Lumezzane, Monachello: "Sto per tornare. Con Troise la squadra ripartirà"


Ospite dei microfoni di TMW Radio nel corso della trasmissione 'A Tutta C', Gaetano Monachello, attaccante del Lumezzane, ha fatto il punto sul suo momento personale e della squadra bresciana protagonista nel Girone A:
Gaetano, prima di tutto: come stai? L’infortunio ormai dovrebbe essere alle spalle, giusto?
"Sì, diciamo che l’infortunio è quasi alle spalle, anche se manca ancora poco. Non vorrei sbilanciarmi, ma finalmente vedo un po’ di luce: sto correndo, ho iniziato a toccare la palla, anche se ancora da solo. Purtroppo, devo dire che sono abituato, perché tre anni fa mi ero rotto il sinistro, però la voglia c’è sempre. Non vedo l’ora di tornare in campo. È davvero brutto stare fuori, chi ci è passato può capirlo".
Parliamo dell’inizio di stagione del Lumezzane: le attese erano diverse, poi il cambio in panchina ha portato due vittorie consecutive, ma nelle ultime due giornate sono arrivate altrettante sconfitte. Sei punti in otto partite e ora lo scontro diretto con la Dolomiti Bellunesi. Come vivi da dentro lo spogliatoio questa fase, pur con una posizione diversa rispetto ai compagni?
"Da fuori è anche peggio, perché la vivo in pieno. Sono sempre con i ragazzi, dal ritiro in poi, li vedo ogni giorno, faccio le riunioni con loro. Ma da fuori è dura, perché vorresti dare una mano non solo tecnicamente, ma anche solo con una parola o un urlo e dalla tribuna non puoi. Sicuramente ci aspettavamo di partire meglio, ma non è andata così. Mi è dispiaciuto molto per mister Paci, che per me è un bravo allenatore e una grande persona. Non ho avuto modo di lavorarci insieme, ma nel calcio, si sa, comandano i risultati. Ora con mister Troise ho potuto vedere da vicino una persona super preparata, che ci ha rimesso subito sulla giusta via. Avevamo bisogno di ordine e di fiducia, e i primi risultati si sono visti. Speriamo di continuare così e io spero di poter tornare presto in campo con lui".
Restando al Girone A, hai l’impressione che il Vicenza possa fare corsa a sé? In questo momento ha quattro punti di vantaggio sul Lecco e sette su Brescia e Inter Under 23.
"Sì, secondo me il Vicenza è una grandissima squadra, come ogni anno. Lo pensavo già la scorsa stagione. Noi tra compagni avevamo scherzato dicendo che il Vicenza poteva essere la favorita, e secondo me lo è davvero. Riescono a vincere anche le partite 'sporche', quelle non belle, e questo è il segno delle grandi squadre. Quando vinci pure così, vuol dire che vuoi portare a casa il campionato in ogni modo. Mi è capitato anche a Mantova: quell’anno giocavamo bene, ma certe partite le vincevamo di carattere, su due calci d’angolo. È il segno dell’annata giusta. Il Vicenza è fortissimo, anche se non dimentichiamo Lecco e Brescia. Ma lo vedo leggermente favorito".
Hai una lunga esperienza nel calcio e una carriera iniziata anche con scelte coraggiose: sei andato a giocare all’estero in un periodo in cui non era affatto comune per i giovani italiani. Ti chiedo: oggi, con il progetto delle Under 23 in Serie C, credi che stia funzionando come ci si aspettava? E rispetto alle esperienze che hai vissuto all’estero, vedi differenze nella valorizzazione dei giovani?
"Quando sono partito io erano altri tempi: non c’erano le regole sugli under e per un giovane era davvero difficile giocare. Io ero all’Inter e ho avuto la fortuna di avere un’occasione all’estero: per me, a 18 anni, è stato importante anche dal punto di vista umano e morale. Era la mia prima esperienza lontano da casa, i primi soldi guadagnati, e ho deciso di provarci perché non volevo fermarmi in C.
Poi le Under 23 hanno cambiato un po’ tutto, e per fortuna. Quel percorso mi ha ripagato, perché sono riuscito a coronare il sogno di giocare in Serie A e a tornare con un nome diverso, con più esperienza. Oggi per i giovani è diverso: grazie a queste regole possono farsi un campionato intero e giocare 30-38 partite. Però andrebbe messo un po’ più d’ordine, perché a volte si vedono tanti giovani impiegati solo per sfruttare le regole, e poi vengono 'scaricati' dopo tre o quattro anni. Per quanto riguarda le Under 23, credo sia un progetto molto interessante. Permette ai ragazzi di confrontarsi con uomini veri: gente come me, che deve portare la pagnotta a casa, che ha famiglia. Così si cresce davvero. Quando un difensore del 2006 o 2007 affronta uno del 1994, come me, si fa le ossa. E questo li prepara meglio per la B o anche per la Serie A. È giusto che un giovane giochi già a 18 anni tra i grandi: capisce subito se, come si dice, 'è carne o pesce'".
Ultima domanda, sulla novità più recente di Serie C: l’introduzione del supporto tecnologico, l'FVS. C’è chi critica i tempi lunghi delle decisioni, ma secondo te è un passo avanti per il campionato?
"Sì, assolutamente. Io sono a favore. È vero, a volte può andarti contro o farti aspettare un po’, ma porta molti aspetti positivi. Tanti campionati e tante partite si decidono su episodi: un rigore, un’espulsione. Per una squadra come la nostra, che deve salvarsi, può fare la differenza. Era giusto adeguarci anche noi, come in Serie A e in Serie B. È un aiuto importante, per noi, per gli avversari e anche per gli arbitri".
