Perinetti e l'anoressia di sua figlia: "Avere fragilità non è un delitto, chiedete aiuto"
Un appunto diverso dal solito, quello che è andato in onda quest'oggi su A Tutta C, il format di TMW Radio interamente dedicato al mondo della Serie C. Nella prima parte di trasmissione, infatti, non si è parlato di campo, ma di quanto lo sport sia utile per veicolare messaggi di importanza sociale. Il tema odierno è stato quello legato ai disturbi del comportamento alimentare, e l'ospite è stato il noto dirigente Giorgio Perinetti, ora Ds dell'Athletic Palermo: come noto, sua figlia Emanuela è venuta a mancare, a causa dell'anoressia, e di questo il dirigente ne ha parlato nel libro 'Quello che non ho visto arrivare. Emanuela, l'anoressia e ciò che resta di bello'.
Queste, poi, le sue parole nella trasmissione: "Ho voluto scrivere questo libro non per ricordare un figlio, perché un figlio non si deve ricordare, per me Emanuela c’è sempre, ma per raccontare il disagio di un genitore di fronte a una cosa così inaspettata, imprevista e imprevedibile. E poi perché non ho visto arrivare i segnali che potevano forse aiutare mia figlia a uscire da questo tunnel. Non avendo potuto fare questo, ho pensato di raccontare una storia nuda e cruda, senza commento, raccontando soltanto quello che è successo: un po’ per far capire ai genitori che bisogna vigilare, un po’ per dire che non bisogna sentirsi troppo in colpa, perché non è facile interpretare questi segnali. Non potevo costringere mia figlia alla cura, perché purtroppo chi soffre di questo tipo di disturbo rifiuta le cure, ritengono di avere tutto sotto controllo, e le leggi purtroppo non ci aiutano a costringerle. Il finale, però, è positivo: mia figlia voleva vivere. Alla fine non ce l’ha fatta, il suo corpo era troppo compromesso, ma la sua seppur poco lucida volontà era quella di attaccarsi alla vita.
Scrive in un pezzo di diario che ho trovato: 'Siamo sempre portati a esaltare tutto quello che innalziamo, invece dobbiamo esaltare anche le nostre cadute, le nostre fragilità, i nostri errori. Non siamo forti per quante coppe alziamo o per quante vittorie celebriamo, siamo forti per quante volte riusciamo a rialzarci dopo una caduta, una sconfitta, una delusione'. E questo è il segno positivo: dobbiamo essere capaci di sopravvivere, ma soprattutto di reagire alle avversità, ai no, alle tante cose che la vita ci nega o ci toglie. Avere la forza di ripartire è ciò che conta. Questo è quello che mi ha lasciato come volontà finale, ed è un insegnamento utile nel mondo dello sport, dove la sconfitta è frequente, ma anche nella vita, dove purtroppo non è sempre tutto rosa. Dobbiamo pensare a quante volte riusciamo a rialzarci, non a quante volte cadiamo.
Questo è l’insegnamento del libro ed è ciò che vogliamo trasmettere: provare ad aiutare qualche ragazza o qualche ragazzo a superare un momento di difficoltà. Non dobbiamo imitare nessuno, dobbiamo essere noi stessi, riconoscere le nostre capacità ma anche le nostre fragilità, difficoltà e limiti. Non è un delitto avere limiti. Bisogna riconoscerli e lottare per superarli. La perfezione non esiste. La perfezione è stare bene con noi stessi, con quello che siamo e con quello che facciamo, e sentirci meglio quando facciamo un piccolo passo in più rispetto a ieri.
E quando non si ha la forza da soli, bisogna parlare: rivolgersi a un amico, ai genitori. Non è una vergogna chiedere aiuto o un consiglio, farsi mettere una mano sulla spalla. Racconto un aneddoto: sono stato vicino ad Avellino, a una scuola che aveva letto il libro. Dopo l’incontro, una ragazza è scoppiata a piangere: in quel momento si è liberata, ha rivelato il suo disagio ed è stata affidata a una terapeuta. Oggi andare dallo psicologo dovrebbe essere come andare dal dentista, senza vergogna. Se con una copia del libro ho aiutato una ragazza, allora ho fatto bene a scriverlo.
Mi auguro che federazioni e governo prestino sempre più attenzione a questi temi, perché riguardano i nostri giovani. La scuola può fare tantissimo segnalando e parlando, e lo sport può insegnare l’equilibrio psicofisico. Il corpo è una macchina meravigliosa, ma è la mente e l’anima a muoverlo".











