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Venezia, un miracolo solo sfiorato e tanti rimpianti: era difficile chiedere di più

Venezia, un miracolo solo sfiorato e tanti rimpianti: era difficile chiedere di piùTUTTO mercato WEB
© foto di www.imagephotoagency.it
domenica 25 maggio 2025, 23:08Serie A
di Redazione TMW
fonte a cura di Daniele Najjar

Che ricordo avranno i tifosi del Venezia della loro squadra del cuore vista nel 2024/25? Quello di una squadra che con tanto orgoglio e le idee dell'allenatore Eusebio Di Francesco è riuscita ad andare oltre a tante difficoltà oggettive, retrocedendo sì, ma solamente all'ultima giornata. Ai nastri di partenza, gli arancioneroverdi partivano consapevoli che servisse un miracolo vero e proprio, non tanto per salvarsi, ma per arrivare almeno a lottare fino all'ultimo per farcela, a restare nella categoria. Questa consapevolezza nasceva dal budget ridotto per rinforzarsi e dalla necessità di colmare il gap con le altre soprattutto con il lavoro.

L'inesperienza costa cara
La prima: la scelta - legata probabilmente anche all'impossibilità di investire somme ingenti sul mercato da parte della proprietà - di puntare fortemente sul blocco che ha conquistato la storica promozione, non ha pagato, salvo qualche eccezione. Al di là del valore oggettivo dei giocatori, c'è da dire che oggettivamente tanti persi sono stati lasciati per strada per una palese mancanza d'esperienza nella categoria di molti elementi del gruppo, alcuni dei quali si sono trovati di fronte a qualcosa di più grande di loro, probabilmente, con ogni errore che poi è costato carissimo. Anche per una certa dose di sfortuna in diverse partite, si veda una partita divenuta simbolo di questa stagione arancioneroverde: Venezia-Lecce, giocata all'assalto e con tante occasioni create, persa 0-1.

Il mercato: mancano i gol
La difesa ha avuto delle falle nella prima fase del campionato, in mediana è mancata qualità ed i tanti stop di Duncan sono pesati, davanti giocatori con più gol. Un po' di tutto, insomma. Il mercato estivo ha portato in dote le parate di Filip Stankovic, che ha rimediato all'impatto disastroso di Joronen in porta, poi le geometrie di Nicolussi Caviglia, che però vicino ha pagato l'assenza prolungata di Duncan, infine le sgasate di Oristanio, rivelazione nella prima parte di stagione, poi calato vistosamente alla distanza. Schingtienne è venuto fuori alla lunga, Sagrado assente, Yeboah si è scosso nel finale.

A gennaio con un mercato creativo, per dirla alla Marotta, ma non è bastato. La dirigenza è stata abile a rimediare in difesa e attacco con inserimenti azzeccati quali Radu (a sostituire l'infortunato Stankovic), Candé, Kike Perez e Zerbin su tutti, nonostante il budget limitato. Teniamo per ultimo il discorso legato ai gol ed all'attacco: Pohjanpalo ha faticato non poco, ma aveva portato comunque in dote 6 reti. La sua discussa partenza verso Palermo è stata rimpiazzata con un giovane di belle speranze, ma chiaramente acerbo, come Fila, più l'arrivo di Maric, di certo non ciò che serviva insomma. La piazza avrebbe anche capito una cessione del proprio simbolo, se fosse stata rimpiazzata dai vari Shomurodov o Yaremchuk. Trattative saltate, con la ciliegina sulla torta dell'illusione Ben Yedder, approcciato e poi lasciato andare per una forma non ottimale.

Di Francesco sfiora il miracolo: di più era impossibile
L'obiettivo era la salvezza, ma date le circostanze un po' tutti si sono resi conto che fosse davvero ingeneroso chiedere più di ciò che si è visto al tecnico Eusebio Di Francesco. Anzi: le difficoltà in certe partite ad arrivare ad 11 giocatori di ruolo, fra casi di mercato ed infortuni vari, hanno fatto pensare ad una squadra che avesse ormai il destino segnato. Invece no: il tecnico ha saputo compattare come non mai il gruppo, che è diventato esattamente ciò che chiedeva ad inizio anno il General Manager Antonelli, ovvero una squadra scomoda. Che molto spesso ha raccolto meno di quanto avrebbe meritato in campo. E che alla fine deve accettare una retrocessione che fa male, proprio perché la gente ha capito che sì, i miracoli forse esistono e ci si poteva credere.

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