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Carlo Nesti: "Juve: la prima Spall-ata verso il campionato"

Carlo Nesti: "Juve: la prima Spall-ata verso il campionato"TUTTO mercato WEB
Oggi alle 13:29La scheda di Carlo Nesti
Carlo Nesti

28-12-2025
Carlo Nesti: "Juve: la prima Spall-ata verso il campionato"

La mia scheda di Pisa-Juve, dal punto di vista bianconero.

1 - Chi mi segue, fin da quest'estate, sa che non inganno. Avevo sempre detto che la Juve possiede 2 campioni, Bremer e Yildiz, ma anche alcuni giocatori, che hanno dei margini di miglioramento, tali da potere rendere competitiva la squadra. Ebbene, Bremer adesso c'è, e si vede, con Yildiz, e gli elementi, ai quali facevo riferimento in precedenza, sono Kalulu, Cambiaso, McKenny, Dartagnan Zhegrova, che, onestamente, non conoscevo, e aggiungo il Conceicao delle ultime partite, che a Pisa mancava, ed anche Miretti. Voi capite che s,e questi giocatori si aggiungono ai campioni, aumentando del 50% la percentuale del loro rendimento, eh beh, insomma, è tanta roba, e cambia la sostanza.

2 - Spalletti, in versione "Azzurro Napoli", a livello di risultati, e prestazioni crescenti. Un tecnico, che è arrivato alla dodicesima partita in panchina, per la Juve, con uno score veramente notevole, rappresentato, infatti, da 8 vittorie, 3 pareggi e 1 sola sconfitta. Sembra incredibile, ma la squadra che fino a poche settimane fa era in crisi, la sera del 27 dicembre si trova ad appena 1 punto dal vertice. I bianconeri stentano nel primo tempo, ma, nella ripresa, brillano le combinazioni rapide dei giocatori più talentuosi.

3 - Se la Juve avesse un centravanti... Vlahovic, in questo momento, sarebbe l'ideale, ma non c'è. David e Openda sembra facciano a gara nel viaggiare a fasi alterne, anche se io preferisco Openda, come aprivarchi per Yildiz, che può giocare più vicino alla porta. E se il 2026 fosse l'anno di Milik? Guardate che non è una barzelletta...

4 - Come sempre, la fortuna aiuta gli audaci. Il Pisa ha colpito una traversa e un palo. La Juve un palo, e se questo palo è stato colpito da Kelly, non è un caso. Gli attaccanti, infatti, non sono sempre all'altezza, ed esiste una partecipazione costante alla manovra offensiva dei 2 difensori, i cosiddetti braccetti (termine terribile), cioè Kelly e Kalulu. Un'indole offensiva trasmessa da Spalletti.

MI SCUSO PER LA TEMPORANEA ASSENZA, DOVUTA AD UN LUTTO.

26-12-2025
Carlo Nesti: "Dalla Torino di Alberto Angela, alla Torino del calcio"

TORINO, NOBILE DECADUTA - GRAZIE, AL GRANDE COLLEGA PIERO ANGELA! ❤️

SU RAI UNO, SI È SVOLTO IL VIAGGIO DENTRO UNA TORINO, NELLA QUALE PIANGONO ANCHE JUVE E TORO, PRIVI DI VALORI E TORINESITÀ.

NES-TWEET

Negli anni 70-80-90, brillavano calcio, pallavolo e pallacanestro. Gli Agnelli, Boniperti, Pianelli, Nebiolo e Nizzola erano grandi dirigenti. Nel nuovo secolo, 9 scudetti della Juve, 5 titoli mondiali della Ferrari (= Fiat), Torino 2006 e le Atp Finals, nonostante organizzazioni impeccabili, non sono bastati per frenare il declino. Esiste, in particolare, una simultanea DISAFFEZIONE dei tifosi di Juve e Toro, nei riguardi delle rispettive proprietà. E, di soffrire insieme, non era mai successo...

LA MIA ESPERIENZA PERSONALE

TORINO: CULLA DI RADIO E TELEVISIONE

La decadenza della Rai di Torino, le vendite di John Elkann, da Iveco a Gedi, e la parabola discendente di Juve e Toro, sono lo specchio della crisi della città di Torino, che fu capitale di tutto... e perse tutto, come una NOBILE DERUBATA.

1989: IO VERSO IL FESTIVAL DI SANREMO?

