Roma, Mancini: "Fa male sentire che in tre comandiamo lo spogliatoio. Non è la verità"

Gianluca Mancini, difensore della Roma, parla alla Gazzetta dello Sport del suo ruolo nello spogliatoio della Roma e nell'ecosistema della Capitale in una lunga intervista concessa alla rosea: "Essere un idolo della gente mi dà una carica pazzesca. Il nostro pubblico è spettacolare, io giocherei sempre all’Olimpico. Ma so che se c’è qualcosa che non va devo prendermi le mie responsabilità, metterci la faccia. È una cosa positiva, giusta. Dietro di noi c’è una città che ci tiene tanto. E dobbiamo farlo anche noi".
Tra le tante voci resiste quella secondo la quale lei, Cristante e Pellegrini gestiate lo spogliatoio.
"Non ho mai sentito nulla sui senatori del Milan, della Juve o dell’Inter... Questa cosa fa un po’ male, perché non è la verità. Lo spogliatoio lo gestisce il mister, il ds e il presidente, noi facciamo i calciatori. Al massimo quando arriva qualcuno nuovo possiamo fargli capire cosa è la Roma, dove è arrivato. Ma questo non vuol dire comandare uno spogliatoio".
Alla domanda sulla gioia e il rammarico più grande della sua carriera, il calciatore ha indicato come momento di grande felicità la vittoria della Conference League, spiegando che, nonostante fosse un trofeo screditato, la squadra sapeva quanto fosse stato difficile conquistarlo. A tale proposito, ha menzionato i festeggiamenti con tutta quella gente. Il rammarico più grande, invece, è legato alla finale di Budapest, definita un vero e proprio dolore. Ha ricordato che in quella partita gli capitò di tutto: dall'assist per il gol di Dybala all'autogol che gli "rotola sempre in testa", fino al rigore sbagliato, il primo calciato in carriera. Ha concluso dicendo che spesso dopo quella finale si svegliava sognando di ribattere il rigore, e che quel ricordo resta una "pugnalata".
