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Plusvalenze sospette, Rombolà: "Perché (per ora) non è un nuovo caso Chievo"

ESCLUSIVA TMW - Plusvalenze sospette, Rombolà: "Perché (per ora) non è un nuovo caso Chievo"
mercoledì 27 ottobre 2021, 16:30Serie A
di Raimondo De Magistris

L'avvocato Carlo Rombolà è uno dei massimi esperti di diritto sportivo in Italia e con lui abbiamo analizzato il tema del momento, ovvero quello relativo agli scambi e alle plusvalenze sospette. Una questione sul tavolo della Procura FIGC - che per ora non ha aperto alcun fascicolo - ma che arriva dopo segnalazione della CONSOB e dopo una relazione alla stessa Procura della COVISOC. Ma cosa rischiano i club interessati?

Ci sono i margini per aprire una inchiesta in Procura Federale?
"Premesso che tali valutazioni spettano esclusivamente alla Procura FIGC, è evidente che si sta parlando di una questione molto delicata, che potrebbe meritare un approfondimento da parte degli organi inquirenti sportivi".

Su quali basi può essere aperta l'inchiesta?
"Partiamo da un presupposto: la plusvalenza è la differenza fra il valore stabilito al momento della cessione di un calciatore e il valore del medesimo, al netto dell’ammortamento annuo, che a sua volta non è altro che la ripartizione del suddetto valore nel corso degli anni. Nel calcio se ne fa largo uso per ragioni di bilancio, al fine (ma non solo) di rispettare i limiti imposti dal Fair Play finanziario. Il problema nasce quando si mette in atto un abuso di tale strumento, sovrastimando determinate valutazioni al solo scopo di rifare il trucco a un bilancio altrimenti in perdita, senza che vi sia alcuna reale beneficio per le casse del club.
Nel caso di specie, leggiamo che la Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio (Co.Vi.So.C.) avrebbe consegnato alla Procura FIGC una relazione su plusvalenze sospette, che prende le mosse, a sua volta, da una verifica ispettiva delle società quotate in borsa da parte della Commissione Nazionale per le società e la Borsa (CO.N.SO.B.): è questa la base su cui l’organo inquirente della federazione può aprire un’inchiesta".

Quali differenze e quali similitudini col precedente Chievo-Cesena?
"Al momento, le differenze sono importanti. Perché il caso Cesena-Chievo, che nel 2018 aveva portato alla penalizzazione di tre punti per i clivensi, era stato preceduto da un’intensa attività investigativa da parte della Procura della Repubblica, supportata da intercettazioni telefoniche di un certo spessore probatorio.
Nel caso che ci occupa, non risulta ci sia nulla del genere. All’epoca, ricordo che la richiesta della Procura federale era stata di ben 15 punti di penalizzazione per il Chievo, mentre invece il Cesena non era più punibile, poiché fallito al tempo dello svolgimento del processo sportivo".

Se viene appurato che in questo caso i club hanno agito come fecero Cesena e Chievo, quali possono essere le conseguenze?
"Mi verrebbe da dire che, nel caso in cui la situazione attuale rispecchiasse in tutto e per tutto quella del 2018, anche le richieste della Procura potrebbero essere le medesime. Ma è anche vero che ogni caso ha una storia a sé, pur potendosi scorgere delle analogie importanti. Osservo, più che altro, che non è la prima volta che leggiamo di questo genere di indiscrezioni; inviterei, pertanto, alla prudenza: si tratta di accuse molto pesanti che, per portare a un processo sportivo e ad un’eventuale sanzione, devono essere suffragate da prove oggettive. Il tutto, senza dimenticare un altro elemento: ovverosia l’assenza di un criterio oggettivo che permetta di stabilire a priori il giusto prezzo delle cessione di un calciatore. Una sorta di criterio del tipo di quello – basato sul c.d. “fair value” – utilizzato dall’Uefa per una valutazione a priori delle sponsorizzazioni delle società di calcio. Ebbene, non esiste niente del genere in materia di plusvalenze".

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