MA NOOOOOOO! ED È L'INIZIO DELLA FINE DELLA RAI DI TORINO

VORREI SAPERE, DOPO 36 ANNI, PERCHÉ?

1989: dopo ben 15 puntate, conservate in registrazioni tremebonde, come questa, finisce il programma di Rai Uno "Itala. Pechino-Parigi, l'avventura continua", l'unico vissuto, da me, come CONDUTTORE.

Ho appena 34 anni, non esiste nessuno, nel mondo, a conduŕre un programma così prestigioso, per la Rete Ammiraglia, in "tenera età";

sono stato destinato a temi turistico-motoristici, a me sconosciuti;

ho salvato la trasmissione, garantendo qualcosa come mezzo milione di telespettatori, sempre ignari (grazie!) di quando sarebbe andato in onda il programma: ogni volta in un giorno... o meglio, una notte diversa, intorno alle 24,00.

A quel punto, vengo convocato a Roma, in Viale Mazzini, dal capostruttura responsabile della fascia oraria. A Torino, tutti mi salutano, sventolando i fazzoletti, perché prevedono un futuro, come minimo, alla Carlo Conti e Fabrizio Frizzi. Se no, perché mi avrebbero chiamato, ovviamente, totalmente rimborsato?

Trascorro l'intero viaggio, pensando: ma se, un giorno, condurrò il Festival di Sanremo, dovrò abbandonare le telecronache di calcio! Oh no... questo no... anche perché, fra un anno, ci sono i Mondiali in Italia!

Quando arrivo, in Viale Mazzini, accade qualcosa di sconcertante. Il dirigente Rai mi fa attendere circa 30 minuti, esce dall'ufficio, mi stringe la mano, e se ne va.

Guardo la segretaria, impietrito. E lei allarga le braccia, come dire: "Eh... cose che capitano... anche nelle migliori famiglie...".

Mentre fuggo al più presto, verso l'aeroporto, immagino che sarei disposto a prendere anche il volo per il Mozambico, pur di tagliare la corda. Ma il problema non è mio. Dal Festival di Sanremo, passerò al Festival di Poirino, ma chissenefrega! Tanto, sono lanciato nelle mie telecronache...

Il problema vero è la Rai di Torino, città dove sono nati auto, sport, giornalismo, calcio, cinema, moda, radio, televisione, tecnologia, e soprattutto L'ITALIA. Studi enormi, e bellissimi, rimangono disabitati, salvo un po' di TV dei ragazzi, e un po' di Piero Angela.

È la fine della Rai di Torino, a livello nazionale, ma formidabile, tuttora, a livello regionale (Francesco Marino, e i suoi ragazzi), che non ospiterà mai più nessun programma di successo, come il mio, su Rai Uno, fino ad oggi. Tutto a Roma, Milano e Napoli. E Torino è il Centro di Produzione, nato prima degli altri. Un primato... inutile!

15-12-2025
Carlo Nesti: "La Juve, al di là della CABAL-a, vince con la tattica"

La mia scheda su Bologna-Juve, dal punto di vista bianconero.

1 - Una precisazione doverosa. Quando potrò, mi confronterò sempre non con le glorie della Juve del passato, ma con i limiti della Juve di oggi, perché credo che sia l'unico modo per essere costruttivi, e non distruttivi nelle critiche. Quindi, in rapporto ai limiti della Juve di oggi, semaforo verde per dire, che la Juve ha giocato, e ha vinto, una partita intelligente sul piano tattico: 5 vittorie, nelle ultime 6 partite. E già rivedere in campo Bremer, dopo tanto tempo, punto di forza con Yidiz, e beh, è tanta roba: fa piacere.

2 - Anche se si è in fiducia, come il Bologna, cosa succede? Succede che, con un calendario così estenuante, a livello nazionale e internazionale, campionato ed Europa League, non si può essere sempre al massimo, e, fisicamente, si paga dazio. Oltretutto, il Bologna, nel secondo tempo, è rimasto in 10 uomini, a causa del rosso per Eggen dopo 69 minuti. La Juve ha potuto cucinare, per così dire, a fuoco lento l'avversario, con un possesso palla pari, e con un tiro in più verso la porta: 13 a 12.

3 - Onestamente, temevo il pressing alto del Bologna, che è una specialità di Italiano, ma la Juve lo ha evitato, e ha giocato spesso in verticale. A trequarti di campo, come si dice, ballando fra le linee, Yidiz e Conceicao hanno colpito avversari, magari, un po' sbilanciati. Meglio Openda, rispetto a David, qualche gradino sotto, e bene Di Gregorio, Kalulu, Kelly, McKenny, Locatelli e, naturalmente, Cabal, che ha segnato il gol decisivo.

