Mauro Bressan, dal Milan degli olandesi alla rovesciata epica con la Fiorentina
Non serve essere campioni per essere ricordati nel mondo dello sport. Basta anche un'impresa, un gesto, per riuscire a diventare immortali. E c'è riuscito eccome Mauro Bressan, protagonista della nuova puntata di Storie di Calcio su TMW Radio.
Classe '71, riuscì a mettersi in mostra giovanissimo al Montebelluna, per poi passare subito al Milan, dove cresce all'ombra dei grandi olandesi Gullit e Rijkaard e lui, centrocampista, fatica a trovare spazio dietro ai vari Demetrio Albertini, Alberico Evani e Roberto Donadoni. Per questo viene ceduto al Perugia in Serie C1 e subito dopo al Como. Poi, dopo alcuni passaggi tra Foggia, Cagliari e Bari, nel 1999 arriva la grande occasione alla Fiorentina.
In Viola Bressan rimane fino al 2001, e gioca al fianco di campioni come Gabriel Batistuta, Rui Costa ed Enrico Chiesa. E lo fa anche in Champions League, dove regala uno spettacolare gol in rovesciata nell'ultima partita della fase a gironi contro il Barcellona allo Stadio Artemio Franchi nella stagione 1999-2000: la partita finì 3-3 e la Fiorentina si qualificò per la seconda fase a gironi ma a tutti viene in mente solo quel gol, che poi è stato inserito tra i più belli della storia del calcio, in base ad un sondaggio UEFA. Poi varie esperienze, dal Venezia, fino alla chiusura della carriera nel 2009 al Chiasso.
"La mia carriera inizia grazie ai miei nonni. Abitavano in campagna e io a casa, finchè c'era luce, gicoavo solo a calcio. Poi a 7-8 anni ho giocato nella squadra di paese, per poi passare al Montebelluna, che poi mi ha proiettato al Milan e a vivere all'ombra di grandi campioni". Il momento in cui gli è cambiato la vita? "Avevo appena compiuto 17 anni, avevo fatto l'Interregionale e sapevo che giocando al Montebelluna potevano esserci chance di essere visto. In realtà non pensavo però che fossi osservato da qualcuno, tanto che a fine stagione ero pronto ad andarmene in vacanza, quando arrivò una telefonata a mia madre, che poi mi disse che entro venti giorni dovevo partire per Milanello perché il Milan mi aveva comprato. Lì è stato il momento di svolta, perché non me lo aspettavo. In fretta e furia sono partito, pensavo di andare ad allenarmi con la Primavera invece entrai direttamente dalla porta principale e mi allenai con la prima squadra. E lì è stato veramente quello che mi ha fatto svoltare. Ho avuto l'onore di imparare dai grandi campioni dell'epoca. Ho appreso tutto lì e mi ha dato tanto per proseguire la mia carriera".
E ha ricordato alcuni aneddoti: "Mi ricordo le partitelle con questi campioni, ma anche gli allenamento futuristici di Sacchi, che allora erano qualcosa di incredibile. E poi ricordo tanto i tentativi di fare gol a quella difesa di campioni, e noi in undici contro 4 non riuscivano a segnare".
Un piano B in caso non avesse sfondato però ce l'aveva: "Avevo l'attività dei miei, una trattoria, e io e mio fratello saremmo andati avanti col gestire l'attività. Alla fine è andato avanti da solo mio fratello".
Una carriera bella, che ha vissuto il momento più bello nella sua esperienza alla Fiorentina: "E' stata una storia incredibile. Dopo i due anni al Bari avevo avuto richieste importanti, anche da Napoli e Roma ma non potevo dire di no a Trapattoni, che mi aveva già avuto a Cagliari. E poi mio padre era tifoso sin da bambino della Fiorentina. E aggiungo che è stato determinante che giocasse la Champions League, perché il mio sogno era un giorno di giocare una partita in quella competizione. Ho fatto la scelta migliore per me. E poi era una Fiorentina stellare in quegli anni, era veramente forte, con tanti campioni, a ridosso delle big. Ho vissuto due anni bellissimi".
E lì, in quella notte del 2 novembre 1999, è entrato nella storia: "Sono dei momenti indescrivibili. Era una partita molto bella, eravamo già passati al secondo girone e quindi era una sfida senza grosse pressioni, ma lo stadio era pienissimo. E poi giocavi contro il Barcellona pieno di stelle. Poi dopo qualche minuto esce una situazione del genere. Non ho mai pensato a nulla, è stato un attimo di follia e mi sono coordinato per fare un gesto che ogni tanto facevo negli allenamenti. Vedevo tante luci, perché la palla veniva dall'alto. Non fu semplice, ma quando ho colpito la palla qualcuno ha voluto che poi finisse così, in rete. Fui fortunato che la palla andò sotto l'incrocio. E sono orgoglioso di quel gesto. E dico a tutti che possono avere il coraggio per provare certi gesti. Il calcio è anche questo, non solo seguire gli schemi". Ma in quella sera si rese protagonista anche di un'altra giocata: "Sul gol di Balbo feci un assist di tacco, che ancora non riesco a capire come ho fatto perché non l'ho mai realizzato. Ma quando uno è in fiducia e ha coraggio, prova cose imprevedibili. La testa ti fa fare cose incredibili se sei in fiducia".
Poi un ricordo di Fascetti e Trapattoni: "Trapattoni aveva capacità di gestire lo spogliatoio in maniera assoluta, un allenatore preparato. Lui voleva che l'allenamento fosse solo in funzione della partita. Fascetti rappresenta un tecnico che mi ha dato la possibilità di mettermi in mostra. Un po' anacronistico ma con il suo caos organizzato abbiamo fatto partite incredibili. Mi ha insegnato a essere duttile in campo". Mentre sui presidenti avuti ha aggiunto: "Tolto Matarrese, che è stato come un padre di famiglia, ho avuto dei presidenti molto particolari. Da Cellino a Zamparini, passando per Preziosi, ho incontrato presidenti scaramantici, attenti alle situazioni, ma non solo. Cellino si vestiva sempre allo stesso modo, con le stesse persone allo stadio se si era vinto la partita prima. Cose un po' assurde. Zamparini aveva le sue manie, ai tempi di Venezia si parlava di un mago che gli suggeriva alcune cose. Insomma, presidenti tutti vulcanici".













