Capello e l’investitura a Chivu: e se l’Inter avesse trovato un grande allenatore?

A sorpresa, dopo un 4-0 all’Union Saint-Gilloise, bello ma non certo un’impresa che resterà nella storia dell’Inter, arriva l’investitura che non ti aspetti. Fabio Capello la regala, in diretta Tv, a Cristian Chivu: “Ho l’impressione che tu stia facendo la stessa strada che ho percorso io quando sono arrivato al Milan. Dicevano che il Milan era cotto, io non ho fatto altro che entrare nella testa dei giocatori. Come stai facendo tu”. Parole non proprio banali, anche al netto dello storico rapporto tra i due: fu proprio Don Fabio, ai tempi della Roma, a volere a tutti i costi Chivu, all’epoca giovane difensore dell’Ajax, in Serie A.
Le analogie ci sono. Capello, nel 1991, finì sulla panchina del Milan per volere di Silvio Berlusconi, ma senza grande considerazione da parte di stampa e tifosi. I rossoneri venivano dalla rivoluzione di Sacchi, folgorante ma anche capace di prosciugare le energie dei giocatori, e l’impressione era che la scelta non fosse quella giusta: il tecnico di Pieris non aveva alcuna esperienza alla guida di una prima squadra, e veniva percepito dall’ambiente come uno yesman, un signorsì. A trent’anni di distanza, fa quasi ridere. Non era una prima scelta, almeno nel sentito popolare, esattamente come non lo era Chivu. Ad accomunarli, anche il percorso nelle giovanili, spesso molto sottovalutato quando si parla di gavetta: dal 1981 al 1986, Capello aveva guidato la formazione Berretti e poi la Primavera del Milan. Un po’ come l’ex difensore, che per sei anni si è forgiato nel vivaio nerazzurro, prima di esordire in Serie A sulla panchina del Parma: tredici partite che, tra l’addio di Simone Inzaghi e il no del Como per Cesc Fabregas, gli hanno aperto le porte dell’Inter dei grandi.
E se l’Inter avesse trovato un grande allenatore? Un po’ troppo dopo una vittoria su un campo non irresistibile, per carità. Però non possiamo certo chiedere a Capello di riavvolgere il nastro e aspettare che l’Inter batta il Napoli - se accadrà - per esternare la sua considerazione. Una specie di investitura, che nasce dalla gestione del gruppo: il grande segreto nella carriera di Don Fabio, più che le alchimie tattiche. E anche il primo e fin qui principale biglietto da visita di Chivu all’Inter: pronti via, ha dovuto gestire la crisi dei missili di Charlotte. Querelle chiusa con una riunione di spogliatoio, come si faceva ai vecchi tempi, e poi con l’abbraccio social fra Lautaro e Calhanoglu, come si fa al giorno d’oggi. Quanto al campo, per ora, Chivu ha tutto da dimostrare, ma ha avuto l’intelligenza di non costringere al reset l’Inter che in qualche modo è ancora di Inzaghi, di non smontare automatismi costruiti negli anni, e pure di lanciare qualche bel giovanotto - Pio Esposito su tutti - che con il suo predecessore forse sarebbe partito nuovamente in prestito. Quanto a Capello, un dato è certo: ha vinto più di Sacchi. Se Chivu, che è arrivato in nerazzurro quando tutti (Marotta e Ausilio per primi) immaginavano altro, riuscirà a far meglio di Simone, lo dirà solo il tempo.