4 - Piaccia o no, assegno un 7 all'arbitro Massa. Chi ha giocato come me, anche soltanto, ma a lungo, a livello amatoriale, sa che il calcio è uno sport di contatto. Non è il tennis, dove c'è una rete di mezzo, che divide i contendenti. Fino a prova contraria, le reti, sul campo di calcio, sono al fondo. Quindi, io dico che, francamente, le 2 cadute, rispettivamente di David (non si può cadere per una leggerissima trattenuta) nel primo tempo, e Conceisao nel secondo tempo, erano forzate. Casomai, ci stava il giallo per Lucumi, che ha usato Conceisao, come il bilanciere del sollevamento pesi.

8-12-2025
Carlo Nesti: "Juve: conoscevamo già chi sostituiva il migliore in campo..."

Napoli-Juventus 2-1, dal punto di vista bianconero, in 3 minuti e in 4 punti.

1 - Verrebbe da leggere il risultato in un altro modo: Napoli batte Ildiz 2-1. E sì, perché, se il pallone non viene recapitato fra i piedi del turco, di gioco se ne vede poco, e persino i postini, che recapitano, scarseggiano. Per la terza volta, l'allenatore definisce i suoi giocatori "scolastici". Ma chi dovrebbe tentare, durante la settimana, di trasformarli, almeno, in "universitari"? Per carità: se non ce l'hanno fatta 3 allenatori, significa una sola cosa. Questi elementi sono tessere, che non combaciano, di un mosaico impossibile, da Giuntoli in poi. L'allenatore sostiene che anche Yildiz dovrebbe fare di più, oltre ad essere l'unico campione, degno della maglia. Certo: magari in sede. Elettricista, idraulico, tappezziere e cameriere...

2 - Spalletti, ahimè, io non lo critico per lo schieramento del primo tempo, questo 3-5-2-0 senza attaccanti, perché tante volte giocare così, e cioè togliendo punti di riferimento alla difesa avversaria, ha pagato. Sono altri gli aspetti, che non ho compreso: passare alla retroguardia a 4, nel secondo tempo, con difensori centrali Koopmeiners e Kelly, quando, nel primo tempo, Cabal e Koopmeiners erano stati letteralmente asfaltati da Neres. E poi, e qui sono un po' maligno, avevamo già visto un allenatore, per non fare nomi, Thiago Motta, prelevare regolarmente il migliore in campo, e sostituirlo a metà del secondo tempo... misteriosamente. Qui è uscito Yildiz, ed è entrato Openda. Improvvisamente, da 0 punte a 2 punte, quando la Juve stava pareggiando, e, con il senno di poi, era un risultato da proteggere.

3 - Le prestazioni continue impossibili. Thuram, da astro nascente, in alcune settimane, a stella cadente. Cambiaso, ultimamente in crescita, ed ora a gomme sgonfie. E poi l'enigma Zhegrova. Ma se un giocatore così dotato ha la pubalgia, o non gioca, o, se gioca, gioca di più rispetto al minutaggio, registrato recentemente. Contro il Bodoe, è entrato a 7 minuti dalla fine, contro l'Udinese a 6 minuti dalla fine, contro Napoli a 8 minuti dalla fine, e, per poco, non segna il 2-2.

4 - Possesso palla 50 e 50, sì, ma, nel primo tempo, ha giocato meglio il Napoli, per cui la differenza l'ha sancita la produttività. Napoli: 9 tiri, 4 nello specchio della porta. Juventus: 4 tiri, 1 solo nello specchio della porta. Quello del gol: veramente troppo poco.

5-12-2025
Carlo Nesti: "Ma che ci faccio ancora, nel calcio di oggi?"

Tutti, ciascuno nel proprio settore, quando gli anni passano, e i giovani scalpitano, cavalcano un'onda legata ai tempi.

Io, teoricamente, senza Internet, e cioè senza Facebook, Youtube, e le varie testate Web, a parte Radio Sportiva, sarei fuori moda, per il semplice fatto, che è sicuramente più richiesta, dagli editori, l'informazione sportiva aggressiva. Infatti, Radio Sportiva va controcorrente... e funziona con la forza della pacatezza (1,5 milioni di ascoltatori al giorno)! Ma guarda un po'...

