Bologna, Fenucci: "Tutto è partito con Mihajlovic. Vediamo ogni giorno il suo sorriso"
Claudio Fenucci, amministratore delegato del Bologna, è tra i protagonisti del Social Football Summit, in corso di svolgimento oggi e domani a Torino, in un momento che per il club rossoblù “è di grandissima emozione collettiva, la stiamo vivendo in città e questo porta a sognare traguardi che nella realtà sono difficilmente raggiungibili. Ci fa piacere si sia creato questo fuoco di passione, che sia stata riscoperta negli ultimi anni. Bologna è una città che ha sempre vissuto di calcio, negli ultimi 2-3 anni siamo riusciti a risvegliare questa emozione collettiva che ci porta a vedere nuovi traguardi. Come dico sempre il primo traguardo è la prossima partita”.
L’anno scorso il Bologna è tornato a vincere un titolo: “Parliamo di partite, di prestazioni, ma la realtà è che è un gioco che unisce le persone - ha detto Fenucci -. Il fatto di aver vinto la Coppa Italia ha portato 3 generazioni di tifosi insieme, tutti insieme a gioire per un trofeo a Roma dove il Bologna ha vinto i suoi due trofei”.
Tutto è partito, ricorda l’ad, con Sinisa Mihajlovic, il cui ricordo vive tuttora nel mondo rossoblù: “Tutte le organizzazioni sportive si sviluppano sui cicli. Il nostro è iniziato in piccolo con la promozione dalla B nel 2014. Eravamo considerati in una situazione complessa dal punto di vista economico, avevamo 4 giocatori tesserati. Il punto di svolta, il ciclo è iniziato con Sinisa, poi con Thiago Motta e Vincenzo Italiano che ha esaltato questo percorso. Con Sinisa è iniziata questa particolarità: far sentire più di un’organizzazione sportiva che compete. Noi siamo una famiglia sportiva. Quel sentimento di rispetto e unione è nato proprio con Sinisa che era diventato un amico, ha vissuto con noi ed è ancora con noi. Abbiamo le foto a Casteldebole e vediamo ogni giorno il suo sorriso”.
Italiano, appunto, ha portato avanti il progetto: “Ho sempre avuto una tendenza ad avere allenatori che proponessero gioco, sono stato l’unico penso ad assumere tre volte Zeman. Vincenzo arrivava in un momento non facile: aveva fatto bene a Firenze e aveva gestito bene la Fiorentina con più competizioni ed era quello che ci serviva. Aveva un modello diverso da Thiago ma sempre propositivo, noi volevamo portare un calcio divertente perché la piazza lo apprezza. La bravura di Italiano è stata convincere un gruppo che si era affermato a sposare le sue idee di gioco e lo ha fatto dopo due mesi complicati poi la squadra ha assimilato i concetti. Giochiamo un calcio che è di livello europeo e dovrebbe essere di stimolo anche alle altre squadre”.
Tra i temi di attualità affrontati da Fenucci, anche l’ipotesi di portare la Serie A all’estero, in particolare in Australia con Milan-Como: “Il tema è complesso. Il mondo che ci circonda si sta trasformando, il calcio italiano fa fatica a vendere i propri diritti. Non abbiamo più i grandi campioni, a livello internazionale si fa fatica a vendere. Quello che sta tornando nel mondo è l’attenzione all’evento e la Serie A in Australia è un evento. Se lo guardiamo sotto l’idea della promozione è una cosa fare. Poi capisco allenatori e giocatori che possano avere delle difficoltà. Ma stiamo promuovendo un evento, come fa la NFL”.
