L’importanza di chiamarsi Chiellini: la svolta difensiva della Juve con il ritorno del capitano

Giorgio Chiellini significa fiducia. Quella che la Juventus ha ritrovato da quando il suo totem difensivo è rientrato a pieno ritmo. Non basta certo questo spiegare i tre clean sheet consecutivi: è la squadra di Pirlo nel complesso ad aver dato chiari segnali di svolta, in un 2021 nel quale il cambio di passo dei bianconeri ha pochi termini di paragone anche a livello europeo. Ma Chiellini ora c’è e prima non c'era: non può essere neanche casuale se la ritrovata stabilità coincida col suo ritorno.
C’era già con l’Inter. E lì la retroguardia bianconera ballò ancora. Ragion per cui, in una stagione frenetica, neanche il caro vecchio (sia detto con affetto) Giorgione può bastare perché i tifosi di Madama vivano sonni tranquilli a tempo indeterminato. In quella serata, però, fu l’unico a non annaspare, pur nel complicato e ruvido duello con un altro gigante come Lukaku. Da lì, la Signora ha preso le misure e ritrovato compattezza, rifugiandosi nelle sue certezze. Prima tra tutte, il numero 3. Che, tra le altre cose, nel modello difensivo ibrido del bresciano ci sta benissimo, lui che è nato terzino e diventato stopper, a tre o a quattro senza grosse differenze e cali.
Oltre i numeri. Che certificano comunque quanto incida avere o non avere il proprio capitano. Lasciamo nel limbo le gare con Udinese e Inter in Coppa Italia, nelle quali Chiellini c’è stato ma per pochissimi minuti. Per quanto riguarda le altre, la Juventus ha disputato senza di lui diciotto partite, incassando altrettanti gol: uno a gara. Viceversa, con Chiellini in campo dieci gare e appena sei reti subite. Sul lungo periodo, è possibile che questo divario diventi meno rilevante a livello statistico, ma fino ad allora è un dato di fatto da non trascurare. E ancora, c’è la sensazione che la Juve di Chiello dà: sembra tornata quella insuperabile dei bei tempi, quadrata e pure cinica all’occorrenza. Il muro contro il quale s’è infranta quasi tutta la Serie A negli ultimi nove campionati. Se avesse ragione chi dice che qualcuno non aveva capito cosa significasse giocare in bianconero, non c’era calciatore migliore per una lezione.
