sono appena arrivato, così ho anche la possibilità di respirare la proprietà e conoscere i nuovi professionisti con cui avrò a che fare nei prossimi mesi".

Quanto tempo serve per assemblare una squadra?
"Non è un discorso di tempo. Per quanto riguarda alcuni comportamenti, scientificamente si pensa tra i 21 e i 28 giorni. Ma il processo di apprendimento alla fine dura tutto l'operato dell'allenatore, anche perché poi non si rimane fermi solo su alcune dinamiche o idee. Si è in continua evoluzione. Certo, i principi base si cerca di insegnarli da subito. Poi, ripeto, se si ha la fortuna di avere un gruppo già completo, si può guadagnare tempo. Altrimenti si parte da principi generali e poi si aspetta che ci siano tutti per andare nello specifico". 
 
L'unico allenatore che in passato ha tenuto la Cremonese per più di una stagione in Serie A è stato Gigi Simoni, che lei considera un gigante. In che cosa crede di assomigliargli?
"Anche solo provare a rispondere sarebbe  una bestemmia calcistica. Siamo ovviamente persone diverse, ognuno ha la sua unicità. Lui per me era un gigante. Perché era uno dei migliori allenatori quando giocava la mia generazione. Le dinamiche oggi sono cambiate, ma erano grandissimi osservatori, erano uomini dai valori incredibili, intransigenti, ma ti accompagnavano nella crescita, non solo tecnica, anche umana. Ci sarebbero molte cose da dire. Poi, ovviamente, lo sport e il calcio nello specifico sono in continua evoluzione, ma è giusto che sia così". 
 
Con un gruppo nuovo come quello della Cremonese, su quali tasti ha battuto o sta battendo in queste ore?
"Intanto ci stiamo conoscendo, ovviamente. Io credo credo ciecamente nelle relazioni, perché stabilire un rapporto importante è un processo che richiede tempo. Contemporaneamente stiamo cercando di trasferire le idee con le quali vogliamo impostare quello che sarà il percorso della Cremonese. Siamo in una fase di costruzione. Anche questo periodo ha il suo fascino, perché qualcuno lo vedremo crescere progressivamente, qualcuno invece farà con noi solo una parte del lavoro, ma a prescindere avrò imparato qualcosa io e spero che al contrario i calciatori avranno preso qualcosa da me".
 
Quanto è più gratificante per un allenatore cominciare la stagione da zero rispetto a subentrare a stagione in corso?
"Ogni allenatore preferirebbe ovviamente poter avere a disposizione dall'inizio un gruppo, perché c'è tutta la parte del ritiro dove ci sono solo le amichevoli, che sono molto importanti per la preparazione, che resta una cosa fondamentale. Ognuno la imposta con i suoi metodi e principi: questi confronti servono per prendere coscienza della strada che stai percorrendo e di ciò che serve per continuare a percorrerla".
 
Davide Nicola soffre lo stress?
"Lo stress a mio modo di vedere è una condizione piacevole. Ritengo di amare questo lavoro anche perché mi piace l'adrenalina che mi dà. Tant'è vero che nel momento in cui sono fermo ho bisogno di trovare delle alternative, altrimenti mi manca qualcosa. Sono più che altro la voglia e l'ambizione che mi impongo nel crearmi i miei obiettivi che fanno sì che il mio carattere possa essere più focoso, più serio o più rilassato a seconda dei momenti. Ma sono io che lo voglio, quindi va benissimo".

Il complimento più bello che ha ricevuto nella carriera e la critica più ingiusta.
"Critiche vere e proprie le devo ancora ricevere, diciamo così. Vale anche per i complimenti. Tutto ciò che mi è sempre interessato, soprattutto se c'era una relazione dietro, l'ho sempre custodito gelosamente. Soprattutto le critiche costruttive. Perché gli elogi da una parte ti fanno piacere, ma dall'altra c'è sempre l'idea che non siano sinceri. Mentre la critica è netta, leale, schietta. E va bene così".
  
