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Giampaolo: "Futuro? Dipende da quello della Sampdoria, il mio contratto non conta"

Giampaolo: "Futuro? Dipende da quello della Sampdoria, il mio contratto non conta"TUTTO mercato WEB
© foto di www.imagephotoagency.it
giovedì 19 maggio 2022, 23:20Serie A
di Ivan Cardia

"Probabilmente devo chiarire il significato che ho espresso il giorno dopo l’ultima partita: volevo dire che la cosa più importante era la salvezza della Samp". Intervistato da Primocanale, l'allenatore della Sampdoria, Marco Giampaolo, ha parlato di diversi argomenti: "La seconda cosa importante, che dipendeva dalla prima, era il riassetto, la riorganizzazione, la salvezza economica, finanziaria, chiamatela come volete. Tutto il resto è subordinato, me compreso. Quindi: due anni di contratto, non due anni di contratto, giocatori in scadenza, non significa nulla in confronto al mettere a posto la situazione della Sampdoria. Il mio contratto conta nulla rispetto a cosa rappresenta la Samp. Importante per la Sampdoria in sé, non montiamoci niente sopra.

Se domani arrivasse l’arabo della situazione, il magnate italiano o che ne so: un fondo, è capace anche di azzerare tutto, quindi di cosa parliamo. Se non arrivasse nessuno, sono sempre per la chiarezza: basta dire cosa possiamo fare. Oggi possiamo bere soltanto acqua e domani berremo un bicchiere di vino e dopodomani champagne, va bene ma lo dobbiamo sapere. Mi auguro si possa fare il meglio possibile per la Samp. Ci siamo salvati insieme, con 36 punti, per la nostra storia. Non voglio alzare il livello delle cose, per me importava solo la salvezza della Samp. Punto. Poi adesso non gioco più la partita del club, o di quello che succederà, io sono uno spettatore come voi. Io conto niente in confronto a quello che conta l’importanza della sopravvivenza, la continuità, chiamatela come volete, della Samp".

"Da subentrato avevo solo un’esperienza". Il tecnico doriano ha chiarito il suo approccio al ritorno in Liguria: Avevo fatto una dichiarazione chiara, alla Samp torno perché ci sono stato, perché conosco gran parte dei calciatori, conosco le figure, le risorse professionali, dallo staff medico ai collaboratori, gli uomini, i dirigenti del club, conosco il modo di vivere, la piazza, sono stato tre anni e non sono pochi. È stata una scelta fatta in funzione della Samp. Ho avuto anche altre opportunità ma non sono andato perché ritengo non sia la mia caratteristica subentrare in corsa. Qui qualcosa avevamo lasciato e quindi mi son detto: siccome ci son tanti calciatori che ho allenato quel filo lì lo possiamo riannodare. In qualche modo."

Momento più difficile la sconfitta in casa contro la Salernitana. Cosa è mancato per una salvezza tranquilla?
"Bisogna contestualizzare i momenti. Quattro mesi fa, quando sono arrivato c’era da rivitalizzare i calciatori offensivi secondo me, perché Caputo aveva perso completamente autostima, e Fabio era un’entita… Quarant’anni, forse a fine carriera. L’unico attaccante in grado di dare garanzie era Gabbiadini, che poi sfortunatamente si è fatto male. Quattro mesi fa bisognava a mio avviso ricreare autostima in questi due attaccanti. Sapevo, ero sicuro, che la salvezza della Samp passasse attraverso questi due attaccanti. Se non fai goal non vinci le partite. Soprattutto quando abbiamo perso Gabbiadini, che è successo sfortunatamente alla chiusura del mercato. Poi quando sei lì sotto, le tensioni, le preoccupazioni, il pallone pesa di più, la palla la voglio... Non la voglio... Con la Fiorentina abbiamo visto la miglior Sampdoria della stagione perché sono state scaricate tutte le zavorre, tutti i pensieri negativi, e ha fatto una partita eccellente. La testa fa la differenza. Mi ricordo alla vigilia del derby, altra partita delicatissima perché si è andati oltre al derby, c’era in palio la salvezza, c’era lo spirito di voler aiutare, e parlo di tutte le figure, tifosi compresi. Ognuno voleva metterci un pezzettino, un consiglio, per vincere la partita, per presentarsi nel migliore dei modi, in realtà sono tutte zavorre che vanno a caricarsi a quelle che si hanno già, magari pensi di far bene ma in realtà stai caricando in quel momento la squadra di responsabilità. Responsabilità che poi inibiscono anche la qualità dei calciatori. All’ultima partita, se vogliamo dirla tutta, sono andati anche meglio rispetto a quello che sono. Le incertezze, la paura di non farcela, quando sei lì, dove un punto può essere vita o morte sportivamente parlando, ti inibiscono. Non ti permettono di rendere al massimo. Devo dire però di non aver mai perso la fiducia dei calciatori, anche nei momenti di difficoltà. Ho goduto sempre di stima e credibilità, che poi anche nelle difficoltà mi ha permesso di tenere la barra dritta".

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