Sassuolo, Carnevali: “Pochi tifosi, ma buoni. Certe cifre fanno male: troppi 25 milioni a Inzaghi”

Giovanni Carnevali, amministratore delegato del Sassuolo, è intervenuto in occasione del panel “Welcome back in Serie A”, organizzato nell’ambito del Festival della Serie A in quel di Parma: “Quello di B è un campionato che per fortuna non conoscevamo, ma l’abbiamo presa nel modo positivo. Ho avuto modo di conoscere società e dirigenti che magari conoscevo poco, ho avuto modo di lavorare con una grande Lega: un po’ mi dispiace lasciarla, però è una grande gioia tornare in Serie A. Non siamo partiti col piede giusto, ma ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo centrato l’obiettivo, con grande gioia e grande felicità”.
Come vede lo stato di salute del calcio italiano? “Il calcio italiano, soprattutto la Serie A, sta cambiando molto. Ci saranno 7-8 squadre che lotteranno per non retrocedere e tre retrocederanno: percentuali alte. Non guardiamo i grandi club, fanno fatturati elevati: il problema è che molti perdono, è un sistema calcio che non funziona. La Serie B avrà grandissime difficoltà a poter continuare: oggi, quando retrocedi, hai difficoltà enormi e il costo del lavoro è molto elevato. Personalmente non mi fa piacere vedere certe società che spendono certe cifre per gli allenatori: penso a Simone Inzaghi, 25 milioni all’anno non fanno bene al calcio. Ci sono difficoltà grandi: io ho paura che il calcio, andando avanti, farà sempre più fatica”.
Voi avete un modo diverso di creare valori e contenuti.
“La nostra filosofia è chiara, abbiamo costruito più che un buon settore giovanile, che ha ottenuto ottimi risultati e ha dato continuità, portando ragazzi giovani nell’organico della prima squadra. Partiamo dal settore giovanile e dallo scouting: il primo obiettivo è puntare su giovani e su italiani. Abbiamo una proprietà importante, come Mapei: hanno 98 fabbriche nel mondo, e chiedono che il Sassuolo sia una fabbrica. Noi abbiamo pochi tifosi, a volte si dice pochi ma buoni: dobbiamo far sì che la nostra forza sia investire sui giovani per poi cederli. Ne abbiamo costruiti diversi nel tempo. I diritti Tv sono una parte centrale del sistema, probabilmente i broadcaster nei prossimi anni investiranno di meno e forse serviranno strategie diverse. Non credo che possiamo ricavare molto da altre fonti, noi abbiamo plusvalenze e giocatori e diritti Tv. Oggi il calcio è orientato a eventi europei o mondiali: sono i campionati nazionali che piano piano diminuiscono di valore. Portare il campionato da 20 a 18 squadre non è il punto, il problema è gestire le competizioni europee: quest’anno la Champions è stata stravolta, non credo la prima parte sia stata così più emozionante da giustificare due partite in più. È un discorso di denaro. Quando parlavo di Simone Inzaghi, che è un amico, lo ripeto: è una cifra spropositata. I soldi tante volte escono dal sistema per il lavoro dei procuratori, invece devono rimanere nelle società”.
Quindi niente rinnovo per Grosso….
“S’è fatto un contratto anni fa, se andava in A veniva rinnovato automaticamente e di cifre non se ne parla”.
Città piccole ma con grande brand valorizzano il calcio italiano? “Beh, penso al Venezia. O soprattutto al Como: in pochi anni sarà una grande realtà grandissima, e non so quanti negozi di merchandising abbia creato a Como. Penso a quanti americani siano interessati a Como.
Vi divertite ancora a fare calcio?
“Tantissimo, il calcio dà adrenalina. Noi siamo una società giovane, in questi dodici anni abbiamo costruito qualcosa di particolare e di speciale. Abbiamo un centro sportivo all’avanguardia, abbiamo collaboratori importanti, che aiutano giorno dopo giorno ad andare avanti con questa sfida. Per noi è una sfida quotidiana”.
