Serie C tra Salary Cap, Under23 e garanzie: il punto del presidente ADICOSP


Ospite dei microfoni di TMW Radio, all'interno della trasmissione 'A Tutta C', Alfonso Morrone, presidente ADICOSP, ha fatto il punto sul mondo della Serie C e molto altro:
Presidente, cominciamo col chiarire ai nostri ascoltatori cos’è l’ADICOSP.
"L’ADICOSP è l’Associazione Italiana dei Direttori e Collaboratori Sportivi. Io ne sono il presidente, e ricopro anche il ruolo di presidente della federazione internazionale, l’unico organismo al mondo che rappresenta i direttori sportivi a livello globale. L’obiettivo dell’associazione è tutelare e valorizzare questa figura professionale, che spesso viene messa in secondo piano, soprattutto nei livelli più alti del calcio.
In che senso viene messa in secondo piano?
"Capita spesso che i presidenti si affidino a consulenti esterni, come agenti o intermediari, piuttosto che al direttore sportivo. È una tendenza che si osserva anche in club di Serie A e che si riflette fino alla Serie C, dove non è raro che il direttore sportivo sia una figura marginale o addirittura assente. E questo può portare a danni sia sportivi che societari".
A proposito di Serie C, sta entrando in vigore il Salary Cap in via sperimentale. Che impatto ha sul lavoro del direttore sportivo?
"Il Salary Cap è una misura che condivido, ma va accompagnata da riforme più ampie. È giusto porre dei limiti, ma servono anche garanzie per la gestione finanziaria delle società. Non basta avere i requisiti per l’iscrizione, serve poter reggere la gestione durante l’anno. L’80% del budget di un club spesso va in stipendi, quindi è importante stabilire dei paletti chiari. Detto questo, non vale l’equazione 'più spendi, più vinci'. Le idee contano, e la Serie C storicamente ne ha molte".
Ti riferisci anche ai casi di società in difficoltà, come Rimini e Triestina?
"Esatto. Non è colpa della Lega Pro se arrivano richieste di iscrizione da club con bilanci formalmente in regola. Il problema è che, una volta iscritti, non tutti riescono a gestire la stagione. Per questo bisognerebbe rafforzare i controlli sulla gestione. Preferisco una società in meno ma solida, che garantisca il pagamento degli stipendi e la continuità, piuttosto che realtà blasonate ma inaffidabili.
Un ragionamento che si lega anche alle parole di Gabriele Gravina.
"Gravina ha annunciato che da settembre si lavorerà su questi aspetti. E ha ragione: non si tratta solo di numeri, ma di famiglie che vivono grazie al calcio. In Serie C ci sono stipendi normali, non milionari, e due mensilità mancate possono creare grossi problemi. È un passaggio storico e non possiamo più permetterci di rimandarlo.
Parliamo ora di calcio giocato. Quali squadre l'hanno colpita in questa prima fase di mercato?
"Tra le favorite vedo l’Arezzo, ha operato bene. Poi nel girone B ci sono Pescara, Ternana e Ascoli. Il girone C sarà il più complicato, con piazze come Catania, Benevento e Crotone. Occhio però anche a squadre come Cerignola o Monopoli, che l’anno scorso hanno fatto benissimo. Nel girone A vedo il Vicenza favorito, soprattutto con l’arrivo di Pasini attenzione al Brescia, una figura molto stimata anche fuori dal mondo del calcio".
L’Inter ha ufficializzato la sua seconda squadra. Che ne pensa?
"Ha fatto scelte più coerenti rispetto al Milan, affidandosi a professionisti che conoscono la Serie C. Però resto critico sul progetto delle seconde squadre. Dovevano servire a valorizzare il talento italiano, ma spesso vengono utilizzate per far giocare stranieri o calciatori esperti. Così si snatura il progetto.
Cosa proporresti in alternativa?
"Introdurre regole chiare. Se una seconda squadra vuole partecipare, deve puntare su giovani italiani. Altrimenti non partecipa. E magari ricreare un campionato forte come la vecchia De Martino, un vero passaggio intermedio tra Primavera e prima squadra".
Anche l’età dei calciatori sembra un tema chiave.
"In Italia consideriamo giovani i calciatori fino a 24 anni, quando all’estero a 20 hanno già 30 presenze nei professionisti. È un problema culturale. E riguarda tutti: dirigenti, allenatori, tifosi. Se un allenatore deve salvare la panchina, difficilmente farà giocare un giovane. Dobbiamo cambiare mentalità, e farlo tutti insieme".
