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Che fine farà il calcio italiano? Il baratro che rischia di inghiottire Andrea Agnelli. Intanto nell'assemblea degli investitori di Exor non è mai stata detta la parola Juventus

Che fine farà il calcio italiano? Il baratro che rischia di inghiottire Andrea Agnelli. Intanto nell'assemblea degli investitori di Exor non è mai stata detta la parola JuventusTUTTO mercato WEB
© foto di Lorenzo Di Benedetto
domenica 5 dicembre 2021, 08:01Editoriale
di Andrea Losapio

C'è una parola che nell'assemblea degli investitori Exor è sembrata tabù. "Juventus". Perché se è vero che John Elkann ne ha parlato nella conferenza stampa precedente, poi i punti toccati sono stati molti altri, tra mobilità e brand, emissioni zero e tantissime altre belle cose che non necessitano di un aumento di capitale da 400 milioni di euro, dopo un altro fatto nel 2019 da 300. Il primo serviva per crescere, per acquistare nuovi giocatori, migliorare la squadra. Questo per sopravvivere.

A scriverlo è stata la stessa Juventus nel suo supplemento informativo dopo che il documento di registrazione parlava di indice di liquidità sotto il minimo stabilito, di grossi problemi futuri e di alta rilevanza (e media possibilità) che il caso plusvalenze possa inficiare la gestione. I bilanci raramente mentono, le persone lo fanno molto di più. Ed è per questo che Agnelli vuole la Superlega, per salvare il suo calcio, non tutto il calcio. Per permettersi di vivere al di sopra delle proprie possibilità, in un loop infinito, dove i nodi non arrivano mai al pettine. Invece, in un modo o nell'altro, ci arrivano.

Perché Andrea Agnelli ha provato a essere Gianni nell'estate del 2018, quando con un elicottero - mezzo usato anche dallo zio nei suoi spostamenti, forse il più riconducibile - era andato a parlare con Cristiano Ronaldo. La Juventus doveva diventare il nuovo Real Madrid, dopo averci perso per due volte consecutive, prima in finale e poi nei quarti a causa dell'iconica rovesciata del portoghese - e del cassonetto al posto del cuore dell'arbitro. Gianni prendeva Michel Platini, Roberto Baggio e Zinedine Zidane (definendolo poi più divertente che utile, bontà sua) ma aveva un'enorme differenza rispetto a suo nipote. Erano operazioni che si poteva permettere. Miliardi di vecchie lire, ma non erano 200. La finanza era più volatile, i soldi avevano un diverso valore. Invece dal 2002 in poi, con l'Euro, tutto è cambiato. 100 milioni di euro sono tantissimi per chi ne fattura 450-500, se poi si mettono i 60 dello stipendio lordo si arriva a 160: un terzo del fatturato annuo solo per CR7, una mostruosità finanziaria.

Alla fine non è nemmeno quello il problema. Perché la Juve aveva deciso di cannibalizzare la Serie A, già due anni fa quando aveva 11 giocatori nei primi 14 più pagati. Gli altri erano Lukaku, Dzeko e Donnarumma, uno per uno per Inter, Roma e Milan. Tre squadre che sono in rosso costante dalla notte dei tempi e che solamente ora si stanno dando una calmata. Come può un club essere in attivo in questa maniera? Se i salari arrivano al 90% del fatturato?

Fa francamente un po' sorridere leggere che il caso plusvalenze, per la Juventus, sia limitato al 2020 e il 2021. Perché è vero che poi va a coinvolgere altre squadre come il Napoli per Osimhen, ma ne lascia fuori altre. La Roma per esempio fra Spinazzola e Pellegrini, oppure per la questione Nainggolan, sebbene poi Zaniolo sia stata una plusvalenza azzeccata. I giallorossi chiudevano un bilancio con plusvalenze al 30 giugno - Salah e Alisson, per dirne due - per poi smontare il giocattolo e spendere ancora di più nell'esercizio successivo, per poi ricominciare da capo con le plusvalenze. Un sistema francamente ingestibile ma che è lecito e permesso. Solo il Fair Play Finanziario cerca di dare un limite, ma la realtà è che non serve a niente e, anzi, induce i club a mettere a bilancio plusvalenze fantasiose, cosmesi contabile, per poi entrare nelle Coppe. Tanto vale levarlo e permettere agli arabi del Newcastle di diventare i nuovi Chicago Bulls. Perché lo sport è così.