Editori, che se solo provassero ancora a "sperimentare", come avveniva negli anni 70 e 80, verificherebbero la notevole differenza fra indice di ascolto, e indice di gradimento.

Un programma è molto visto, spesso, perché la gente, davanti al televisore, gode, nel denigrare Tizio, oppure Caio. Questo non è gradimento, ma è ascolto, e quello che conta, in termini di pubblicità, e di entrate, è proprio l'ascolto. Ahimè...

Capisco che esista il terrore di cambiare, per non perdere anche solo lo 0,5% di share. Mi permetto di affermare, tuttavia, che se fosse più frequente la presenza di professionisti moderati, e imparziali, al fianco dei "non professionisti" focosi, e parziali, gli ascolti aumenterebbero, perché si realizzerebbe una contrapposizione molto produttiva fra il vecchio e il nuovo, fra il tradizionale e il moderno. Il conformismo annoia.

Come sapete, ho avuto l'onore di partecipare a un docu-film sulla Juventus, che verrà trasmesso, a maggio, da Lux-Rai, ma normalmente non vengo invitato a trasmissioni di Rai, Mediaset, La7, Sky e Dazn.

Evidentemente, si ritiene che questo tipo di mix, del quale sto parlando, non sia produttivo. Non sono un editore, non ho voce in capitolo, e rimango tranquillamente, a 70 anni, un (spero) buon "pilota, "ma senza "scuderia".

Al di là di Internet, tuttavia, percepisco, e utilitaristicamente ne sono felice, ma umanamente un po' meno, che esiste un'altra onda, adatta per me.

È la nostalgia. E, badate bene, non è la solita nostalgia, che ci poteva essere negli anni 70 per gli anni 50, o negli anni 90 per gli anni 70, e via di questo passo.

È una nostalgia molto radicata, essendo documentabile il passato, oggi, su Youtube, indubbiamente favorita dal fatto che 25 milioni di italiani hanno più di 50 anni (i nati nel 1975 avevano 7 anni, nel fatidico 1982, e possono ricordare quei Mondiali... magari, come una fiaba).

Il discorso, comunque, non finisce lì, perché se viene ricordato, emotivamente, il periodo nel quale ho avuto la fortuna di compiere le imprese migliori, dal punto di vista giornalistico, e cioè gli anni 80 e 90, è perché il calcio italiano, già 2 volte consecutive escluso dalla fase finale dei Mondiali, non è più nemmeno lontano parente di quello dell'ultima parte dello scorso secolo.

Il nostro paese, a livello di squadre di club, ha vinto per l'ultima volta la Champions League nel 2010 (Inter), e cioè 15 anni fa, già con una formazione in cui erano pochi gli italiani in campo. E, soprattutto, si è verificato un clamoroso sorpasso, senza freccia, a livello economico.

Noi eravamo, alla fine dello scorso millennio, i primi d'Europa per fatturato, mentre oggi siamo diventati i quarti, dietro Inghilterra, Spagna, Germania, e, a seconda dei punti di vista, più o meno alla pari con la Francia. Di conseguenza, non abbiamo piu il potere contrattuale di prima, quando la Serie A era una sorta di campionato del mondo.

Dovrei aggiungere, che mi rendo conto di essere baciato dalla sorte, anche per un altro motivo, il più importante, e cioè la salute. Questo è un periodo, infatti, nel quale, così come se ne sono andati tanti grandi giocatori, prematuramente, anche tanti giornalisti sportivi ci hanno lasciato, aprendo una voragine.

Ovviamente, non sarò io a colmare questo vuoto, che ha cominciato ad evidenziarsi, paradossalmente, proprio con la moltiplicazione delle testate, forse, chissà... per un aumento della quantità sulla qualità. Non ci sono più, dalla fine del Novecento, in ordine alfabetico, puramente personale, gli Ameri, Arpino, Baretti, Brera, Cannavò, Ciotti, De Laurentiis, Ghirelli, Martellini, Mura, Ormezzano, Palumbo, Pizzul, Sassi, Sconcerti, Stagno, Tommasi, Tosatti, Valenti, Viola, e tanti altri.

Di conseguenza, mi fa piacere, professionalmente, essere considerato un testimone credibile dell'epoca favolosa del calcio italiano, a cavallo fra i Mondiali vinti nel 1982, e quelli vinti nel 2006.

