Mauri torna sulla vicenda calcioscommesse: "Mai venduto una partita. Il carcere ti fortifica"

"A distanza di quasi 15 anni so che la gente penserà a me come quello che ‘si è venduto le partite’, ma non è mai stato così". Pensieri e parole di Stefano Mauri, ex centrocampista e capitano della Lazio, che ha rilasciato un'intervista ai taccuini de La Gazzetta dello Sport, nel corso della quale si è soffermato sulla vicenda calcioscommesse che lo portò per qualche settimana in carcere.
Quanto le fa male?
"Tanto. È stato il momento più brutto della mia vita, qualcosa che non auguro a nessuno. All’alba del 28 maggio 2012 finii in carcere da innocente, accusato di associazione a delinquere e frode sportiva. Prima di essere ascoltato dal giudice passarono cinque o sei giorni".
"La galera ti fortifica", ha detto.
"Sì, dopo non ti fa paura più niente. Sei a contatto con persone che col calcio non hanno nulla a che fare, ti senti svuotato".
Come passava le giornate?
"A leggere le carte. Erano più di mille pagine, e ancora oggi posso dire di non aver capito tutto. S’è parlato del nulla, si sono tirati in ballo dei nomi e io ero quello da dare in pasto ai media. Alla fine, sono stato squalificato per sei mesi per omessa denuncia".
"Ho fatto degli errori", disse. Cos’è che non rifarebbe?
"Essere stato leggero su alcune amicizie".
Cosa le ha insegnato quella vicenda?
"A capire chi ti vuole bene. Come i tifosi della Lazio e la società: non mi hanno mai lasciato solo".
