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Il rubacuori diventato portiere grazie alle madonne: addio Lorenzo, il più grande Buffon prima di Gigi

Il rubacuori diventato portiere grazie alle madonne: addio Lorenzo, il più grande Buffon prima di GigiTUTTO mercato WEB
© foto di Image Sport
Ivan Cardia
Oggi alle 13:25Serie A
Ivan Cardia

Prima di Gigi, c’era Lorenzo. Alle soglie dei 96 anni, che avrebbe compiuto il 19 dicembre, si è spento nella sua casa di Latisana il primo grande Buffon della storia del calcio. Lorenzo, appunto. Un top come si dice oggi, portiere come Gianluigi, a cui era legato da una lontana parentela: il nonno dell’attuale capo delegazione della Nazionale era infatti cugino di secondo grado di quello che è ricordato soprattutto per essere stato il portiere del Milan della Gre-No-Li, trecento presenze in rossonero dal 1949 al 1960.

In porta per le madonne, al Milan quasi per caso. Lorenzo Buffon non è stato un portiere rivoluzionario, ma un grande portiere sì: lo chiamavano “tenaglia” per la sua presa sicura. Un guardiapali degli anni ’50, amico dei grandi: di Zoff e Jashin, ma anche di Ricardo Zamora. Lontano dai campi, invece, è stato un personaggio fuori dagli schemi, anche grazie alla sua estrazione famigliare: suo padre era un pittore. Oltre che un portiere. Sì, quella dei Buffon è una dinastia: Alessandro, il padre di Lorenzo, faceva l’estremo difensore, come anche suo nonno. Tempi lontani, in cui la passione si tramandava di padre in figlio, ma il mestiere non necessariamente. Lorenzo Buffon tra i pali c’era finito in maniera quasi casuale: “Grazie alle madonne - ha raccontato qualche anno fa in un’intervista a Il Giornale -. Facevo il chierichetto all’oratorio, giocavo da ala sinistra, disegnavo madonne e mi sarebbe piaciuto fare il pittore. Il prete, Don Giovanni, mi consigliò di usare quelle mani per salvare la squadra della parrocchia”. Detto fatto, con un altro pizzico di fortuna: l’Udinese lo scartò, nel 1948 iniziò con la Portogruarese, in Promozione. L’anno dopo, grazie ai contatti in rossonero di un dirigente del club veneto, finì al Milan. Inizialmente da quarto portiere, poi Niels Liedholm - che di quella squadra era "solo" il capitano, ma aveva già gran voce in capitolo - convinse il tecnico Lajos Czeizler a schierarlo e Buffon non uscì mai più dal campo: quattro scudetti, ai quali c’è da aggiungere il quinto conquistato con l’Inter nel 1962/1963, all’alba della Grande Inter di Helenio Herrera. Dopo aver salutato il Diavolo, infatti, passò prima al Genoa e poi per tre anni sulla sponda nerazzurra di Milano, per poi chiudere la carriera tra Fiorentina - una sola presenza - e Ivrea. In Nazionale, 15 presenze di cui sei da capitano: esordì nel 1958, in una squadra reduce dalla delusione di Belfast per il primo storico Mondiale saltato dagli azzurri, chiuse nel 1962 proprio ai Mondiali, sfortunati, in Cile. Non giocò la battaglia di Santiago: “Toccò a Mattrel della Juve. Ma non ho mai fatto polemica e sarebbe sciocco farla adesso”, ha ricordato poco tempo fa al Corriere della Sera. A proposito di Juve: in Nazionale condivideva la stanza con Boniperti.

Portiere rubacuori, provò a portare Gigi al Milan. Oltre che per le sue prestazioni in campo, che ne fecero tra i migliori portieri al mondo, in rossonero si segnalò anche per qualche diverbio con Gipo Viani, che alla fine lo portarono a salutare il club. E per la sua vita, nel senso pieno del termine: oltre a dipingere, leggeva Tolstoj e Jack London. Fu amico dei più grandi, non solo dello sport: Fausto Coppi e Frank Sinatra, Angelo Rizzoli (il padre Andrea fu suo presidente al Milan) e Walter Chiari. Si guadagnò il titolo di rubacuori, perché fu il primo calciatore a sposare un volto noto della Tv, Edy Campagnoli di “Lascia o Raddoppia”, da cui ha avuto l’unica figlia Patricia. Di recente ha rivelato anche di aver proposto Gigi al Milan in tempi non sospetti: “Da osservatore portai Gigi a fare un provino. Aveva 13 anni. Lo bocciarono e furono anche un po' maleducati. Peccato”. O forse no: di Buffon il Milan ne ha avuto uno. Grandissimo.

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