Chivu, i primi dubbi della società e la rivoluzione mancata nonostante i quasi 90 milioni spesi. Tutto sulla crisi dell'Inter che rischia di perdere un anno: meglio buttar subito dentro i giovani

Bisogna tornare alla gestione Gasperini per trovare un'Inter partita peggio di questa. C'era Massimo Moratti come presidente, Gasp che non era certo quello di oggi non durò più di tre partite di campionato (cinque in tutto). Già ad agosto era chiaro a tutti che presto o (poco) tardi sarebbe saltato l'allenatore, lo era soprattutto a uno spogliatoio composto da giocatori di grande personalità e con la pancia piena che dopo il triplete avevano sempre e comunque l'appoggio del presidente. Moratti non andò oltre il 21 settembre per dargli il benservito, annunciò la risoluzione all'indomani della sconfitta di Novara.
Oggi siamo al 16 settembre, Chivu durerà di più perché quella era un'altra gestione. Un'altra presidenza. Ma intanto già domenica, all'indomani della sconfitta nel derby d'Italia, tutto il quadro dirigenziale al gran completo s'è presentato ad Appiano Gentile per confrontarsi con l'allenatore. Per ribadirgli certo che al momento non manca la fiducia, ma soprattutto per analizzare cosa non va in una squadra che alla fine contro la Juventus era quella di un anno fa. Che ha sfiorato tutte le Coppe e raggiunto la finale di Champions salvo poi perderla fragorosamente.
Dopo la disfatta contro il PSG non si può certo dire che la società nerazzurra non abbia speso. Tutt'altro. Ha portato avanti una campagna acquisti da quasi 90 milioni di euro tra Sucic (già prenotato a gennaio), Luis Henrique, Bonny, Diouf e infine Akanji, l'unica novità di sabato e anche l'unico prestito. Un calciatore che dovrà obbligatoriamente esser riscattato dal Manchester City solo se giocherà almeno il 50% delle partite e se l'Inter vincerà lo Scudetto. Ad oggi, la seconda condizione sembra già piuttosto complicata.
Ma cosa sta succedendo ai nerazzurri? Questione di cicli più che di rosa perché poi nomi alla mano la squadra sembra migliore rispetto a quella della scorsa stagione. Con Akanji al posto di Pavard e con l'aggiunta dei calciatori sopracitati a quelli che già c'erano. Nessuna cessione illustre, nessuno doloroso addio a parametro zero. Però un altro allenatore, quello sì. Un quasi esordiente scelto per sostituire chi negli ultimi quattro anni ha provato a scrivere la storia ma sul più bello s'è fermato alla cronaca. Un allenatore che ha comunque guidato i nerazzurri alla conquista dello Scudetto della seconda stella.
Chivu però s'è insediato dopo una finale persa malissimo e giusto in tempo per preparare un Mondiale per Club concluso tra polemiche e accuse. Ha vissuto un'estate complicata, ha subito gli acquisti e non è riuscito a portare con sé quel Leoni attorno a cui avrebbe voluto ricostruire la difesa. Ad agosto aveva chiesto Lookman e poi Koné: se l'Inter li avesse presi entrambi, si sarebbe ritrovato coi giocatori perfetti per varare il suo progetto tattico e passare al 3-4-2-1. Non è stato acquistato né l'uno nell'altro, è arrivato Andy Diouf: il ragazzo si farà, ma per ora ha spalle strette.
La confusione che s'è vista in campo nelle ultime due partite è probabilmente figlia di tutto questo, di un progetto che oggi è un ibrido tra ciò che è stato e ciò che vorrebbe essere. Affidato a Chivu per necessità più che per virtù perché Inzaghi dopo la finale di Monaco di Baviera ha ceduto al sapore dei petroldollari e perché Fabregas (e non solo lui) ha rifiutato la panchina nerazzurra. Una scelta rischiosa più che affascinante che proprio per questo motivo, una volta definita, doveva essere spalleggiata fino in fondo.
E invece non è andata così e i risultati si vedono: l'Inter oggi è una squadra fortissima ma confusa, che vuole andare oltre gli ultimi quattro anni ma s'affida ai meccanismi inzaghiani per sbarcare il lunario. Una situazione complicata per Chivu che a questo punto ha un solo modo per imporre il suo marchio: forzare il cambiamento e affidarsi per davvero ai Sucic e ai Pio Esposito. A quel punto, mal che vada, sarà comunque stato un anno di transizione utile per far crescere ragazzi che rappresentano il futuro dell'Inter. Se invece andrà bene avrà fatto bingo e trovato la sua squadra.
