Campedelli: "Senza il Covid il Chievo sarebbe ancora in vita. Drogba e Cavani erano già nostri"
Intervistato dall'edizione odierna della Gazzetta dello Sport, Luca Campedelli ha spiegato i motivi del titolo del suo libro "Chievo, un delitto perfetto": "Perché non abbiamo avuto possibilità di replica. Nessuno ha voluto prendere le parti della vittima o ha fatto in modo che la giustizia andasse più a fondo nella vicenda. Le istituzioni si sono limitate a dire che il Chievo non aveva impugnato la normativa della Figc, però nessuno ha voluto vedere che lo Stato durante il periodo Covid aveva fatto una norma istituzionale che di fatto ha reso il club non inscrivibile al campionato. Senza il Covid il Chievo sarebbe ancora in vita perché noi non avevamo problemi economici, gli stipendi dei giocatori erano stati tutti regolarmente pagati".
L'ex presidente ha raccontato anche di come Drogba e Cavani fossero ad un passo: "Nel 2002 Drogba era già del Chievo: l’unica condizione era la cessione di Eriberto e Manfredini, che purtroppo saltò. Nel 2006 Cavani si allenò con noi, ma secondo Sartori e alcuni membri dello staff non valeva la spesa di 500 mila euro".
Infine un pensiero sul nuovo Chievo di Sergio Pellissier: "Un caffè con Sergio lo prenderei volentieri nonostante le incomprensioni dell’ultimo periodo. Mi farebbe piacere se mi chiamasse, a tutto il resto dovrei pensare. La nuova squadra si chiama Chievo, ma per me resta un’altra cosa. Il Chievo non è solo il marchio: sono le coppe, le maglie che disegnavo, le persone che lavoravano con me. Fatico a identificare il Chievo di oggi con il mio".











