18 dicembre 1994, addio a Costantino Rozzi
Nel nome di Costantino
Nel giorno dell’anniversario, ricordare Costantino Rozzi non significa soltanto ripercorrere i successi sportivi dell’Ascoli Calcio.
Significa soprattutto raccontare l’uomo, quello vero, fatto di gesti semplici, di rispetto, di attenzione per gli altri.
A Castorano, dove aveva la sua cantina, Costantino aveva creato una foresteria.
Non era un luogo di lusso, ma uno spazio autentico, dove organizzava pranzi e cene con personaggi importanti del calcio, dell’imprenditoria e delle istituzioni. Non per vanità, ma sempre con un unico obiettivo: fare il bene di Ascoli e dell’Ascoli Calcio.
Una signora di fiducia si occupava di tutto: la spesa, la cucina, il servizio, l’accoglienza degli ospiti. Un giorno, verso l’ora di pranzo, Costantino la chiamò all’improvviso:
«Arrivano delle persone a mangiare, sbrigati».
Lei fece tutto di corsa. Preparò i piatti, apparecchiò la tavola, accolse gli invitati.
Fu solo allora che Costantino Rozzi si accorse di un dettaglio: erano in diciassette.
Scaramantico com’era, non esitò un istante. Chiamò la signora e le disse deciso:
«Così non possiamo iniziare. Bisogna chiamare qualcun altro per fare diciotto».
Su sua indicazione, la signora fece chiamare il contadino che stava lavorando in campagna.
Lo fece sedere a tavola, accanto agli ospiti illustri, senza differenze, senza imbarazzi.
Era questo Costantino Rozzi.
Un presidente capace di parlare con tutti allo stesso modo, di mettere sullo stesso piano il personaggio importante e l’uomo dei campi. Un uomo che credeva nei valori, nelle tradizioni, nella dignità delle persone.
E forse è proprio per questo che, a distanza di anni, il suo nome non è solo un ricordo.
È una lezione.
È un esempio.
È una presenza che Ascoli continua a sentire viva.
"Io non sono figlio di conti e marchesi: mio padre faceva il capocantiere e in famiglia si ragionava sempre con la fatica a fianco. E io non riesco a comportarmi coi miei dipendenti con cinismo : li conosco tutti uno per uno, conosco le loro storie e le loro famiglie . Il calcio del mio Ascoli è un po' così: ruspante, forse vecchio e fuori dai tempi, ma ricco di umanità.
Arrivano tanti bidoni stranieri in Italia. Il nostro calcio si permette il lusso di utilizzare 3 stranieri per squadra. E’ una condanna per l’Italia, perché blocca la strada ai nostri giovani e inaridisce i vivai. Coma mai Schillaci arriva a 25 anni in serie A ? Come mai Marco Nappi arriva a 23 anni in serie A ? Come mai Matteoli è arrivato a 25 anni in serie A ? E come mai solo a 26 anni Francesco Romano è tornato in serie A ? Togliete Romano dal Napoli del primo Scudetto o Matteoli dallo Scudetto dell’Inter dei record o Schillaci alla Nazionale a Italia ’90 o alla Juventus che vince 2 Coppe e come finisce ? Il fatto più grave è che gli stranieri occupano i ruoli chiave del nostro calcio . Coloro che segnano gol e quelli che li fanno segnare e costringono i nostri giovani a invecchiare in panchina".
Oggi nel 2025 si parla di professionismo arbitrale: lui ne parlava 40 anni fa.
Partendo dalla serie C, l'Ascoli ha disputato 14 campionati di serie A.
Il 18 dicembre 1994 se ne andava Costantino Rozzi











