Nemo profeta in patria. Farioli giudicato non da A solo per le ultime giornate all'Ajax

Francesco Farioli, nel corso della sua carriera - ancorché agli albori - ha avuto un rapporto conflittuale con l'Italia. Perché le etichette non si sradicano, tanto che altri italiani che hanno fatto bene all'estero (verrebbe da nominare Tedesco, oppure Lisci, ma non solo) difficilmente finiscono con l'avere credibilità nel campionato italiano. Farioli per molti è l'allenatore dei portieri di De Zerbi, oppure il tecnico di Fatih Karagumruk o Alanyaspor, invece di quello che ha portato il Nizza a giocare l'Europa League, oppure l'Ajax a lottare per il titolo fino a pochissimi minuti dal termine della scorsa Eredivisie, dopo avere preso 45 (quarantacinque) punti di distacco pochi mesi prima.
Farioli la scorsa estate non ha avuto grandi pretendenti. C'era il Tottenham, che ha deciso diversamente. Le italiane - dall'Atalanta alla Roma, passando per la Fiorentina - hanno deciso diversamente. Così il rischio di rimanere fermo, oppure di finire in una piccola di Serie A, era sempre più concreto. Poi è arrivato il Porto di André Villas Boas, che forse si è rivisto in un allenatore giovane e in rampa di lancio. Non era un'ultima spiaggia, perché è difficile rinunciare alla panchina di uno dei club migliori d'Europa, quanto più un'unica spiaggia, almeno su certi livelli.
Verrebbe da chiedersi perché, in un calcio globale e con un sacco di stranieri anno dopo anno, gli allenatori italiani non riescono a cambiare la propria situazione una volta fuori dai patri confini. Farioli, checché se ne dica, è stato valutato solamente per le ultime settimane ad Amsterdam, dimostrando che nel calcio è meglio come finisci rispetto a come inizi.
