Alessio De Petrillo sul Football Video Support : "Fondamentale per far fare un passo avanti alla Serie C"


Il tecnico Alessio De Petrillo, ex fra le altre di Monza, Alessandria e Prato oltre che vice allenatore della Polonia nel 2022, ha parlato nel corso della trasmissione A Tutta C in onda su TMW Radio di varie tematiche relative alla nostra terza serie a partire dall’introduzione del Football Video Support (FVS) noto anche come ‘VAR a chiamata’.
Partiamo dall'argomento di attualità: l'arrivo del VAR (o FVS) in Serie C. Cosa ne pensa di questo primo esperimento dopo sette giornate? E come vive la gestione dei "challenge" in panchina, che a volte scalda gli animi?
“Sì, ho visto anch'io in tutte le partite che ho osservato che c'è sempre un po' di tensione. Il casottino del video è in mezzo alle due panchine e vedo che c'è poca disciplina nello stare lontani. Il direttore di gara cerca sempre di allontanare tutti prima di recarsi al video, probabilmente c'è una regola imposta che è poco rispettata e questo crea malumori. Andrebbe spiegato meglio; ho visto una partita, se non sbaglio a Pescara, dove è stata richiesta la "revisione della revisione", che non credo sia possibile, e dove è stato perso un po' di tempo. Tuttavia, credo sia un buon supporto che crea quantomeno una maggiore regolarità. Magari va strutturato in maniera migliore, ma è un passo avanti”.
Lei è d'accordo sul fatto che questo aggiornamento tecnologico era necessario per non far sentire la Serie C uno "sport diverso" rispetto ai campionati maggiori, e per qualificare più velocemente anche gli arbitri?
“Sono completamente d'accordo. Era fondamentale fare un passo in avanti nella terza serie. Io, per esempio, dopo più di tre anni all'estero ad affrontare Coppe Europee e poi il Mondiale – il massimo livello – quando tornavo qua a vedere le partite di Serie C, mi trovavo un po' sbalestrato dal fatto che non ci fosse un richiamo o una revisione di qualche situazione. Quindi credo che tu abbia perfettamente ragione, è uno step da fare, da approfondire e probabilmente da implementare ulteriormente quando ci saranno le risorse per poterlo rendere effettivo a tutti gli effetti, come in Serie B e A”.
Dopo sette giornate, quali allenatori l'hanno colpita di più, soprattutto tra le nuove leve, per il gioco espresso dalle loro squadre?
“Ho visto diverse partite, soprattutto del girone B. Credo si possano citare Mattei (sicuramente un esperto, non una giovane leva) e l'allenatore della Rimini, che sta facendo un buon lavoro, anche se la squadra ha investito e non è una sorpresa che stia lassù. Anche l'allenatore dell'Ascoli, Carlo Tomei, che a Picerno ha fatto bene, mi sembra abbia idee chiare. La sua squadra ha ancora zero gol subiti in classifica dopo sette giornate, è un grandissimo risultato. Loro due hanno sicuramente squadre di valore. Nel girone, al di là di Perugia, Torres e Pescara, il resto dei valori sono abbastanza rispettati, ma si vede la mano di questi allenatori”.
Uno degli anticipi di stasera è Rimini-Arezzo, testa e coda del girone B. Come può il Rimini, dopo un'estate difficile, fermare l'Arezzo, considerata una delle favorite?
“È complicato. Il Rimini ha avuto una situazione, da fuori, un po' paradossale. L'Arezzo è una delle candidate più importanti; è una squadra che la fermi male. Se la prendi alta, ha la possibilità di attaccare la profondità con giocatori importanti; se l'aspetti bassa, ha gente come Pazzini (o giocatori di quel tipo) che ti può far male intorno all'area. È un organico talmente completo che fai fatica ad aggirarla. Ha avuto una battuta d'arresto con il Gubbio in casa, che ha poi strascinato nel primo tempo successivo con la Pianese, ma nel secondo tempo ha mostrato tutta la sua forza”.
Sempre parlando del Rimini, come fa un allenatore a tenere le redini di un gruppo che arriva da un'estate così tumultuosa, piena di problemi societari e con l'uscita di molti giocatori, nonostante sia la campione in carica della Coppa Italia di Serie C?
“Sicuramente è complicato. Molto spesso, però, in queste situazioni il gruppo si cementa, tira fuori risorse e si compatta per far fronte a una difficoltà estrema. È chiaro che questo può funzionare nel breve periodo – sei mesi, una stagione – ma nel lungo periodo diventa un grosso problema. Perché è sempre la società che fa la differenza, non l'allenatore. La società ti dà la forza e gli strumenti per far bene; quando c'è una totale assenza, si può resistere, ma solo per un tempo limitato”.
Prima di salutarci, che cosa si porta a casa dalla sua importante esperienza all'estero, come vice della Polonia? Cosa ha imparato e cosa riproporrà nella sua prossima panchina?
“Sicuramente tanta consapevolezza. È stato bello avere a che fare con top player e capire le loro psicologie; gestire un Lewandowski o giocatori di quella caratura ha delle sfaccettature estremamente interessanti. Non è stata solo un'esperienza di calcio, è stata un'intensa esperienza di vita che credo mi abbia arricchito sia umanamente che professionalmente”.
