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Juve: una squadra colpevolmente smantellata. Inter: Conte e “la legge della memoria”. Milan: la firma di Ibra e “lo sgarro” di Calhanoglu. Cluster Nazionale: tanti errori e un solo, meritatissimo applauso

Juve: una squadra colpevolmente smantellata. Inter: Conte e “la legge della memoria”. Milan: la firma di Ibra e “lo sgarro” di Calhanoglu. Cluster Nazionale: tanti errori e un solo, meritatissimo applausoTUTTO mercato WEB
martedì 6 aprile 2021, 08:00Editoriale
di Fabrizio Biasin

Prima, un test. Se sapete chi sono “Posamen” e “la Gioconda del tip-tap”, se reagite alle espressioni “anche il cazzo” e “Cannavacciuolo fa serata”, allora potete procedere nella lettura di questo bislacco pezzo. Potete farlo anche se non lo sapete, per carità, ma, nel caso, vi invitiamo vivamente ad approfondire. Fine del test, la risposta a piè di pagina.
E, quindi, c’è il cluster della Nazionale. Il cluster è quella cosa che un secondo prima gli appartenenti a un gruppo stanno tutti bene e un secondo dopo gli stessi si contagiano a raffica. “Succede”, si dirà. “Ma anche no”, rispondiamo.
Per motivi che tradurremo con la locuzione “che due maroni sospendere in continuazione il campionato”, la pausa per la Nazionale andrebbe rivista a prescindere, figuratevi all’epoca della pandemia. Ecco, all’epoca della pandemia, mescolare giocatori provenienti da diversi gruppi di lavoro e obbligarli a girare per l’Europa, significa commettere quella che in termini tecnici potremmo definire “una clamorosa puttanata”.
In attesa di capire come sono andate le cose realmente in azzurro, sappiamo solo che il rischio di aver contaminato il campionato esiste: Sirigu e Cragno (due dei positivi) sabato hanno giocato, con tutti i rischi del caso per compagni ed avversari.
Consentiteci in questa sede post-pasquale di fare i complimenti al Sassuolo, club che ha volontariamente messo in quarantena i suoi azzurri, pur contro i propri interessi. Qualcuno li ha attaccati (“così falsano il campionato!”) e questo perché nel nostro straordinario Paese un atto di responsabilità non viene visto per quello che è (“un atto di responsabilità”, appunto) semmai come un torto nei confronti di tutti quelli che se ne fottono. Che meraviglia.
Passiamo ad altro.
Domani, Asl permettendo, si gioca Juve-Napoli, partita programmata due ere geologiche fa e ora parecchio importante: dirà molto in chiave “qualificazione alla prossima Champions”, dirà molto di quel che può capitare sulla panchina della Juve. Quella del Napoli, invece, è già segnata: Gattuso andrà via (errore clamoroso della proprietà, ma abbiamo già ampiamente trattato l’argomento).
Molti si pongono il domandone: Pirlo ha responsabilità per il complicatissimo momento bianconero? Certo che sì, le formazioni che getta in campo sono senza idee e giocano di puro istinto. Ma, soprattutto, la colpa è di chi si è “dimenticato” di costruire la squadra, e, anzi, nell’ultimo triennio l’ha smantellata pezzo dopo pezzo. Nella stagione 2018-19 i bianconeri erano un gruppo micidiale, allenato da un fenomeno (Allegri); l’anno successivo si sono trasformati in un gruppo forte, allenato da un tecnico capace (Sarri); ora sono un gruppo appena discreto, allenato da un esordiente (Pirlo).
L’errore dei dirigenti bianconeri è stato credere che il limite della squadra fosse in panchina e non allo specchio.

Ecco, questo peccato originale (e di presunzione) può essere mascherato solo in un modo, ovvero con la conquista di uno dei primi quattro posti, anche solo il quarto, perché un anno senza scudetto sarebbe cosa normale e persino fisiologica, ma una stagione senza l’Europa dei nababbi - per chi ha un monte ingaggi superiore a 200 milioni di euro – trasformerebbe il tutto in una tragedia economico-sportiva.
Ma c’è chi rompe le balle anche al Milan, figuratevi. Anzi, a Pioli “che ha sbagliato la formazione con la Samp”. È vero, il Diavolo che andava come un treno ha perso un po’ di certezze e il tecnico pure. Noialtri, però, pensiamo semplicemente che quello rossonero sia un gruppo dal quale non si può e non si deve pretendere la luna: sono i più giovani del campionato, arrivano da anni di amarissime delusioni, dovessero anche solo piazzarsi al quarto posto avrebbero realizzato una piccola impresa. Chi pensa il contrario... pensa male.
Ecco, magari un paio di “giocatori chiave” dovrebbero dare un segnale e risolvere la questione contratti. Lo farà Ibra (l’annuncio del prolungamento doveva arrivare il giorno di Pasqua per motivi “divini”, ma si è scelto di rimandare), vedremo se lo seguiranno Calhanoglu e Donnarumma, dipendenti del Milan con in mano il loro destino. In un mondo ideale, i due, accetterebbero le sontuose proposte di rinnovo e ringrazierebbero pure, ma quello del calcio non è un mondo normale, soprattutto perché i grandi club -nonostante un fiume di lacrime e voragini a bilancio - non hanno ancora trovato il coraggio per sottoscrivere un patto del tipo “non fottiamoci tra noi i giocatori che vanno a scadenza”. È l’unico modo per evitare che i procuratori facciano il bello e cattivo tempo. Ora, per dire, si parla del passaggio dello stesso Calhanoglu alla Juve: chi scrive non ci crede, anche solo perché è stato proprio patron Agnelli a portare avanti il motto del “siamo tutti nella melma, vediamo di non fregarci l’un l’altro”.
E l’Inter? Per molti ha già vinto lo scudetto e, in effetti, è parso che gli stessi protagonisti abbiano in qualche modo gettato la maschera. L’abbraccio Conte-Oriali la dice lunga sull’importanza dei punti presi a Bologna, al di là della prestazione. Diciamolo pure, l’Inter non sta giocando bene, ma sapete quanto conta a dieci partite dalla fine? Niente. L’Inter è solida, ha incassato la miseria di 3 gol negli ultimi 11 match di campionato, ha sofferto pochissimo, si è levata di dosso l’incertezza di inizio stagione dettata dall’impostazione offensiva, ha trovato le sue certezze in un’idea molto più “contiana”, l’ha cementata quando tutti hanno imparato a memoria la formazione titolare: Handanovic, Skriniar, De Vrij, Bastoni, Hakimi, Barella, Brozovic, Eriksen, Perisic, Lautaro, Lukaku. E torniamo sempre allo stesso punto: quando impari una formazione a memoria è sempre una buon segnale.
Fine. Se non avete visto “Lol-Chi ride è fuori”, vi consigliamo vivamente di rimediare. Trattasi di programma che non pretende di insegnare nulla a nessuno e strappa sonore e “semplici” risate (nulla di particolarmente raffinato, per intenderci). Nell’epoca dei tele-virologi e delle menate a tutte le ore, credete a noi, è grasso che cola.

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