Poi l'Inter, la cui commistione con il Genoa è chiara: ti do Radu, me lo paghi, poi me lo riprendo ma te lo presto, poi te lo ripago qualcosa in più di quanto mi hai pagato e non lo faccio mai giocare. L'Inter che dà Vanheusden allo Standard per tanti milioni, il belga si fa male, se lo riprende due anni (e operazioni al crociato) dopo a prezzo maggiorato e lo cede al Genoa, probabilmente per fargli riprendere il ritmo. Beninteso, Zinho è un ottimo giocatore e potrebbe riprendersi, visto che è arrivato anche in Nazionale belga. Ma le situazioni convergono. La questione Bastoni - messo a bilancio per 31 milioni dall'Inter - è vecchia, ma è bene ricordare come l'Atalanta abbia speso 18 milioni per Carraro, Bettella ed Eguelfi. Tutto bene, tutto a gonfievele, ma solo chi si chiude naso, bocca e occhi può non vederlo.

Però non vale nemmeno dire che così fan tutti, perché il Milan, per dirne una, non ci è mai riuscito. Invece Genoa e Sampdoria lo han fatto per anni e ora sono in difficoltà grosse, economicamente parlando: Preziosi ha venduto, Ferrero probabilmente lo farà (o ci metterà del capitale suo...). Lotito fra Lazio e Salernitana cerca sempre di fare le cose a modo suo - Akpa Akpro è il segreto di Pulcinella, Gondo anche - spesso riuscendoci. Sulla questione Lille-Napoli ci siamo già passati.

La verità è che la Serie A è un sistema chiuso dove tutti sono amici e un favore non si nega a nessuno. Mandragora, Audero, Muratore, Bastoni, Akpa Akpro, Karnezis, la lista è infinita. Il gioco delle tre carte è dietro l'angolo: gli scambi delle figurine anche, magari per intrecciare rapporti. Commisso è discutibile per tante cose, dalla condotta alle bordate contro la stampa, ma ha ragione dicendo che la Fiorentina ha avuto dei capitali immessi per fare sì che possa crescere ulteriormente. Non butta via soldi, probabilmente vuole costruire sia centro sportivo che stadio - per avere asset oltre ai giocatori - ma è indubbio che mentre lui cerca di trovare una strada, gli altri rinegoziano debiti, comprano giocatori, pagano gli stipendi quando pare a loro.

Quindi, cosa succederà ad Andrea Agnelli? Ad aprile si parlava di dimissioni dopo il naufragio della Superlega. A settembre circolavano voci di possibile addio, sempre smentite dalla Juve e dal diretto interessato. A questo punto la domanda si potrà porre solamente dopo la fine di questo caso che sembra investirlo in pieno. Considerando anche l'aumento di capitale da 400 milioni e vedendola da un'altra angolazione, Exor ha voglia di continuare a investire in un club che fino al 2024 avrà probabilmente perdite? O meglio, economicamente è giusto mantenere al comando un dirigente che ha prima sviluppato un'azienda sana, che al 30 giugno del 2017 vedeva un utile importante, a perdere 71,4 milioni (chissà quanti se non ci fosse stato lo scambio Arthur-Pjanic) nel 2020 e 210 nel 2021?

La verità è che la Juventus può essere il Bayern Monaco. Ma quella è la sua dimensione. Non sarà il Real Madrid e non sarà il Barcellona. Economicamente non sarà lo United o il City. Ma è una grandezza da top Europa. L'Italia forse non rivedrà i fasti del Milan di Berlusconi, ma può levarsi enormi soddisfazioni, anno dopo anno. Nella rincorsa dell'immortalità, Andrea Agnelli ha fatto il passo più lungo della gamba. Cosa succederà? Il Chievo ha già pagato per tutti, con una pena poco proporzionata ma comunque gravosa rispetto agli altri. Probabile una forte multa e il patteggiamento da parte della Juventus, con gli altri club che se la caveranno con meno, come per Calciopoli.

Che cosa servirà? Magari, invece di fantasiosi fair play finanziari, qualcuno che vigili davvero.

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