Dietro ai successi del Bologna in campo, ovviamente, c’è una struttura dirigenziale di un certo tipo: “Se uno guarda ai risultati viene fuori che gli ultimi anni sono stati gestiti bene. Il nostro calcio è un calcio che collega i risultati ai ricavi, partecipare alle coppe europee aumenta i ricavi e crea un plusvalore dei giocatori. Il clima interno non è diverso: siamo una società dove al centro ci sono le persone. Saputo è un imprenditore e dice: il focus è sulle persone e su questo è sempre molto attento, al legame e alle relazioni interne. C’è una società strutturata, io Di Vaio, Sartori, 19 scout, vediamo più di 1400 partite. Abbiamo una piattaforma con tutti i provider di dati ci convergono ed è utilizzata dal settore tecnico, più il lavoro dei 19 scout, abbiamo dei processi interni per la valutazione dei giocatori”.
Nel suo intervento, Fenucci si è soffermato anche sull’applicazione degli algoritmi e del metodo moneyball applicato al calcio: “Ci sono tre pilastri: i dati che più o meno abbiamo tutti, la differenza la fa la creazione di dati e algoritimi proprietari. Molti stanno studiando, i grandi club hanno ingegneri e laureati in informatica. Poi c’è l’analisi scout televisiva e secondo la filosofia che ci ha guidato alla fine i calciatori vanno visti dal vivo ed è la filosofia di Sartori e abbiamo 1400 partite viste live. C’è anche la conoscenza personale del giocatore. Vederlo dal vivo è importante, per diversi elementi. Tutto il sistema va integrato, al Bologna la bilancia pende ancora dalla visione live. L’idea è vendere 1-2 giocatori per poi re-impiegare le risorse, quello che abbiamo incassato lo abbiamo reinvestito. Ci sarebbe piaciuto farlo con dei ragazzi formati in casa, che è un po’ il segreto dell’Atalanta. Grazie ad un modello di gioco e all’organizzazione in campo abbiamo avuto continuità in campo, ma il segreto è pensare alla prossima partita, a Udine”.
Il Bologna lavora da tempo per il rifacimento del Dall’Ara, per Fenucci quello degli stadi è “un tema che riguarda il calcio italiano. Oggi sta tornando la partecipazione delle persone agli eventi live, su questo tema il problema delle strutture è prioritario. Stiamo tentando di investire in questo settore, in Italia facciamo fatica perché in molti contesti è difficile investire per i club senza l’intervento del pubblico. Bisogna trovare diversi modelli di sviluppo e la combinazione di privato e pubblico”.
Tornando al campo, durante la sosta la fanno spesso da padrona gli infortuni: “Non solo Cambiaghi, si è fatto male anche Holm. Un tema importante, uno dei macrotemi del calcio. Il calendario è un tema rilevante, oggi non solo le convocazioni ma anche i viaggi sono un problema che favorisce gli infortuni. Non so se ci siano delle soluzioni, è veramente complesso. Le nazionali sono motori incredibili della passione. Il primo aspetto è capire se si possono ridurre le finestre delle nazional e viaggiare meno e poi c’è un tema economico. Un ribilanciamento dei costi tra nazional e club andrebbe studiato”.
Spazio anche ai uno dei capitani della squadra, Lorenzo De Silvestri: “Vuole fare il calciatore e ci tornerà utile con l’infortunio di Holm. È uno dei ragazzi che meglio interpreta la filosofia del club, la partecipazione, la comunità di lavori. Ci aiuta a trasferire ai ragazzi nuovi questo tipo di sensazioni”.
Una battuta pure sul mercato di gennaio alle porte: “È presto per dirlo. La rosa è abbastanza lunga ma non tanto quanto servirebbe. Avevamo visto crescere il trend degli infortuni e quindi serviva una rosa più ampia. Non so se sarà necessario fare qualcosa a gennaio, la squadra è competitiva e non prevediamo nessun intervento”.
Chiusura dedicata all’ipotesi di uno stage a febbraio per la Nazionale: “Sarà difficile trovare un punto d’incontro, il calendario è intasato seppur per una giusta motivazione. Ci vuole una discussione aperta tra i vari stakeholder per capire come dare spazio nei calendari”.













