Platini racconta la sua Juventus: "Tornare? No, voglio aiutare il calcio in altri modi"

Presente al Festival dello Sport organizzato a Trento, l'ex fuoriclasse della Juventus (ed ex Presidente della UEFA) Michel Platini ha parlato dall'Auditorium Santa Chiara. Queste le sue parole raccolte da TuttoMercatoWeb.com.
Perché dicono che tu sia amato anche dalle altre tifoserie, oltre a quella della Juventus?
"Non ho mai preso in giro giocatori avversari o deriso altre tifoserie. Ho sempre e solo amato questo gioco. I tifosi in Italia sono speciali: sono venuto in Italia passando dagli spettatori, che c'erano sugli spalti in Francia, ai tifosi in Italia, del tutto diverso".
Nel 2016 eri presidente della Uefa. Sei stato coinvolto in una "tangente", che in realtà era un pagamento che avevi dichiarato al Fisco. Ci dici cosa successe ora che le accuse sono tutte cadute?
"Dieci giorni fa la giustizia Svizzera mi ha detto che era tutto finito. Sono passati 10 anni. Non è una faccenda interessante di cui parlare, ma quando la gente decide di distruggere qualcuno, i giornali, i procuratori, è complicato vivere. In 10 anni ho corso il rischio che mi togliessero tutto ciò che riguarda la mia passione e lavoro, ma ho saputo difendermi e contrattaccare in contropiede (ride, n.d.r.). La Fifa mi ha pagato e poi mi ha sospeso per avermi pagato".
Hai vissuto 3 vite.
"La mia è stata una vita un po' bizzarra. Quando ho chiuso con la Juve, l'avvocato Agnelli mi chiese se volevo continuare. Vai in un altro club? No. Vuoi rimanere a lavorare con me? E io: 'Ritorno alle mie origini e poi vediamo'. Mi chiamarono a diventare allenatore della nazionale francese. Poi dopo 4 anni sono diventato Presidente del comitato di organizzazione per la Coppa del Mondo. Senza mai aspettarmelo ho fatto queste cose. Poi mi hanno chiesto se volessi diventare Presidente della FIFA, ma io dovevo organizzare la Coppa del Mondo. Per me è sempre stato il destino a guidarmi".
La maglia più bella che hai indossato?
"La più bella è quella della Juventus. Poi lì ti diverti, in un Paese come l'Italia...".
Chi te l'ha fatto fare di andare alla Uefa?
"Quando sono stato consigliere di Blatter ho capito che per avere del peso bisognava essere eletti, legittimamente. Mi sono presentato contro Johansson che non era stato corretto, visto che aveva detto che si sarebbe ritirato".
Una persona speciale?
"Il primo che mi viene in mente è l'allentore del Nantes, aveva cuore e passione per il gioco. Mi ha permesso di arrivare a diventare uomo".
L'italiano quando lo hai imparato?
"Il mio contratto era in inglese. Non sapevo niente dell'Italia. Sapevo alcune cose sul Lago Maggiore dove facevo le ferie, poi Cesenatico. Non parlavo italiano, avevo i ricordi delle coppe vinte dal Milan e dall'Inter in Coppa dei Campioni, l'Italia ai Mondiali del Messico. E la pastasciutta (ride, n.d.r.). Meglio la cucina italiana o francese? Sono differenti (ride, n.d.r.)".
Cosa c'è di italiano in te?
"Brera disse che faceva l'italiano in Francia e il francese in Italia. Sono totalmente d'accordo con lui".
Cosa ti piace dell'Italia?
"A parte le ferie che facevo qui, dico i gol che ho fatto qui. Mi è piaciuto Dino Zoff, cui ho fatto 2 gol in amichevole prima del Mondiale! Scherzi a parte: l'anno scorso sono andato sulla costa Amalfitana, non la conoscevo. Quest'anno a Venezia. Voglio scoprire il Paese dei miei antenati. Voglio andare a Padova a vedere la chiesa di Sant'Antonio".
Cosa non sopporti degli italiani?
"I giornalisti".
Sulla Juventus: ci parli dell'Avvocato Agnelli?
"Non lo conoscevo prima che mi volesse. Ero libero in Francia, avevo contatti in Inghilterra e Germania, mi ha voluto la Juventus e ho firmato. Boniperti mi disse: 'Vuoi parlare con l'avvocato?'. Io non capivo: 'Ma a quale avvocato si riferisce?'. E lui: "L'Avvocato!'. E poi: 'Dobbiamo vincere la Coppa dei Campioni'. E io: 'Ok, ci penso io'".
Ci racconti di quando gli hai regalato il Pallone d'Oro?
"Per i suoi 70 anni organizzò una festa a Parigi. Gli diedi come regalo il mio primo Pallone d'Oro. Non se lo aspettava. Mi chiese se era tutto d'oro e io: 'Se fosse stato tutto d'oro non glielo avrei regalato Avvocato!'".
Disse che ti avevano comprato come un pezzo di pane e che tu ci hai messo sopra il fuagrà. Ti è piaciuta?
"Sono costato poco perché ero svincolato, erano cambiate le cose con la Legge Bosman".
Su Boniperti: si dice che vi chiudeva in stanza per farvi firmare il contratto. Ha fatto così con te?
"No, perché gli dicevo che avevo parlato con l'Avvocato (ride, n.d.r.)".
Platini doveva andare all'Inter ma non si fece per un incontro saltato all'ultimo?
"Una leggenda. Avevo firmato con l'Inter due anni prima, ma le frontiere sono rimaste chiuse perché gli stranieri non potevano arrivare in Italia. Sono andato al Saint Etienne. Poi quando mi sono liberato è arrivata la Juventus e sono andato lì".
Su Boniek?