Ma questa "nostalgia canaglia", rispetto a epoche differenti, ha ben chiara l'esigenza di un altro tipo di calcio, che non tornerà mai più, ma che, se non altro, dovrebbe diventare consapevole dei propri eccessi.

1) Un calcio a misura d'uomo, nel quale il compromesso fra il gioco e il business torni ad essere sopportabile, e nel quale la distanza fra addetti ai lavori e tifosi riprenda ad essere accettabile.

2) Un calcio, nel quale la fruibilità televisiva non sia così invadente, tanto da ridurre il "desiderio", come se si trattasse di un appuntamento d'amore, ormai, meno atteso di prima (vi dice qualcosa la vecchia "liturgia della domenica"? Messa - pranzo - stadio - Tutto il calcio - Novantesimo - 45' di Serie A - DS).

3) Un calcio in cui ritrovino spazio la tecnica e la fantasia, senza che prevalgano sempre costruzioni dal basso, ed esasperazioni della fisicità, coltivate in spazi stretti.

Abbiamo bisogno che i "portatori sani di cuore", come Gattuso e Baldini, ridipingano di azzurro le nostre pareti, riportino l'epica degli "eroi" al centro dei murales, e che si torni a viaggiare, verso questi benedetti-maledetti Mondiali. Novello "Garibaldi" (quale? San Pio Esposito?), salvaci tu!

2-12-2025
Carlo Nesti: "Torino: può esistere una via di mezzo fra realismo e amore?"

Capire il Torino significa partire da 2 punti di vista opposti.

1.
Considerare il Torino, dal 1993, anno dell’ultima Coppa Italia, e cioè da 32 anni, soltanto una squadra media. Perché? Perché non ha vinto più nulla, e, come tale, è apparso spesso a rischio di retrocessione o fallimento, come già accaduto. In questo senso, è inevitabile che Cairo, soprattutto a fronte dell’arrivo di superpotenze economico-finanziarie, tenga un profilo basso, curi il bilancio, venda i giocatori richiesti, e acquisti altri giocatori, risparmiando il più possibile. Unica obiezione. L’Atalanta, da 20 anni, segue la stessa filosofia, ma con risultati ben diversi: ha venduto bene, e acquistato meglio. Anche il Bologna ha compiuto passi da gigante, agevolato da una piazza meno pressante di quella granata. C'erano una volta, come direttori sportivi, Beppe Bonetto e Luciano Moggi. Chi dopo di loro?

2.
Considerare il Torino ancora una grande, alla luce della storia, e cioè 7 scudetti, 5 Coppe Italia, 1 Coppa Mitropa, 1 finale di Coppa Uefa, e i miti del Grande Torino, e di Gigi Meroni, valorizzabili sicuramente meglio a livello di marketing. Ciò accade nel Manchester United (altra sciagura aerea), senza che nessuno si scandalizzi. In questo senso, Cairo non soddisfa i tifosi, impoverendo con le cessioni, ogni estate, la squadra. Parallelamente, tante promesse di gloria, non mantenute, hanno irritato i sostenitori, perché, dopo 10 anni, valeva la pena parlare chiaro, sulla reale dimensione della società. L’eccezionale ascesa imprenditoriale di Cairo, che ha utilizzato l’immagine del Torino, per farsi conoscere, lasciava intendere una «restituzione», dettata dalla riconoscenza. Cairo grande? Anche il Torino grande! E invece no...

Questo è il "corto circuito", dal quale sono rimasti scottati, e contestati, per la verità, non solo Cairo, ma tutti i presidenti post-Pianelli, compreso Pianelli: Rossi, Gerbi, Borsano (unico “assolto”), Goveani, Calleri, Vidulich, Cimminelli-Aghemo, e Cimminelli-Romero, fino al benemerito “lodista” Marengo. Attenzione, però! Quando si diventa proprietari del Torino, non ci si imbatte solo con le ambizioni sportive dei tifosi, ma anche con la loro "religione laica". Questo attaccamento alla storia, in Italia, non ha eguali: Grande Torino, Meroni, Ferrini, Filadelfia, e maglia granata. Guai a chi non coltiva certi valori, a cominciare dal presidente di turno, con la stessa passione, con cui segue la prima squadra. A volte, contano più gli slanci passionali, che non i risultati sportivi.

È possibile gestire il Torino, attuando una via di mezzo fra il primo e il secondo punto di vista? Dalla risposta, che chiedo anche ai sostenitori, dipende il futuro granata, fra realismo e

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