Terlizzi: "Per vincere in Serie C non serve il blasone. Ma il lavoro. Sempre"


Ospite dei microfoni di TMW Radio all'interno della trasmissione 'A Tutta C', Christian Terlizzi, ex calciatore con oltre 300 presenze nei campionati professionistici e oggi tecnico con esperienze nelle giovanili di Lazio e Roma, ha analizzato i temi d'attualità della terza serie del calcio italiano:
Mister parliamo del Girone C. È sempre considerato il più complicato, no?
"Sì, diciamo che è più competitivo. È sempre stato un po’ così: magari meno tecnico, ma più agonistico, con squadre più blasonate. Sono piazze che hanno affrontato difficoltà, fallimenti, rinascite e aspettano l’occasione per salire".
E se andiamo nello specifico delle piazze siciliane, Catania e Trapani?
"Conosciamo bene entrambe. Catania, rispetto al Trapani, è ancora più ambiziosa: ha tanti anni di Serie A alle spalle e vuole risalire subito, perché la piazza lo chiede. Trapani può permettersi un po’ più di pazienza, avendo alle spalle tanti anni di Serie B. L’anno scorso entrambe hanno vissuto una stagione difficile, per motivi diversi. Catania ha confermato l’allenatore, e questo è importante. Trapani ne ha cambiati 3-4, segno di instabilità. Senza stabilità, in piazze già difficili, si crea confusione".
Domenico Toscano ha detto che il centrocampo è scoperto e in attacco restano vigili. Che ne pensa?
"È un messaggio chiaro: la squadra è ancora da completare. Le ambizioni ci sono, ma ci sono state partenze importanti come quella di Inglese. Toscano è un allenatore che lavora sul gruppo: l’ho avuto per tre anni e so che sa trovare la chiave giusta. A volte non basta fare un mercato di nomi: serve creare un gruppo unito, perché i campionati non si vincono solo con i nomi".
In Serie C, però, trovare certi profili è difficile…
"Esatto. Un attaccante forte finisce quasi sempre in Serie B, per stipendi e budget diversi. Bisogna fare un mix tra giovani e giocatori esperti. Io, con budget ridotti, punterei sui giovani".
E il Trapani, con i tanti investimenti di quest’anno?
"Sono arrivati 16-17 giocatori, ne sono usciti altrettanti. È un mercato importante, ma c’è la penalizzazione e serve assemblare la squadra. Aronica conosce la piazza: l’anno scorso, quando è stato esonerato, era comunque quarto o quinto. Ci sono state alti e bassi come per altre squadre di vertice. Ora avrà tempo e capacità per far rendere la squadra".
Spostiamoci su Pescara e sul lavoro di Silvio Baldini. Quanto ha inciso nella promozione?
"Tantissimo. Baldini è un uomo di sensazioni e valori: crea gruppi fortissimi sotto il profilo umano. Anche nei momenti difficili, la società non l’ha mai messo in discussione. Questo ha fatto la differenza".
Ti aspettavi le sue dimissioni?
"Sì, era nell’aria. Vive una situazione familiare complessa, quest’anno non aveva la famiglia con sé. Per lui la famiglia è fondamentale. Ha lasciato da vincente: se non avesse vinto, non avrebbe mai lasciato".
Un paio di allenatori che apprezza in Serie C?
"Toscano, sicuramente: esperto e bravo nella gestione del gruppo. Tra i giovani, ce n’è uno che nell’ultimo anno ha fatto bene e può crescere molto".
Pescara ha vinto con esperti e giovani insieme. È questa la chiave?
"Assolutamente sì. Non c’è un’età per giocare: è il campo che parla. Se sei forte, giochi, che tu abbia 18 o 35 anni. Penso ad Arena, classe 2009, che ha giocato in Serie C da protagonista. Io stesso arrivai a Palermo giovane e, grazie alla fiducia di Baldini, conquistai il posto in una squadra costruita per vincere la Serie A".