"Dissi alla dirigenza: se siete andati a prendere Platini e Boniek, dovete lasciarli giocare come sanno. In un certo periodo avevo la pubalgia. Mi sono curato e poi per tre anni abbiamo vinto. Ci siamo conosciuti nel Mondiale del '78. Siamo uniti da 40 anni anche se è un bastardo (ride, n.d.r.). Quanti gol gli ho fatto fare? Io ricordo il contrario, sono stato capocannoniere solo quando c'era lui. Infatti poi è andato a Roma e Pruzzo è stato capocannoniere".
La vittoria dell'Europeo con la Francia?
"La Francia non aveva mai vinto un trofeo. Siamo stati i primi vincendo l'Europeo, prima non si vinceva niente. Boniperti diceva: "La Francia? Ma dai, quando ci serve morale organizziamo le amichevoli contro la Francia".
Quel centrocampo lì oggi cosa avrebbe fatto?
"Sarebbe somigliato al Barcellona di Xavi e Iniesta. Io, Tardelli e Paolo Rossi abbiamo un po' cambiato la Juventus, non era il modo in cui giocava con Boniperti".
Eri il numero al Mondo nel '94?
"Sì":
Da quando a quando sei stato il numero 1?
"Da quando sono nato (ride, n.d.r.). Le classifiche sono balle per i giornalisti. Non puoi paragonare gente come Messi, Ronaldo, Maradona e Pelé. Sono tutti differenti, lasciate perdere queste cose".
Trapattoni passava come difensivista. Ma c'erano tanti giocatori offensivi. Lo era, difensivista?
"Aveva una filosofia 'Bonipertiana'. Io mi lamentavo? Per forza, ogni volta giocavamo bene, poi segnavamo e quindi si andava tutti dietro. Ma va bene, si vince in tanti modi. Bettega, Rossi, Tardelli e me potevamo giocare benissimo alla francese. Io tornavo in difesa, comunque".
Il ricordo più bello di quella Juve?
"La Juve stessa. Parliamo di 5 anni alla Juve e in Italia. Aver vissuto questa avventura è stato bellissimo".
Il gol più belo della tua carriera è stato annullato a Tokyo?
"Che vuoi che ti dica? Il fotografo è stato bravo a fare quella foto in cui sono disteso. Quando c'è una ingiustizia che puoi fare? Dare un pugno all'arbitro?".
L'arbitro Folker Roth te lo ricordi? Cosa è successo quando lo hai incontrato alla Uefa come capo degli arbitri?
"Che ho aspettato finisse il suo contratto (ride, n.d.r.). Ma non l'ho fatto fuori io, ci mancherebbe: se uno dovesse ricordarsi tutte le ingiustizie degli arbitri... Ogni partita ci sono ingiustizie, prima per uno e poi per l'altro".
A 32 anni hai detto basta con il calcio: perché?
"Avevo vissuto un anno difficile per un problema al piede, ho preso pastiglie per un anno per camminare normalmente. Poi dopo l'Heysel è stato un momentaccio complicato. Ho fatto gol io, è stato triste. Ero usurato. Poi ho visto che cominciavo a segnare meno gol e così non mi piaceva. Potevo magari giocare diversamente, alla Pirlo, ma non mi piaceva".
Avevi la 10, che è stata indossata da giocatori di ruoli diversi, dai centrocampisti ai bomber.
"Io ero centrocampista, poi ogni tanto andavo avanti. Avevo il fiuto del gol".
Un ricordo su Maradona?
"Fantastico, un grandissimo giocatore, molto più individualista di me, poteva fare tutto da solo, era un genio con il pallone. Poteva palleggiare con un'arancia, io non sapevo farlo".
Zico?
"Era mio amico, era fantastico. Non voglio essere cattivo, ma non so se l'Udinese fosse il club per lui, anche se l'Udinese è un bel club. Segnava quasi come me? Me lo dicono sempre, ma io a Torino facevo un lavoro enorme (ride, n.d.r.)".
Pelé e Rummenigge?
"Un vero amico, abbiamo legato da dirigente. Rummenigge era un bulldozer".
Zavarov andò in difficoltà dopo che te ne eri andato tu e doveva sostituirti. Lo hai chiamato?
"No, ma dopo lo feci venire al Nancy. La Juve ha vissuto anni di difficoltà per poi tornare a vincere".
Baggio?
"Mi ha rotto le scatole quando è andato alla Fiorentina".
Del Piero dopo Platini è il simbolo della Juventus?
"Lui è stato un grande giocatore, una immagine della Juventus".
Dybala ti adora.
"Lo ringrazio molto, me lo hanno detto".
Pogba ha avuto la 10.
"Una bella tecnica, ma è un centrocampista, non un 10".
Su Yildiz?
"Nessuno mette il numero 10 al centro, ma sulle fasce. Dovete chiedere agli allenatori il perché, non a me".
Hai dato più tu alla Juve o la Juve a te?
"La Juve a me".
Sul VAR?
"Se fossi stato presidente io, non ci sarebbe mai stato il VAR. Il calcio è umano. Il problema del VAR è che si spostano le polemiche. Se c'è un calcio d'angolo e poi si fa gol, non si va a vedere se il calcio d'angolo c'era. Tutto sbagliato, lascerei il VAR solo sulle linee, sul fuorigioco. Il resto è interpretazione
Berlusconi?
"Mi chiese di andare al Milan, ma gli dissi che io stavo bene con l'Avvocato Agnelli".
Ritorneresti alla Juventus da dirigente?
"Vi voglio bene, ma è più complicato. Se devo fare qualcosa, lo devo fare per il bene del calcio in generale, non per un club o una istituzione. Ho già dato, ho già idee per il calcio in generale".
