Cellino: “Brescia malvagia. Se avessi saputo della nascita il 17 non avrei comprato il club"

Dopo un lungo silenzio è tornato a parlare Massimo Cellino, imprenditore sardo protagonista della scompara del calcio a Brescia prima del trasferimento al 'Rigamonti' della Feralpisalò di Giuseppe Pasini e la nascita dell'Union Brescia. Ecco uno stralcio delle sue parole, iniziando proprio dalle Rondinelle:
"Non era amore per il Brescia, prenderlo è stato il mio errore più grande. Io l'ho preso nel 2017 perché sono stato allettato all'inizio. Ero convinto - spiega - ci fosse una società molto più organizzata: arrivato dall'Inghilterra, pensavo che in Italia avrei speso un giorno al mese rispetto al Leeds. Invece mi sono reso conto che c'erano molti più debiti di quelli che mi avevano dichiarato: c'erano 12 milioni di debiti Iva e me li hanno chiesti il giorno dopo che sono arrivato. Sono riuscito a salire in Serie A, poi è arrivato il Covid: c'è stata tanta cattiveria, tanta malvagità, non riesco a capirlo. Il posto è malvagio. C'è il maligno là dentro e il compleanno del Brescia è il 17 luglio: se l'avessi saputo, non l'avrei mai comprato".
Sulla retrocessione dalla Serie B, poi, spiega: "Sono vittima di una serie di circostanze negative con una Sampdoria che non deve retrocedere perché ha 200 milioni di debiti e garanzie con delle banche e con la Federazione che l'ha iscritta impropriamente l'anno precedente. La mia è disgrazia, è stata la coda del diavolo. Un commercialista bresciano mi aveva venduto i titoli con la quietanza dell'Ufficio delle Entrate, con la supervisione federale della Covisoc: un giorno prima dell'iscrizione (erano due settimane, in realtà, ndr) mi dicono che è tutto falso e che devo tirare fuori 8 milioni in 24 ore per iscrivermi in Serie C. Non ce li avevo: se l'avessi saputo li avrei procurati, ma è quello che volevano loro. E se avessi avuto tre punti in più non sarei comunque retrocesso anche con la penalizzazione".