Nel Genoa ha giocato con il direttore sportivo Giacchetta, con il quale avete più o meno pianificato il mercato. Avete tracciato un'idea di base della squadra che ha in mente Davide Nicola?
"C'è da partire da quello che ha ottenuto la Cremonese lo scorso campionato. Non va assolutamente dimenticato. Bisogna puntare su quei calciatori, magari giovani, che potrebbero avere delle potenzialità importanti per il futuro. Ovviamente il cambio di categoria impone una valutazione a 360° per capire che anche i giocatori promettenti hanno bisogno di un periodo di adattamento con il cambio di categoria. Servirà avere pazienza, ma allo stesso tempo cercare di completare la rosa per essere competitivi. Oggi la qualità della Serie A è altissima. La Cremonese, con molta umiltà ma con molto entusiasmo, sta pianificando le sue mosse per cercare di competere anche in questa categoria. Io e il direttore siamo in costante contatto, ci vediamo tutti i giorni qui in ritiro. Nei momenti in cui non ci alleniamo facciamo delle valutazioni sulla rosa, man mano che conosco meglio i giocatori, con la consapevolezza di dover completare la squadra. Per raggiungere un obiettivo che è nelle corde di questa società, perché ha tutti i mezzi per riuscirci. Bisogna solo cercare di trovare la strada giusta, pianificare, avere pazienza, non demordere mai e credere in quello che si fa". 
 
Cosa rappresenterebbe per Cremona una salvezza?
"Intanto la possibilità di pensare a un secondo anno per consolidare una categoria. I percori di crescita non finiscono mai: il secondo anno devi consolidare, il terzo anno si dice sempre che sia il più difficile e così via. C'è l'ambizione di ognuno, c'è la voglia di crescita continua e costante. Qui hanno quell'idea lì, ma sono giustamente e moralmente attenti a ciò che è questo mondo. Dobbiamo crescere e completare la squadra, ma lo vogliamo fare con la nostra moralità, le nostre regole, le nostre idee".
 
Che rapporto ha personalmente coi social e con la gestione dei social dei suoi giocatori?
"I social oramai sono canali comunicativi tremendamente importanti, perché si arriva in un batter d'occhio a migliaia di persone. Quindi si ha la possibilità di fare una comunicazione più diretta o più tecnica, a seconda del canale o delle tematiche trattate. Bisogna avere l'umiltà di approcciarvisi non pensando di conoscerli a menadito, ma servendosi di professionisti del settore. Per il ruolo dell'allenatore nel calcio di oggi, anche i social sono un aspetto da tenere in considerazione, perché possono fornire un aiuto nel nostro lavoro. Possono consentire al calcio di trasmettere verso l'esterno i giusti valori dello sport, per accrescerne l'importana all'interno della società e della cultura".

Rispetto a quando giocava, come e quanto è cambiato il calcio?
"C'è stata un'evoluzione profonda. Le regole di base sono quelle, anche se nell'arco di 15/20 anni sono cambiate profondamente le dinamiche del gioco, le interpretazioni del gioco stesso, i materiali, le tecniche, le metodologie. Tutto è in continua evoluzione. Forse a noi esseri umani piace un po' appartenere alla parte più bella della nostra vita, quella della giovinezza, dove ci sembrava tutto migliore. In realtà anche questo un processo di conoscenza, di curiosità, di adattamento. La generazione precedente ha sempre criticato quella successiva. Si pensa sempre che il calcio era migliore 20 anni fa, invece la storia dimostra che la continua evoluzione di qualsiasi mondo e di qualsiasi ambiente hanno portato a un miglioramento dell'ambiente stesso. Qualche volta anche a un peggioramento, ma sempre a una condizione diversa rispetto a quella di partenza. Noi possiamo dimostrare intelligenza, adattandoci".
 
Un personaggio che inviterebbe a cena?
"In questo momento senza dubbio Tadej Pogacar. Mi piace come si pone. Mi piace la sua forza. Lui è ovviamente un campione, ma il modo in cui racconta le sue imprese, come le interpreta, trasmette emozione. E a me le persone che mi emozionano piacciono sempre".
 
Davide Nicola sarebbe stato titolare in una squadra da lui allenata?
"Per certe qualità sicuramente sì. Per altre probabilmente no".

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